Tutti questi film e innumerevoli altri hanno in comune la velocità di realizzazione e i costi di produzione veramente bassi, che si sono tradotti in soluzioni tecniche artigianali in qualche caso pure interessanti. Ma soprattutto hanno in comune la rinuncia dichiarata anche solo a tentare un minimo di interpretazione del genere, limitandosi a ricalcare pedissequamente schemi e modelli d’importazione senza però quella certa profondità che, seppure a tratti, presentano gli originali. La realizzazione è mediamente talmente approssimativa che riesce difficile ricordare anche solo uno di questi progetti: questo nonostante nel cast militassero a volte anche grossi professionisti di Hollywood e nonostante la benevolenza, forse eccessiva, con la quale la critica attuale rivaluta l’intero movimento trash del cinema italiano. Alla fine gli unici nomi che si ricordano sono quelli dei registi e dei realizzatori tecnici, perché nella mancanza di talento e a causa della “grana grossa” di cui questi film sono ricoperti, comunque si sono ritrovati sprazzi di genialità espressiva che hanno finito per essere notati anche nel grande cinema americano. Illuminante in tal senso il fatto che per il suo Alien, Ridley Scott abbia ammesso di essersi ispirato alle tecniche che Mario Bava (ancora lui) utilizzava già nella lavorazione di Terrore nello spazio.
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