La fantascienza, ricordiamolo, è un genere che implica codici particolari, non presenti in altri tipi di
Un aneddoto personale: qualche anno fa, chiamato da un corso di dottorato a Roma per parlare di Gibson, chi mi introduce inizia parlando di una SF che avrebbe meritatamente raggiunto un’accettazione istituzionale; io cerco invano di nascondere uno sguardo perplesso e a lezione terminata cerco di dare una spiegazione. Ma ovviamente entrambi abbiamo ragione: in corsi e tesi di laurea o dottorato, l’attenzione accademica esiste (e per il progetto di Anarres, spero di poterti dare presto buone notizie a te e ai lettori di Delos… ma per ora mi fermo qui). Invece, molto – certo, non tutto – del panorama “militante” si sta dimostrando meno lungimirante. Possiamo solo andare avanti per la nostra strada. Insistere, insistere, insistere, con professionalità.
Non c’è dubbio che il Connettivismo è stato il movimento che negli ultimi anni, proprio in seno alla science fiction italiana, ha smosso un po’ le acque con il manifesto, le antologie tematiche e le vittorie al premio Urania di Giovanni De Matteo e Francesco Verso. Qual è il tuo giudizio sul movimento e quale apporto culturale ha dato, a tuo avviso, alla fantascienza italiana?
A questo punto, credo che la mia opinione sia evidente, anche al di là della mia partecipazione al sito Next-Station. A partire dai tre fondatori (De Matteo, Battisti e Milani) il gruppo dei connettivisti – e la varietà degli approcci della narrativa e della saggistica mi obbliga felicemente all’uso del plurale – si è posto programmaticamente l’obiettivo di rifiutare quelle gerarchie canoniche che hanno marginalizzato la SF e il fantastico, la tendenza dominante che considera intrinsecamente il moderno, la cognizione scientifica e la tecnologia come fonti di disperazione e alienazione e non terreni di conflitto. Invece di apocalittici e integrati della rivoluzione mediatica, non solo la fantascienza ma tutta la cultura e la società di questo paese hanno bisogno di codici che aiutino ad affrontare, immaginare il futuro in maniera critica, ponendosi domande, delineando incubi e speranze. Triangolando fra forme letterarie e visuali, i generi popolari e soprattutto quelli fantastici si dimostrano i più adeguati a raccontarci il nostro presente e il nostro futuro. Fra l’altro, i saperi legati alla nostra società postindustriale stanno creando nuove figure di lettori potenziali, con nuovi background che li rendono fruitori delle nuove forme di scienza e cultura: altrove, è questo il bacino di chi legge SF. Di questi cittadini informati in cerca di riflessione e intrattenimento, i connettivisti cercano di essere un primo nucleo.
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