La radiazione cosmica di fondo a microonde rappresenta uno dei fulcri dell’attuale ricerca cosmologica. Scoperta nel 1964, quasi per caso, nei cieli del New Jersey da due tecnici dei Bell Telephone Laboratories con la passione della radioastronomia, valse ad Arno Penzias e Robert Woodrow Wilson il premio Nobel per la fisica. In realtà questo residuo fossile del Big Bang, cristallizzato nella radiazione di fondo che pervade oggi il cosmo, era già stato teorizzato nel 1948 da Ralph Alpher, George Gamow e Robert Herman. Ma la storia, se vogliamo, comincia ancora prima, e per l’esattezza dalle osservazioni che, sul finire degli anni Venti, permisero all’astronomo statunitense Edwin Hubble di stimare la velocità di diverse galassie, ottenendo come incontrovertibile risultato che tutte si stavano progressivamente allontanando, con una velocità tanto maggiore quanto maggiore risultava la loro distanza da noi. Questa conclusione, che prese il nome di “legge di Hubble” in onore del suo scopritore, divenne presto uno dei capisaldi del modello cosmologico del Big Bang.

A partire dai pionieristici albori della ricerca in questo campo, Amedeo Balbi ci conduce in un viaggio affascinante nella storia della cosmologia moderna, un’avventura che percorre tutto il XX secolo. La musica del Big Bang è un meraviglioso compendio delle scoperte che si sono succedute grazie alla tenacia e all’ingegno di scienziati e ricercatori, andando a comporre l’affresco ancora incompleto ma già vertiginoso della storia dell’Universo. A oggi, la fisica ci ha permesso di risalire fino a una frazione infinitesima (dell’ordine di 10-43 secondi) dall’istante iniziale. Tutto quanto successo da quel momento (dalla progressiva separazione delle interazioni elettromagnetica, nucleare debole e nucleare forte alla fase inflazionaria che segnò una rapidissima accelerazione nel processo espansivo del cosmo, fino alla ricombinazione compiutasi 380mila anni dopo il Big Bang con conseguente separazione della materia dalla radiazione, per approdare quindi al quadro cosmico così come oggi si presenta al nostro sguardo indagatore) viene scandagliato in queste pagine, con una dovizia di particolari che non pregiudica la lettura ma la rende anzi ancora più stimolante, forse soprattutto per il neofita e il non specialista.

La dissertazione di Balbi è infatti fluida e coinvolgente, non di rado fa ricorso ad analogie tratte dall’esperienza quotidiana per rendere comprensibili gli aspetti più oscuri della trattazione, e non abbandona mai quel senso del meraviglioso che in fondo rappresenta il sostrato comune da cui germogliano scienza e fantascienza. Sempre attenendosi alle regole di chiarezza che s’impongono a un’opera orientata a un pubblico più vasto degli esperti di settore, Balbi riesce nel non facile compito di preservare il rigore del dato scientifico, raggiungendo quell’equilibrio che contraddistingue la migliore divulgazione. La sua scorribanda attraverso l’indagine dell’eco della nascita dell’Universo tocca apici emotivi non comuni nelle pagine più poetiche o avventurose del libro, che sono quelle che fanno riferimento rispettivamente al parallelo della musica con la cosmologia (e alla sua ricostruzione storica) e ai recenti sviluppi dell’indagine scientifica attraverso l’uso di palloni-sonda aerostatici e satelliti per l’osservazione radioastronomica.

Arriviamo così ai recenti traguardi raggiunti dai team internazionali con gli esperimenti da pallone di BOOMERANG e MAXIMA e le missioni spaziali di COBE e WMAP (quest’ultime valse proprio lo scorso anno il premio Nobel a John Mather e George Smoot), e al sempre maggiore dettaglio con cui l’occhio della tecnologia ha permesso agli uomini di scrutare negli abissi del tempo, a caccia del respiro dell’Universo nascente, 13,7 miliardi di anni fa. Le ultime pagine sono saggiamente dedicate a tracciare una panoramica dei più promettenti sviluppi che potrebbero giungere dal fronte della ricerca cosmologica, che tende a intrecciarsi sempre di più con la fisica fondamentale. Quando il viaggio finisce, si è come pervasi dal senso di grandiosità del mondo che ci circonda, e allo stesso tempo rinfrancati dalla certezza che la storia non si chiude di certo qui.

Amedeo Balbi, ricercatore presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Roma Tor Vergata e già collaboratore di Smoot all’Università di Berkeley, confeziona così un’opera appassionante e sentita, accessibile a tutti e che tutti dovrebbero leggere per condividere il senso delle grandi imprese della scienza del Novecento. Il libro è impreziosito da una prefazione della grande Margherita Hack ed è corredato da un pratico indice analitico che rende ancora più agevole la navigazione in questo immenso arcipelago cognitivo che di certo non ha ancora esaurito le sorprese e le meraviglie.