E' la storia vera che ha ispirato The Exorcism of Emily Rose. Un film interessante in cui verità e fede, finzione e realtà, si ricorrono continuamente senza che mai un elemento prenda sensibilmente il sopravvento sull'altro. Ed è, forse, questo il grande limite di Requiem o - a seconda dei punti di vista - la sua maggiore forza. Un'indipendenza culturale che non propendendo per la tesi della schizofrenia piuttosto che per la spiegazione 'religiosa' porta - agli occhi dello spettatore - questa storia realmente avvenuta trenta anni fa in forma di documento.

Ma di che cosa soffriva veramente Anneliese Michel, una studente di 23 anni, morta di stenti e privazioni dopo un esorcismo 'casalingo' a Miltenberg in Germania? Noi la incontriamo quando la ragazza proveniente da una famiglia cattolica molto rigida riesce a coronare il suo sogno andando a studiare all'università. Timorata di Dio, ma al tempo stesso pienamente inserita nel suo tempo, Anneliese incontra l'amore e una vita più o meno spensierata lontano dai rigidi costumi materni. E' questo dualismo che la porta perfino ad avere rapporti sessuali al di fuori del matrimonio a sconvolgere la sua mente, oppure è veramente preda di quel demonio, in agguato lontano dalle quiete mura di casa?

Il film sembra non volere fornire una risposta definitiva: anche durante l'esorcismo subito dalla giovane lo spettatore non viene mai in contatto con le visioni e con le voci viste da Anneliese. Anzi, la percezione del pubblico è che l'esperienza della ragazza sia davvero espressione di una personalissima forma di follia dovuta allo stress da studio, ma - forse - soprattutto alla lontananza da casa. Spaventoso, perché popolato da personaggi 'veri' e - soprattutto - da figure più inquietanti di qualsiasi finzione (l'esorcista è un esaltato che terrorizza più del diavolo in persona...) Requiem è un film insolito e importante, che nel suo laconico rigore teutonico affronta brillantemente un tema scottante e quantomai attuale come quello del rapporto tra fede e ragione, tra scienza e mistero. Una pellicola che fa 'arrabbiare' il pubblico più illuminato, per la palese inadeguatezza delle cure portate alla giovane Anneliese e - soprattutto - per il vuoto emotivo e personale in cui la ragazza era suo malgrado caduta.

Sebbene non intenso e tantomeno tutt'altro che spettacolare come la sua versione americana, Requiem è una pellicola utile e interessante per la sua capacità di riflettere su una storia da non dimenticare e per indicare l'incapacità che spesso le persone hanno nel confrontarsi con avvenimenti apparentemente inspiegabili e certamente bisognosi di maggiore intelligenza e di una migliore capacità di reazione nel momento in cui si verificano. Oggi Annelise Michel è considerata quasi una santa. Questo film ha il coraggio di mettere in dubbio l'aspetto ultramondano di questa santità. Disturbata mentalmente dall'età di sedici anni, la ragazza soffriva, forse, più per l'anaffettività materna che per le pene dell'inferno. Al pubblico è lasciata la facoltà di decidere quale fosse il vero volto del demonio che affligge la protagonista. Probabilmente il quesito centrale del film è destinato a non avere risposta: e se la santità di Anneliese fosse di origine molto 'umana'? Se la sua sofferenza fosse dovuta all'incapacità di trovare una propria identità nel mondo moderno e fuori dalle mura di casa? Requiem prova ad offrire una visione di questa storia lontano dal pregiudizio, anche a costo di un'equidistanza - alla fine - molto difficile da mantenere.