Un pomeriggio in albergo. Uno dei tanti, visto che la tua attività ti porta a viaggiare spesso. Anzi, il numero di viaggi è anche un modo per misurare il tuo successo, poiché di mestiere hai scelto di fare il musicista.

Un altro modo per misurare il tuo successo è la qualità degli alberghi che frequenti. Questo è carino, ordinato, pulito. Ma è ben lontano dalle suite riservate alle rockstar, quelle che si spostano in limousine, inseguite dai flash dei paparazzi e dai fan urlanti.

Il successo arriverà, forse un giorno. E va costruito, un pezzettino alla volta. Dopo il fallimento del primo disco e la forte tentazione di smettere con la musica, per fortuna le cose sono migliorate molto. Il secondo e il terzo album hanno avuto un buon riscontro di vendite. Non nella natia Inghilterra, però, dove la band è ancora semisconosciuta, ma soprattutto in Belgio e in Italia. Ed è per questo che il vostro manager ha deciso di portarvi in tournée in Italia per consolidare la notorietà. Night club, palazzetti dello sport. Pubblico caloroso ed entusiasta, nonostante molti problemi logistici e di acustica. Ma va bene così, la strada verso il successo passa anche da qui.

E oggi, a chiudere il tour italiano, un concerto in un vero e proprio teatro. Lo annunciano anche le locandine.

Genesis – 19 aprile 1972 – Napoli – Teatro Mostra Mediterraneo – ore 16 e 21 

Il primo spettacolo è andato bene. Canzoni da Nursery Cryme e da Trespass, i due dischi precedenti, intervallate dai simpatici monologhi di Peter, e una canzone nuova (Happy the Man) che forse finirà nel nuovo album. A proposito del nuovo album, bisogna sbrigarsi. Qualche brano è già pronto ma il materiale non è ancora sufficiente.

Tony si affaccia al balcone della sua stanza al quarto piano per prendere una boccata d’aria. Osserva il panorama. Un lungo viale, di fronte un bel parco alberato: siamo nel quartiere di Fuorigrotta, lontani dal centro storico e dai luoghi turistici di Napoli. Tony respira profondamente, poi comincia a guardare con maggiore attenzione le immagini che gli si stagliano davanti. Si rilassa. Chiude gli occhi e immagina. Resta con gli occhi chiusi per alcuni minuti.

Foto di Andrea Pelliccia
Foto di Andrea Pelliccia

Quando li spalanca esce correndo dalla stanza e bussa freneticamente a quella accanto.

- Mike, presto, apri!

Mike dorme, viene destato di soprassalto.

- Che c’è Tony? Maledizione!

- Seguimi – gli risponde l’altro, serafico.

Escono sul balcone.

- Che cosa vedi? – chiede Tony.

Mike si gratta la testa sforzandosi per concentrarsi, è ancora intorpidito dal sonno. Ma ancora non capisce l’urgenza dichiarata dall’amico.

- Mah, vedo una strada, un parco con tanti alberi. È uno scenario simile a tanti che abbiamo visto finora.

- Ok, Mike ma c’è qualcosa che mi turba. Nessun suono, nessun rumore, nessuna auto. Eppure siamo a Napoli, una delle città più movimentate del mondo. E sono anche le sei del pomeriggio.

- Scusa Tony, non ti seguo.

- Scusa tu, Mike, hai ragione. Hai letto Childhood’s End di Arthur Clarke?

Mike riflette per alcuni secondi. – No, direi di no.

- È un bellissimo romanzo di fantascienza – prosegue Tony. – Non ricordo benissimo la trama, l’ho letto un po’ di tempo fa. Però ricordo che gli alieni arrivavano sulla Terra e la trovavano completamente deserta, perché l’umanità si era estinta.

- Ah! – commenta Mike, forse sta cominciando a cogliere l’ispirazione del tastierista della band, autore con lui di quasi tutti i pezzi della band.

- Ecco, guardati intorno. Con questo silenzio innaturale non mi meraviglierei se vedessi un’astronave atterrare a poca distanza da qui.

- Stai pensando al testo per una canzone? – chiede Mike.

- Proprio così. Quella base che abbiamo composto qualche giorno fa. Dove eravamo, a Reggio Emilia?

- Credo proprio di sì, in quel palazzetto dello sport con una pessima acustica hai fatto partire quelle note di mellotron che quasi spaccavano i vetri! – risponde Mike ridendo. – Aspettami qui, torno subito.

Scende di corsa le scale che portano alla reception. Si fa consegnare le chiavi della terrazza e chiede di portare su un tavolino e un paio di sedie: l’ispirazione di Tony va assecondata, porterà qualcosa di buono, ne è sicuro.

Dalla terrazza la vista sulla Napoli deserta e silenziosa è ancora migliore. I due cominciano a lavorare freneticamente.

- Ma gli altri dove sono? Dormono? – chiede Mike, interrompendo il flusso creativo.

- Macché, sono laggiù – risponde Tony, indicando un’insegna blu con una scritta gialla.

- Edenlandia – legge Mike, scandendo bene le lettere. – Che cos’è, un parco di divertimenti?

- Proprio così.

- Noi qui a lavorare, loro a divertirsi. Bel modo di collaborare!

Ridono di gusto. La canzone è pronta, dovrà poi essere completata con il contributo degli altri tre membri della band. Il mellotron, la città “morta”, Clarke, Childhood’s End (Le guide del tramonto in italiano), gli alieni. Watcher of the Skies.

È buio quando scendono nella hall dell’albergo, non manca molto al concerto serale. Incontrano Phil, Peter, Steve e gli altri, sudati e felici.

- Ragazzi, sareste dovuti venire anche voi, abbiamo passato un bel pomeriggio – dice Phil.

Mike sorride mentre guarda Tony. – Anche noi abbiamo trascorso un pomeriggio piacevole. E, soprattutto, proficuo. Abbiamo composto una canzone per il nuovo disco, ve la faremo ascoltare al più presto.

- Ottimo! – gli fa eco Peter. Guarda l’orologio. – Adesso però dobbiamo sbrigarci, altrimenti faremo tardi per il concerto. Ci aspettano a tavola, la cena è pronta.

Supper’s ready.

L’ho immaginata così la nascita di Watcher of the Skies, memorabile brano d’apertura di Foxtrot (ottobre 1972), uno dei capisaldi non solo di quel fenomeno musicale noto come progressive rock, ma della musica rock in generale. Watcher of the Skies rappresenta anche una delle rare incursioni dei Genesis nel mondo della fantascienza (un’altra, contenuta nello stesso disco, è Get’Em Out by Friday, uno dei migliori esempi di fantascienza sociologica in musica). E l’ispirazione per le scene e i dialoghi mi è venuta in modo naturale nei minuti trascorsi sulla terrazza dell’Hotel JFK di Viale Kennedy a Napoli (fino a pochi anni fa Hotel Domitiana), quello in cui alloggiarono i Genesis nella data conclusiva della fortunata prima tournée italiana, e alla quale ho avuto accesso grazie alla cortesia dello staff.

Le foto sono state scattate al quarto piano e sulla terrazza dell’albergo. Non si sa in quali stanze abbiano alloggiato i Genesis e il loro staff il 19 aprile 1972, anche perché, mi è stato spiegato, purtroppo non c’è più traccia dei registri delle presenze.

Ma sul fatto che Watcher of the Skies sia stata ispirata e creata quel pomeriggio di cinquant’anni fa ci sono pochi dubbi. Queste le parole di Tony Banks, in ricordo di quel pomeriggio napoletano con Mike Rutherford, riportate nel libro Genesis: I Know What I Like di Armando Gallo, fotografo e biografo della band.

Mike and I were sitting on top of this building, it was a warm sunny day and we were just looking out across a large area of buildings and fields; there was not a living soul around. It seemed that the entire population had just deserted the planet and this is what 'Watcher of the Skies' says: an alien being who comes to the planet and sees it completely deserted. And so the story unfolds with a bit of science fiction. I like Arthur Clarke's 'Childhood's End' and books like that.