Riuscite a immaginare una stella che emette uno stretto flusso rotante di molecole d'acqua nello spazio, come una specie di zampillo che fuoriesce da una splendida fontana di un giardino notturno? Ebbene, questa è W43A, la stella individuata da alcuni astronomi utilizzando il radio telescopio VLBA (Very Long Baseline Array) del National Science Foundation. Distante 8.500 anni luce dalla Terra, la W43A si trova in direzione della costellazione dell'Aquila e gli scienziati ritengono sia un astro giunto ormai alla fine del proprio ciclo vitale e stia formando una nebulosa planetaria. Lo studio della W43A potrebbe quindi essere determinante a far capire finalmente i meccanismi di formazione di questi meravigliosi oggetti celesti, formati da un guscio brillante di materiale gassoso ad altissima temperatura che viene espulso da una stella allo stadio terminale. Generalmente queste nebulose si espandono rapidamente e scompaiono, mentre la materia che le compone si disperde nello spazio interstellare circostante. Una tipica nebulosa planetaria è la nebulosa anulare della Lira (M57), ma non tutte sono come questa. "Un primo mistero delle nebulose planetarie," ha detto infatti il dottor Phillip Diamond, direttore del Radio Osservatorio di Jodrell Bank (Inghilterra) e uno dei ricercatori del VLBA, "è che molte di esse non sono sferiche, sebbene le stelle da cui vengono formate siano delle sfere. E i getti rotanti di molecole d'acqua che abbiamo osservato fuoriuscire da questa stella, possono essere uno dei meccanismi che rendono possibile la creazione delle strutture asimmetriche che si osservano in molte nebulose planetarie". In effetti la teoria che strutture non sferiche potrebbero essere create dall'emissione di getti di gas del tipo osservato nella W43A, era stata avanzata, ma finora un simile processo non era mai stato osservato in natura. La difficoltà risiede nel fatto che questi stadi delle stelle durano molto poco per cui gli scienziati devono essere molto fortunati per imbattersi per caso nella stella giusta. "La nostra analisi dei getti d'acqua, indica che sono presenti solo da poche decine di anni," ha detto il dottor Imai, direttore del progetto, "Una volta che, grazie alla sua gravità, la stella collasserà in una nana bianca, la sua intensa radiazione ultravioletta ci impedirà di osservare il fenomeno." A questo punto a qualcuno sarà forse sorto un dubbio (legittimo!) sul nome attribuito a questi oggetti, visto che con i pianeti, le nebulose planetarie non hanno proprio niente a che fare. Ebbene, in effetti si può affermare che "nebulose planetarie" è il peggior nome che sia mai stato attribuito a un oggetto astronomico! E' tutta colpa di Sir William Herschel che, dopo la scoperta da parte di Charles Messier della prima nubulosa planetaria (la nebulosa Dumbbell, M27) nel 1764, nel 1781 scoprì il pianeta Urano. In quel periodo egli stava conducendo un'osservazione sistematica del cielo alla ricerca di oggetti dall'apparenza simili alla Dumbbell. E, poiché in apparenza gli sembravano simili ad Urano, Herschel coniò il termine "nebulosa planetaria", che da allora è rimasto, confondendo generazioni di studenti e appassionati.