Essendo stato scritto nel 1937, prima della Seconda guerra mondiale, La notte della svastica non può essere considerato una ucronia, anche se nel futuro che descrive l'Asse domina il mondo ormai da secoli. È però senza alcun dubbio una distopia, feroce, perché il mondo descritto dalla scrittrice inglese Katherine Burdekin è un incubo, in cui cultura e scienza sono scomparsi e Hitler è diventato un dio oggetto di culto. Una società in cui le donne non contano nulla, sono solo macchine da riproduzione, senza diritti e inferiori agli uomini.

Pubblicato da Sellerio, il libro sarà presentato questo questo venerdì alle 18 da Franco Ricciardiello e dal curatore Domenico Gallo al Museo Leone, a Vercelli.

Il libro

Prima del Racconto dell’ancella di Margaret Atwood, prima di Philip K. Dick, c’era La notte della svastica. Pubblicato nel 1937 racconta una storia che era ancora tutta da scrivere proiettandoci in un mondo in cui i nazisti hanno vinto e creato un impero, la donna è ridotta ad una macchina finalizzata a procreare soldati, memoria e identità personali demoni da distruggere.

Il Nazismo ha trionfato. Settecento anni dopo il pianeta si trova diviso in due soli potenti domini: l’impero tedesco e l’impero giapponese. E nella parte tedesca si trova aggiogato a un’assurda religione, imposta dall’abolizione della memoria e nata dall’oblio di ogni scienza e tecnologia, arte, letteratura e filosofia. Il nuovo Credo ha deificato Hitler, trasformato in un dio mitologico, «non nato da grembo di donna, ma esploso dalla testa del padre suo, Dio del Tuono». Un mondo brutalizzato e brutale, ritornato a una specie di feudalesimo mistico, di cui le prime vittime, che non si possono del tutto eliminare, sono le donne. Eppure qualcuno, nella lunga notte dei secoli, è riuscito a custodire un barlume della memoria (un libro, una fotografia), estremo antidoto, ultimo riparo contro l’annichilimento dell’umano.La notte della svastica fu scritto, incredibilmente, nel 1937, cioè prima della Seconda guerra mondiale e prima dell’alleanza bellica tra il Giappone e la Germania. Immagina e prevede l’una e l’altra. E comprende del Nazismo un carattere che verrà rilevato decenni dopo: il legame strutturale tra il totalitarismo e il misticismo irrazionale. Ma è forse il tema del rapporto tra biologia e potere, tra violenza e sessualità, quello che emerge in modo più inquietante dalle pagine di questa scrittrice: la riduzione della donna ad una macchina finalizzata a procreare soldati, il disprezzo misogino, la distruzione di memoria e identità personali anticipano e piantano le radici della futura fantascienza femminista (alla Atwood, per esempio). Dietro le sue spalle ci sono Wells, Huxley e le altre ucronie e distopie. E prima del 1984 di George Orwell (che uscirà nel 1948) inscena gli effetti di una società in cui la Storia è stata abolita.

L'autrice

Katharine Burdekin (1896-1963), nata Katherine Penelope Cade da una famiglia del Derbyshire, dopo la Grande Guerra e la fine del suo matrimonio, si stabilì in Cornovaglia con le due figlie, la madre e la sorella, e iniziò a comporre romanzi (ne pubblicherà una decina, con altri restati inediti). L’intera sua opera è contrassegnata da significati pacifisti, femminili e anticonformisti. Per questo carattere della sua narrativa preferì, per evitare ritorsioni, ripararsi dietro lo pseudonimo maschile Murray Constantine.

Katherine Burdekin, La notte della svastica (Swastika Night, 1937) traduzione di Alfonso Geraci, Sellerio, pagg. 336, euro 15, ebook euro 9,90.