Un altro film in cui i supereroi devono confrontarsi con gli effetti collaterali delle loro esistenze, e nel farlo finiscono a combattere tra di loro. Dopo Batman v Superman Dawn of Justice è il turno della Marvel con Captain America Civil War, uscito nelle sale la scorsa settimana, terzo film della serie dedicata al Capitano ma in realtà film d’ensemble che riunisce quasi tutti i supereroi dell’universo cinematico Marvel.

La grandi aspettative sono sempre un’arma a doppio taglio; creano hype intorno a un film, ma non di rado poi creano un po’ di delusione dopo la sua visione. Anche Civil War non sfugge a questa regola, anche se il film non è un disastro come il corrispettivo DC. Batman v Superman cercava e riusciva a mettere in campo due battaglie epiche, quella tra i due supereroi e poi quella contro Doomsday; ma falliva nella struttura della trama, nella coerenza dei personaggi, nelle motivazioni deboli o assenti.

Coerenza (molta)

Civil War, da questo punto di vista, è un gigante rispetto al film di Snyder. I personaggi hanno motivazioni solide, diretta conseguenza del carattere che è stato costruito loro e delle vicende che hanno vissuto nei film precedenti.

Dopo un’operazione contro un’organizzazione criminale in Nigeria conclusasi con l’ennesimo disastroso “effetto collaterale”, gli Avengers sono messi sotto processo dall’opinione pubblica e dalla politica. E da loro stessi, che vivono, in modo diverso, la responsabilità terribile delle loro azioni. Hanno salvato il mondo a più riprese, ma nel farlo hanno causato danni e morti; Tony Stark, la cui vita personale ha già subito un duro colpo dalla separazione da Pepper, è particolarmente sensibile e pensa che sia necessario che i poteri dei supereroi vengano in qualche modo regolati e gestiti da un’autorità pubblica. Captain America, viceversa, è reduce dagli avvenimenti di Winter Soldier che hanno portato allo smantellamento dello SHIELD, e quindi ha ben presente il rischio di sottomettersi a un’autorità di qualche tipo, che può cambiare idee e priorità.

Se ci si pensa, i due personaggi sono schierati esattamente sui lati opposti a quelli che lascerebbe presumere la loro caratterizzazione più superficiale: l’indisciplinato Tony Stark è a favore della registrazione dei supereroi, come prevista dai cosiddetti “Accordi di Sekovia” e richiesta dal segretario di stato Thaddeus Ross (William Hurt), mentre il responsabile ex soldato Steve Rogers è contrario. Eppure, questo paradosso è perfettamente consistente con quanto è stato raccontato fin qui dei due personaggi.

L’aspetto puramente ideologico, o politico, della questione, viene immediatamente declinato nella pratica dalla questione Soldato d’Inverno. Che le autorità, appoggiate dagli Avengers pro-accordi vorrebbero catturare e imprigionare, mentre Rogers, legato a Bucky da un rapporto di amicizia pluridecennale e capace di vedere oltre ciò che le prove apparenti sembrano indicare, ha intenzione di difendere a ogni costo.

Tuttavia, proprio il fatto di spostare la disputa sul personale, finisce per abbattere l’aspetto politico della vicenda, che da conflitto globale viene ridotto a un litigio tra amici, che praticamente distruggono un aeroporto per chiarirsi tra loro.

Occorre ricordare qui che il film è solo molto vagamente basato sulla serie a fumetti con lo stesso titolo, che aveva coinvolto praticamente tutti i personaggi Marvel per un lungo periodo. E se ci permettete un piccolo spoiler (se no, saltate al paragrafo successivo), manca anche l’evento culminante e fortemente simbolico che aveva caratterizzato la serie a fumetti, e che in sostanza rappresentava il vero messaggio politico di tutta la serie: la fine dell’ideale libertario americano.

Ritmo (fin troppo)

I fratelli Russo riescono, molto meglio di quanto non abbia fatto Snyder, a inserire gli aspetti concettuali del film nella narrazione senza creare crolli di tensione. Per il nostro gusto, anzi – ma è evidente che qui si tratta di gusti personali – qualche rallentamento non avrebbe fatto male; il film è un continuo di inseguimenti e superscazzottate, che regge solo grazie al fatto che i personaggi sono quasi tutti già perfettamente noti al pubblico e non hanno bisogno di essere costruiti caratterialmente.

Certo: se piacciono, queste scene di azione, che dopotutto sono un po’ la ragion d’essere dei supereroi, va riconosciuto che i fratelli Russo se la cavano egregiamente. Riuscendo anche a mettere in campo idee notevoli anche dal punto di vista visivo, e creando dinamiche per cui gli evidenti problemi teorici di questo tipo di scontri (il fatto, per esempio, che alcuni supereroi come Visione o Witch hanno poteri decisamente superiori agli altri, mentre il personaggio principale, Captain America, in sostanza fa poco di più che dare pugni molto forti) non pesano più di tanto.

Respiro (troppo poco)

Quello che ci sembra non riescano davvero a fare, e lo avevamo già notato in Winter Soldier (che pure sotto questo aspetto era molto meglio di Civil War) è costruire la dimensione epica intorno ai supereroi. Qui Snyder detta legge: il suo Superman, visto dall’esterno come un dio che combatte altri dei, è inarrivabile. Ma anche gli Avengers di Whedon che sconquassavano New York erano su tutto un altro piano. Gli eroi secondo i fratelli Russo sono una sorta di agenti segreti, dei piccoli James Bond che picchiano un po’ più forte, che si guardano le spalle, che agiscono in segreto, che corrono in mezza alla gente, che alla fin dei conti si picchiano tra di loro, magari usando come mazze delle ali di areo invece che spranghe di ferro, ma è solo una questione di scala, mentre dovrebbe essere una questione di respiro.

Il cattivo di Captain America Civil War è un cattivo piccolo, con obiettivi molto limitati; il che non è del tutto sbagliato, se vogliamo, perché lo scopo era quello di porre tutta l’attenzione sullo scontro intestino tra Avengers, evitando l’errore (in cui Snyder è caduto con tutte le scarpe) di farlo scendere in secondo piano al momento dell’arrivo della minaccia comune.

Coralità (adeguata)

La quantità di personaggi in questo film è impressionante. Il numero di supereroi presente è pari a quello di Avengers Age of Ultron: mancano Thor e Hulk “in vacanza” e manca naturalmente Quicksilver (morto); a compensazione ci sono Ant-Man e due “new entries”, Black Panther (che prossimamente avrà il suo film) e il nuovo Spider-Man.

Spider-Man viene usato come intermezzo comico; la sua introduzione è un po’ forzata, ma funziona, e tutto sommato la sua giovanissima età, che era stata uno dei motivi di preoccupazione, viene gestita bene e rappresenta un buon contrappunto (anche se l’avvenente zia May sarà molto più difficile da digerire).

Ogni personaggio riesce ad avere il suo momento in primo piano, e a dire qualcosa di importante di se stesso, persino Visione che è il più asettico di tutto il gruppo.

Nessun personaggio al di fuori dei supereroi, però, riesce a emergere. Zemo, interpretato da Daniel Brühl, è tutto sommato poco consistente, mentre i due Ross (nessuna partentela, a quanto pare), il segretario di stato Thaddeus Ross (William Hurt) e Everett Ross (Martin Freeman) hanno pochissimo minutaggio e sono praticamente solo figure di sfondo. Può stupire che un attore come Freeman venga utilizzato per una parte di così scarsa rilevanza, ma in sostanza il suo personaggio è stato solo introdotto, e sarà uno dei protagonisti nel film su Black Panther.

L’ultimo personaggio “umano” è l’Agente 13, che rivela finalmente la sua “parentela” e il motivo della sua importanza per Cap.

Punto di arrivo (e di partenza)

Civil War è una storia conclusa in se stessa, ma che non lascia assolutamente le cose come le aveva trovate. Rappresenta un punto di arrivo per la storia del gruppo di supereroi chiamato Avengers, ma rappresenta anche il punto d’inizio per un nuovo ciclo che porterà al doppio film Avengers: Infinity Wars che rappresenterà la conclusione della Fase 3. In questi due film, il cui conflitto avrà portata realmente “cosmica”, l’aspetto epico non potrà proprio venire a mancare, non si potrà ridurre tutto a inseguimenti e scazzottate. Vedremo allora se i fratelli Russo riusciranno ad andare oltre quelli che al momento sembrano essere i loro limiti.