Scritto dai due autori della trilogia delle Cronache di Narnia, Capitan America: il Primo Vendicatore rappresenta un ulteriore passo avanti della Marvel verso un cinema che sappia prendere il meglio dei fumetti e rileggerlo in maniera filologicamente corretta, ma al tempo stesso sappia andare un po' oltre quanto accade rispetto alle tavole disegnate e inchiostrate. 

In questo senso, il tocco di Joe Johnston, autore di film molto interessanti come Cielo d'Ottobre e Rocketeer, di pellicole d'azione originali come Wolfman e Jumanji, ma anche di film trascurabili come Jurassic Park III, porta qualcosa in più alla storia di Steve Rogers e al suo desiderio di rendersi utile per il suo paese andando a combattere contro i nazisti.

Il film inizia quando una missione di ricerca trova uno scudo metallico con una stella bianca al centro nella carcassa congelata di un aereo. Un lungo flashback negli anni Quaranta porta lo spettatore nella New York in cui migliaia di volenterosi si arruolano per difendere il proprio paese, tra cui James Buchanan 'Bucky' Barnes. Non altrettanta 'fortuna' ha avuto, invece, il suo amico di Brooklyn Steve Rogers, quello che lui ha sempre difeso dai bulli del quartiere. Scartato in quattro posti di reclutamento differenti, Rogers, una sera, prova a farsi prendere dall'esercito, dopo avere assistito insieme a Bucky e a due ragazze alle prime prove della tecnologia messa a punto da Howard Stark (Dominic Cooper) che, per inciso, è il papà di quel Tony che un giorno diventerà noto anche con il nome di Iron Man. 

Il dialogo tra Steve e Bucky che tenta di dissuadere l'amico debole e mingherlino dal farsi ammazzare, è osservato con attenzione da uno scienziato che, qualche minuto dopo, offre a Rogers la sua grande occasione: sarà, infatti, lui a testare il siero del Supersoldato in grado, forse, di creare un esercito invincibile. 

Anche se fino a qui, il film segue pedissequamente la falsa riga del fumetto, la sceneggiatura e la regia di Johnston immergono lo spettatore in pieno nelle atmosfere anni Quaranta, enfatizzate dalla presenza, all'altro capo dell'oceano, di un gerarca nazista ossessionato come il Fuhrer dall'occultismo. Johnan Schmid è anche il fondatore di una setta segreta chiamata Hydra pronta a calpestare tutti a partire da Hitler stesso.

Lui, con il nome di Teschio Rosso, è pronto a conquistare il mondo e contro di lui si erge, fragile e problematico, il suo 'creatore'. Lo scienziato interpretato da Stanley Tucci che, adesso in America, è pronto a dare vita ad un altro uomo dotato di poteri notevolissimi, ma - questa volta - anche di un'etica e di un coraggio fuori dal comune.

Così, nasce Capitan America, il Primo Vendicatore che dopo una prima azione rocambolesca per le strade di New York viene scelto come simbolo della propaganda fino a quando, mandato in Europa, dovrà confrontarsi con la guerra vera, dimostrando il suo valore.

Divertente, interessante e frutto di un'intrigante alchimia capace di coniugare elementi sexy ed ironia, etica e momenti che richiamano inevitabilmente alla memoria la saga di Indiana Jones, Capitan America per più di metà della sua durata è un film decisamente riuscito ed originale. 

Non solo un buon film come è, in fondo, fino alla fine, ma anche qualcosa in più riuscendo a limitare la retorica in nome di sentimenti ed emozioni, di qualità umane e di ricerca personale. Se l'elemento psicologico e personale della storia domina l'azione per tre quarti, poi, pian piano tutto diventa scontato e prevedibile e a parte la fine vera e propria, il film perde di quel mordente che lo aveva reso tanto interessante all'inizio.

Anche Capitan America, così come è successo con tutti gli altri eroi Marvel, quindi viene affidato a un regista di talento e trasformato in un personaggio destinato al grande pubblico. A differenza della recente esperienza di Nolan con Batman, però, la Marvel sceglie di essere fedele allo stile dei propri fumetti e - a parte qualche adattamento formale particolarmente azzeccato - punta più all'ortodossia narrativa che ad una certa forma di innovazione.

In questo senso, Capitan America offre una visione impreziosita e approfondita rispetto a quanto accade nel fumetto, restituendo un ritratto interessante di un eroe molto forte, ma non certo invulnerabile o imbattibile. 

Ad arricchire il tutto anche la storia d'amore mai decollata con l'agente Carter interpretato dalla prosperosa Hayley Atwell e la presenza di un ottimo cast di comprimari di prima classe come Tommy Lee Jones e Toby Jones oltre ai già citati Stanley Tucci e Dominic Cooper. 

Insomma, in un'annata in cui abbiamo avuto altri adattamenti riusciti come Thor e X-Men, anche Capitan America ha il suo momento meritatissimo di gloria cinematografica dopo una serie di esperienze cinematografiche precedenti tutt'altro che memorabili e di cui oggi, però, non ha forse molto senso parlare. 

L'eroe che vediamo è un personaggio nuovo che del fumetto si porta appresso molte qualità, ma che colpisce lo spettatore più per le sue qualità umane che fisiche. 

In questo senso il toccante dialogo tra Stanley Tucci e un Chris Evans magro ed emaciato, offre una prospettiva molto interessante non solo sul personaggio stesso, ma sul senso stesso dei Supereroi non tanto o perlomeno non solo nella finzione narrativa, quanto, piuttosto, nel nostro immaginario collettivo. 

Una riflessione sul senso della presenza degli eroi nella nostra società, forse, un po' retorica in maniera quasi inevitabile, ma non certo meno interessante e forse perfino commovente per chi, fan o meno che sia del fumetto, 'ci crede ancora' e si commuove vedendo lo scudo di Capitan America emergere dal ghiaccio del tempo e del passato.