È passato un secolo esatto da quando, nei pressi del fiume Podkamennaja Tunguska, nel cuore della fredda taiga siberiana, si verificò un evento di proporzioni catastrofiche la cui energia sprigionata fu pari a 1000 volte quella della bomba atomica sganciata su Hiroshima.

Tutto ebbe inizio il 30 giugno 1908 alle 7:14 ora locale. Alcuni testimoni udirono improvvisamente il suono di un'esplosione seguito da un'onda d'urto di immane potenza, talmente forte da mandare in frantumi i vetri delle case e da rischiare di far deragliare alcuni convogli della ferrovia transiberiana posti a 600 km di distanza. All'esplosione seguì una luce accecante come "un secondo sole", come raccontarono i cacciatori evenki che vivevano nelle foreste nei dintorni e una nuvola di fumo non dissimile da quella prodotta dalle moderne armi nucleari. Poi venne la desolazione. In un'area di 220 chilometri quadrati non si vedevano che alberi abbattuti come ramoscelli.

La notizia fece rapidamente il giro del mondo, tanto che pochissimi giorni dopo il quotidiano londinese The Times ne parlò in un articolo.

Una fotografia dalla spedizione di Kulik del 1927
Una fotografia dalla spedizione di Kulik del 1927

Era importante far luce su quanto fosse successo. Ma la taiga siberiana è un posto selvaggio e ostile e orientarsi al suo interno non è cosa facile. La situazione politica in Russia a quel tempo e le limitate possibilità di locomozione permisero un sopralluogo scientifico sul posto soltanto dopo una ventina d'anni dall'evento. Lo scienziato Leonid Kulik, tra il 1927 e il 1939, organizzò quattro spedizioni allo scopo di risolvere il mistero. Alla vista delle immense distese di alberi abbattuti, si convinse che quella devastazione fosse opera di un meteorite proveniente dallo spazio. Le sue spedizioni perlustrarono la taiga in lungo e in largo alla ricerca di un cratere, ma non ne trovarono alcuno. Non c'era traccia che testimoniasse l'impatto al suolo di un oggetto di enormi proporzioni e Kulik, per salvare la reputazione, diffuse comunque la notizia di aver trovato il cratere che stava cercando.

Da quel giorno cominciò a prendere piede il mito di Tunguska. I cacciatori evenki, una tribù che vive nella taiga, ritennero che l'esplosione fosse una punizione che il dio Agdy, signore della folgore, avrebbe inflitto agli uomini per far terminare una faida tra le tribù della regione. Non mancò neanche chi, complice la letteratura fantascientifica dell'epoca, parlò di antimateria e astronavi extraterrestri. Ancora oggi tra gli appassionati di ufologia c'è chi crede in quest'ultima ipotesi.

Per anni scienziati di tutte le nazioni hanno eseguito sopralluoghi e ricerche sul posto, arrivando a formulare l'ipotesi che la causa dell'esplosione sia da attribuirsi a un asteroide di 30 o 50 metri di diametro precipitato sulla Terra alla velocità di 15 chilometri al secondo, sopravvissuto inizialmente all'urto con l'atmosfera ma esploso poi a circa 8 mila metri di altezza a causa del calore sprigionato dall'attrito con essa. Ciò giustificherebbe l'onda d'urto, causata probabilmente dalla vaporizzazione dell'oggetto, e anche l'assenza di un cratere.

Negli ultimi anni, un team di ricerca italiano ha individuato un piccolo lago di 500 metri di diametro chiamato Lago Checko. Analisi della morfologia del fondale e della sua composizione chimica hanno portato ad avvalorare l'ipotesi che sia un lago relativamente giovane e che possa essersi formato in seguito all'impatto al suolo di un oggetto di circa 5 metri di diametro. Che si sia trattato di un frammento più piccolo del corpo celeste principale? 

Qualcuno non è d'accordo. Un team di ricercatori della Nasa e dell'Università del Wisconsin ha effettuato delle simulazioni numeriche al computer ed è arrivato alla conclusione che, se si fosse trattato davvero di un asteroide, sarebbe precipitato al suolo formando un cratere oppure sarebbe esploso a un'altezza maggiore di quella rilevata e non avrebbe potuto causare i danni registrati.

A distanza di cento anni, quindi, la scienza non ha fornito una spiegazione certa su quale fenomeno abbia potuto causare una tale devastazione. Forse la risposta al mistero è già stata portata alla luce oppure giace ancora lì, sepolta sotto il freddo della taiga siberiana, in attesa di essere trovata.