Chi non conosce la triste vicenda delle bambine massacrate a Roma durante il ventennio fascista e dell'uomo che venne catturato ­ tal Gino Girolimoni ­ come loro assassino, e poi scarcerato dopo alcuni mesi perché innocente? E' questa la storia che Lucio Trevisan decide di narrare ne Il mostro di Roma, pubblicato dal Giallo Mondadori. Romanzo interessante questo di Trevisan, non tanto per i meccanismi narrativi che mette in campo ­ l'investigatore di polizia, la verità ufficiale e la verità dei fatti, il ristabilimento dell'ordine ­ quanto per la qualità della scrittura che scorre via sicura e leggera.

Roma, 1929. Una dopo l'altra cadono sotto le mani di un mostro delle bambine di quattro, cinque anni. Il regime fascista è in grossa difficoltà: ha promesso ordine e pulizia e si ritrova tra le mani questa patata bollente, un "martirizzatore di bambine". Mussolini è furente: "Il rapitore delle bambine sta mettendo in difficoltà la mia politica. E' riuscito persino ad avvelenare il recente giubileo, mentre sto tentando la conciliazione con il Vaticano. Il bruto va trovato assolutamente, non si debbono più uccidere le figlie del popolo". Bisogna trovare il (un) colpevole ad ogni costo; e allora eccolo: Gino Girolimoni, trentotto anni, guardaroba da far invidia ai giovanotti del quartiere Ponte. Scapolo, spende per le donne ciò che guadagna. La sua spavalderia però lo mette nei guai e quando fa gli occhi dolci a una servetta di tredici anni, Olga Naticchiola, lei ne parla con i padroni. Insomma ecco l'adescatore di bimbe, ecco "il mostro di Roma". Arrestate Girolimoni. Ma all'interno del corpo di polizia non tutti si accontentano della verità ufficiale e così da Genova viene richiamato il commissario Epifanio Pennetta, personaggio scomodo al regime, ma una gradino più su degli altri.

Questa è la storia che narra Trevisan, non molto di più. Alcuni particolari li sorvola, scelta del narratore. Tace, per esempio, sul sacrestano dalle chiacchierate abitudini che si uccide, e che non era lui il mostro. Non diciamo come chiude la storia, narrata molto bene e da leggere d'un fiato, anche se in alcune parti non convince. E Girolimoni? Il suo calvario finirà nel novembre del 1961. Muore solo e in povertà, ma da uomo innocente. Non gli venne mai concesso un indennizzo. Non ci fu nessuno che gli offrisse una riparazione. E le sette piccole vittime rimangono senza un colpevole. O forse no?

(marco minicangeli)