A sei anni di distanza dalla chiusura della monumentale trilogia storica di Magdeburg (L’Eretico, La Furia, Il Demone), sviluppata nel triennio 2005-2007, Alan D. Altieri torna al romanzo e lo fa con un titolo che segna a sua volta un nuovo inizio. Uscito a giugno 2013, Juggernaut è sbarcato nelle librerie un po’ a sorpresa, come la pioggia inaspettata dopo un lungo periodo di siccità. Che Altieri stesse lavorando a qualcosa di nuovo, lo si sapeva da almeno un paio d’anni, ma in pochi potevano aspettarsi questo libro, che ha saputo scavalcare nelle priorità dell’autore tanto l’annunciato prologo di Magdeburg quanto Città di Tenebre, capitolo finale della Trilogia di Los Angeles e tassello mancante nella Pentalogia delle Megalopoli, entrambi attesissimi dalle schiere dei suoi fan. In molti si aspettavano da Altieri un’antologia anche per il 2013, come da tradizione ormai invalsa dal 2008: a partire da Armageddon, TEA ha infatti proseguito per cinque anni nel progetto di ristampa sistematica dei suoi racconti, rivisti e aggiornati, in raccolte imperdibili, di notevole spessore sia sul piano artistico che – mi si passi il termine – filologico.

A sorprendere tutti è arrivato invece un romanzo che rappresenta l’inizio di una nuova saga: la cosiddetta Terminal War si segnala fin da questo esordio per la sua aderenza al canone dell’autore, codificato nel paradigma della distruzione-estinzione-resurrezione, e con tutte le carte in regola per portare “il livello dello scontro ben oltre i «limiti estremi» dell’umano. E dell’inumano”. Juggernaut, pubblicato sempre da TEA, è il punto di origine di questo nuovo ciclo, costellato di richiami al già citato affresco narrativo della Pentalogia delle Megalopoli (1981-1997, ancora mancante del quinto e conclusivo volume, crocevia tra i quattro romanzi già pubblicati), e in particolare agli ultimi due titoli della serie: i più futuristici Ultima Luce (1995) e Kondor (1997), ma non solo. È un titolo che dovrebbe quindi esercitare un richiamo particolare sui lettori di fantascienza, visto lo scenario futuribile, come sempre ad altissimo livello di entropia e devastazione, che Altieri comincia a delineare.

Non c’è dubbio che Juggernaut sia a tutti gli effetti un romanzo di fantascienza. Ma è anche altro: un tale concentrato di sensibilità e modelli ricavati dai generi più disparati da vanificare comunque qualsiasi tentativo di classificazione. Non mancano all’appello: l’action thriller, l’hard-boiled, il racconto di guerra, l’horror. La fantascienza si ritrova declinata nelle sue varianti military sci-fi e, per il momento in forma ancora embrionale, space opera. Il tutto mescolato con tematiche cyberpunk nella loro più ardita derivazione postumanista. Forse, appropriandoci di un’espressione adottata dall’autore direttamente nelle pagine di questo romanzo, si potrebbe parlare di techno-weird, un’etichetta che in qualche misura promette molto di ciò che il lettore potrà trovare in questo romanzo.

L’umanità è uscita decimata dal contagio pandemico del Morbo Nero, che ha mietuto oltre tre miliardi di vittime, e continua a subirne l’effetto nelle sue aree più depresse e disagiate. Infezione, cataclismi naturali e terrorismo hanno portato alla concentrazione della popolazione in ecumenopoli abitate da decine di milioni di persone: i più fortunati vivono al riparo nelle Enclaves, cittadelle fortificate e isolate dal resto del mondo; gli altri vagano tra le macerie delle Under-Cities, vaste sacche di devastazione incistate nelle dilatazioni meta-urbane delle megalopoli, popolate di U-men (subumani, da under-men), paria della consunzione, reietti della terra. Dopo una crisi economica dilagata su scala globale meritandosi l’appellativo di Mega-Depressione, gli stati sovrani e le multinazionali si sono disgregati nella generale implosione del sistema bancario: nel disordine sociale che è seguito, due colossi meta-finanziari e meta-industriali hanno fagocitato i resti della concorrenza e si sono infine fusi in un conglomerato unico, la Gottschalk-Yutani Corporation. E fin qui lo scenario non si discosta di molto da quello già esplorato in Ultima Luce, oltre che in alcune perle di narrativa breve. Ma in Juggernaut Altieri preme l’acceleratore e ci porta avanti di diversi decenni da quel futuro (all’incirca il 2030), sbalzandoci in uno scenario da incubo che potrebbe essere tanto la seconda metà del XXI secolo quanto un mondo ancora più remoto.

Dal travagliato riassetto interno della Gottschalk-Yutani ha visto la luce un nuovo soggetto: la Gottschalk Mega Corporation, «il sistema che è tutti i sistemi». Egon Jean-Baptiste Gottschalk è l’ultimo CEO della compagnia che ha soppiantato ogni altra multinazionale: regge un sistema post-capitalista che governa su un mondo prossimo all’estinzione, e su ciò che resta dell’umanità. “Anarcocapitalismo terminale” è l’espressione che meglio di tutte fotografa l’assetto politico-sociale in cui la Mega Corporation prospera. Milizie private hanno ereditato il controllo  della sicurezza: sono allo stesso tempo forze di polizia e unità militari, impegnate in una guerra senza quartiere che estremizza la rottura di simmetria delle guerre contemporanee e le vede contrapposte tanto alle cellule terroristiche della Jihad Teologale, quanto ad altre brigate rivali. Su questo sfondo si muovono gli ultimi resti di leggendarie squadre speciali denominate Hunter/Killer, messe fuori legge dopo le sperimentazioni tentate dalla Nano-System Division della Gottschalk MC sul potenziamento dei guerrieri in chiave postumana, in seguito all’evento passato alla storia come Golconda Incident. Due dei reduci sopravvissuti a Golconda, in particolare, sono ancora in azione, in servizio a diverso titolo per la Mega Corporation: Karl Adrian Dekker e Ivor Guillermo Skinner. A loro insaputa, sono i protagonisti di una partita finale, che nell’ambito del Protocollo Juggernaut dovrà dare inizio al programma definitivo: il Progetto Magellan.

«Juggernaut» non è un eufemismo: come il termine sanscrito da cui deriva, indica una forza distruttiva spietata e inarrestabile. E il programma che vede Dekker contrapposto allo Skinman si consumerà senza esclusione di colpi, in un esperimento controllato di selezione post-darwiniana, finalizzato a individuare il più adatto dei due a caricarsi sulle spalle la missione top secret classificata sotto il nome in codice «Magellan».

Immaginate di prendere Se gli androidi sognano pecore elettriche di Philip K. Dick – o, meglio ancora, la sua epocale trasposizione cinematografica: Blade Runner – e incrociarlo con la violenza estrema e il mondo post-apocalittico di Mad Max o di Ken Il Guerriero, e avrete solo un’ombra remota di ciò che vi aspetta in queste pagine. Aggiungete le suggestioni della saga del Cavaliere Oscuro reinterpretata al cinema da Christopher Nolan, e avrete mosso qualche passo avanti verso la reale sostanza di questo lavoro. La scrittura di Altieri è chirurgica: affilata come un bisturi seziona il racconto in fette sottili, scompone l’azione nei suoi elementi primari e separa il superfluo dall’essenziale. Ciò che ne risulta è uno stile densissimo, capace comunque di rendere l’effetto di una modulazione per ricalcare i registri caratteristici di ciascun personaggio e dettare in questo modo il passo della narrazione. Si va così da brani concitati ad altri più contemplativi, in una girandola di punti di vista che riesce a valorizzare anche i comprimari. Molte informazioni vengono inoltre trasmesse attraverso inserti utilissimi a ricostruire lo scenario, con un espediente che in ambito sci-fi sembra richiamare le soluzioni di John Brunner.

Quella che viene preservata, spinta alla concentrazione estrema, è la densità dell’informazione. Un bellissimo campione si trova proprio nell’ultima pagina del libro, che riporto fuori da ogni rischio di spoiler: “Ribollente olocausto purpureo alla temperatura dei nuclei stellari”. Ma fin dalla prima pagina è così: Altieri pondera ogni elemento grammaticale con l’intento di massimizzarne l’effetto. Pesa gli articoli, seleziona gli aggettivi con piglio certosino, annienta le coordinate e preferisce gli incisi alle proposizioni subordinate. Il risultato non è dei più accessibili, eppure mostra un equilibrio e una coerenza ammirevoli. In alcuni passaggi la sua scrittura sembra addirittura mutuare la tecnica del cut up & fold in resa popolare da William S. Burroughs, per esempio nel contrappunto che intreccia le voci e i punti di vista dei diversi personaggi.

Mostrate le sue migliori doti di raffinato orchestratore di plot, Altieri si toglie poi più di uno sfizio proprio con i personaggi. A partire da Dekker, che viene suggerito possa essere il Kurt Caleb Braden di Kondor e Ultima Luce, ma anche il Kurt Dehn de L’Occhio Sotterraneo (1983), e forse addirittura Karl Adrian, principe von Dekken, della Trilogia di Magdeburg: una singolarità a pieno titolo, un’anomalia che attraversa la storia dell’umanità, come già visto fare a Jean-Jacques Deveraux, altro personaggio ricorsivo di Altieri, ma non solo a lui. Qualcuno ricorda Benjamin Yurick, l’aviatore che ricorre in diverse altre opere e che guadagna un ruolo centrale in Phoenix, un racconto che è sempre più lo snodo di tutte le trame altierane? E in effetti, oltre che con i romanzi citati, Juggernaut presenta connessioni altrettanto se non più forti ancora con alcuni dei racconti che spiccano maggiormente nel corpus di Altieri, su tutti proprio Phoenix e Certificato Omega, entrambi inclusi nella raccolta Armageddon.

La rete dei riferimenti non toglie gusto e piacere alla lettura, ma di certo lusinga la conoscenza sistematica del lettore più fedele. Juggernaut resta comunque un romanzo del tutto godibile singolarmente, che avvince dalla prima all’ultima pagina e lascia il lettore con il fiato sospeso, trepidante di conoscere ciò che il Progetto Magellan riserva a Dekker. Ottima a tal proposito l’idea dell’editore di includere in coda al volume il trailer tutto da leggere del prossimo volume (Magellan, in uscita nel 2014), che ci ricorda come questo sia solo l’inizio. Il meglio deve ancora venire e le premesse perché il quadro globale superi la somma dei valori delle singole parti ci sono tutte. Per comprenderne davvero lo spessore, non vi resta che saggiarne la consistenza a partire da questo romanzo, calandovi fino al collo nella morchia e nel fango che ricoprono il mondo dopo la Mega-Depressione, alla fine di tutte le guerre, dove imperversano il caos e la paura. In attesa di cavalcare la Spinta Off-World, e conoscere le insidie in agguato negli abissi del cosmo come in quelli della mente, appena oltre la soglia dello spazio.