Incontrastato predominava il marrone.

Nessun altro colore era accettato in quella radura, eccezione fatta per il piccolo trattore arancione di Giggs, che nel panorama si stagliava come un fastidioso foruncolo su di un crespo viso ocra.

Il vento tra i declivi era tagliente e non essendoci in pratica nessun riparo naturale, solo il veicolo proteggeva il lavoro di Giggs. Il geologo, appena estratta dal treppiede la trivella per i carotaggi, storse leggermente la bocca: la sua espressione poco entusiasta non lasciava dubbi, quindi si alzò e si mise a digitare sulla tastiera del cavalletto.

Gigg >to> Stratos

Oggetto: qualità inadatta-

Percentuale argilla oltre il 22,8%. Instabilità del terreno. Sposto il faro segnale dell'escavazione a nuove coordinate. Tragitto di congiunzione modificato. Riassetta il programma del raggio d'allineamento.

Finita la battitura, l'uomo alzò istintivamente la testa. Un punto precedentemente non inquadrato si era infilato nella sua visuale.

L'imprevisto impartì precisi impulsi e le squame di tungsteno che componevano la sua tuta ad armadillo scivolarono l'una sull'altra, chiudendo il geologo in un'impenetrabile difesa. Il bozzo formato giaceva immobile di fianco al mezzo e ora neppure una cannonata l'avrebbe aperto.

Internamente lo schermo della camera periscopica si accese, mettendo a fuoco l'intruso. Si trattava di un cane randagio, un disperato pulcioso magro più di una lisca di rogna. Con uno slancio dimesso la bestia si alzò tremolante e, compiendo una traiettoria sciancata, alquanto ridicola, sparì dietro una frangia del terreno. Giggs continuò a osservare incuriosito.

La fresa dell'escavatore improvvisamente rallentò e il diluvio di detriti iniziò a scemare. La fase indicava che la profondità finale era stata raggiunta. Le selve di pistoni poste sotto il braccio telescopico, sfiatando, iniziarono a stendersi. In cima al ramo meccanico lo spreader che reggeva il blocco motore iniziò ad alzarsi sfilando lentamente la fresa dal terreno.

A quel punto Stratos uscì dalla garitta protettiva. Sulle scaglie della sua tuta ad armadillo si era accumulato almeno un centimetro di pulviscolo. Il tecnico, in modo poco convenzionale, usando uno sfiato motore, si sparò via la sabbia. A pulizia compiuta, scese le scale che correvano accanto all'escavatore e raggiunse la fossa: sembrava soddisfatto.

Tra analisi del terreno e messaggi tecnici, Giggs si sentiva sempre più osservato. L'animale sembrava si fosse autoadottato e ormai, con garbo, lo tallonava in ogni spostamento. Lo faceva in modo schivo e defilato, tuttavia il disperato randagio supplicava più con quella sua spettrale presenza che con la forza di mille latrati.

Il geologo sapeva a cosa andava incontro, sapeva che con quel gesto non se lo sarebbe più levato dai piedi, ma la pena provata per quell'animale era straziante e necessitava uno sfogo. Prese una scatola di carne dalla sua riserva personale, strappò il coperchio e con un cacciavite ne versò a terra il contenuto.

Compiendo l'operazione s'avvicinò di qualche metro al cane. L'animale indietreggiò con la coda tra le gambe, ma appena Giggs s'allontanò si fece sotto; il cane sembrava indeciso, e nonostante l'aspetto invitante dei sugosi bocconcini indugiava spostando continuamente l'offerta con la punta del muso.

Il tecnico pensò che forse il cibo non era di suo gradimento o, peggio, che in quella carcassa ambulante la paura e la diffidenza avessero il sopravvento sulla fame.