- Non so cosa dirti, la mia ignoranza in questi casi è totale - ribatté Alex imbarazzato.- È una situazione comune, non preoccuparti. Oggi è importante conoscere il computer, l'elettronica e tutto ciò che ha tasti e leve, perdendo così d'occhio le cose più semplici e che in un certo modo ci sono più vicine. Purtroppo viviamo in un mondo di pacifica ignoranza e non possiamo far altro che adattarci. Comunque intendevo quei fiori là, sono mughetti.Alex si avvicinò titubante. - Accidenti, profumano!- Eh, eh... - sghignazzò Corvini. - Può sembrarti strano, ma ti assicuro che è quasi una costante. Ora però continuiamo, tra un po’ saremo introdotti alla presenza del signore e padrone del Parco.- Devi venire spesso, ne conosci ogni palmo.- No, non spesso, solo quando la pensione mi permette di acquistare un biglietto, il che è abbastanza raro.

L'abbozzo di un sentiero si era intanto delineato, appena intuibile. L'erba si apriva docile, silenziosa; sembrava seguire la loro andatura, adattandovisi con impercettibili movenze. Alcuni animali attraversarono veloci quel piccolo viottolo, accompagnati nei loro giochi dai mugolii soddisfatti di Corvini. E infine accadde.

Dapprima fu come un brontolìo sordo, una sorta di borbottìo roco che si insinuava prepotente tra la vegetazione, arrivando a loro smorzato ma perfettamente udibile. Poi quel rumore di fondo prese sempre più coscienza di sé, divenendo prorompente. Lo sguardo perplesso di Alex dovette sembrare molto divertente a Corvini, tanto da costringerlo a una spontanea e fragorosa risata.

- Sai - disse qualche secondo dopo, - fa sempre lo stesso effetto a tutti. È facile riconoscere chi viene per la prima volta.

- È impossibile sapere cosa aspettarsi in questi posti - replicò Alex.

- No, non impossibile, soltanto improbabile. Ma dimmi - continuò Corvini con fare serio, - c'è un motivo particolare che ti ha spinto a scegliere il Parco del Chienti? Di solito si preferiscono quelli più famosi. Dicono che Amazzonialand sia semplicemente incredibile, così come quello alle Sorgenti del Nilo, oppure Yangtze Kiang Park in Cina. Il posto dove siamo ora ai più è quasi sconosciuto.

- La mia famiglia è originaria di queste parti. Per me è stato come tornare indietro nel tempo; ritrovare i luoghi dei miei avi dà una strana sensazione, una specie di euforico collegamento temporale con la loro epoca. Forse non mi sono neanche reso conto di aver scelto questo posto.

- Capisco - sospirò Corvini. - La potenza della finzione. Estrarre dal cilindro il proprio passato è inebriante ma, quando tutto sarà finito, può anche lasciare solo delusione. - Si voltò verso Alex. - Il Parco si estende per decine e decine di chilometri, coprendo una vasta area; sai con esattezza da dove proviene la tua famiglia?

- Mio padre mi ha spesso parlato di una certa Tulcity.

- Ah! Proprio qui vicino quindi, la visiterai?

- Non credo, purtroppo ho poco tempo e non posso fermarmi a lungo. Dovrò rimandare.

- Già, il tempo, l'eterna incognita della razza umana.

Come troncato da un taglio invisibile, il sentiero si arenò improvvisamente in una piccola radura. Al di là, maestoso, comparve il fiume. La fitta vegetazione produceva un’eco insistente che decuplicava la sua voce, ma lì, a pochi passi di distanza, quel ruggire possente si trasformava in un pacato lamento. Alex non sapeva dove guardare.