Inutile far finta di niente, stiamo vivendo in un romanzo di sci-fi sociologica.

Dall’inizio della pandemia, giorno dopo giorno, abbiamo imparato a cambiare i nostri comportamenti, e con noi stanno cambiando la società ed il mondo in un susseguirsi di eventi che è stato descritto in toni profetici da tanti autori di fantascienza.

Ovviamente nessuno ha davvero predetto nei minimi particolari quanto oggi viviamo, e la prova, se vogliamo, ce la offrono, visivamente parlando, quelle produzioni cinematografiche o seriali che “tornando al passato” delle proprie storie introducono tecnologie incongruenti con i primi film o serie nate nella seconda metà del secolo passato.

Ma i concetti generali no, quelli sono stati evidenziati con precisione, spesso in racconti o romanzi che potevamo giudicare addirittura eccessivamente pessimisti o angoscianti.

Qualche citazione a braccio. The Space Merchants di Frederik Pohl e Cyril M. Kornbluth nel 1952 che racconta lo strapotere del commercio in tutte le sue forme, e dell’esistenza umana giustificata solo in quanto consumatori/acquirenti di prodotti sotto la guida di una pubblicità sempre pù intrusiva; la rete di comunicazione mondiale con i suoi problemi di sicurezza descritta in The Shockwave Rider, di John Brunner nel 1975; una presidenza USA che ricorda da vicino quella appena conclusasi in The Panchronic Plot, di Ron Goulart nel 1977 e tutto questo ovviamente senza scomodare i Grandi Classici come 1984 di George Orwell che nel 1948 descriveva non solo il perfetto controllo della popolazione ma anche il costante revisionismo storico e culturale per rimuovere eventi, artisti e opere giudicate scomode, fino ad arrivare  alle decine di romanzi che hanno indicato in una pandemia o nel riscaldamento globale l’innesco dell’apocalisse.

Sempre noi lettori cresciuti a pane, Libra, Mondadori e Nord (in stretto ordine alfabetico) eravamo, però, abituati ad intervallare romanzi e racconti di questo tono con altri che ci portavano a spasso tra le stelle, in mondi fantastici ed avventure mozzafiato. E questo provocava divertenti confronti tra quelli che amavano un certo tipo di storie rispetto ad altre. Durante una di queste dispute bonarie mi capitò di sentir dire da qualcuno che la differenza tra i due tipi di autori, storie e lettori era che alcuni preferivano camminare con gli occhi puntati alle stelle mentre altri guardavano solo alla Terra e ai suoi problemi.

Se all’epoca tutto questo poteva sembrare più una questione “da fissati” (i termini nerd e geek erano ben lontani dall’essere coniati) a ben guardare la nostra attualità non lo è più tanto.

Ogni opera letteraria ha una sua dignità, a qualsiasi genere appartenga, ma lo sguardo di chi si è dedicato a una qualsiasi delle sfaccettature della fantascienza è da sempre guidato dalla curiosità di immaginare cosa l’umanità possa combinare nel suo cammino evolutivo. Oggi, nel 2021, stiamo apprezzando la nascita del Solarpunk, che tende a fornire una visione positivistica del futuro ma che, purtroppo, può apparire ancora più utopistico di quanto potessero sembrare i romanzi sopra citati quando uscirono.

È vero, abbiamo bisogno di sogni, ma anche di incubi, dobbiamo guardare a stelle e pianeti senza dimenticare che per ora ne abbiamo solo uno, e sarebbe nostro dovere averne cura visto che è la nostra casa comune. Insomma la chiave di volta, così spesso raccontata dalla fantascienza, è quel decisivo momento in cui l’umanità intera si unisce contro una minaccia comune e la sconfigge e, dopo averlo fatto, capisce che rimanere uniti ed aiutarsi gli uni gli altri è l’unico modo per vivere da cittadini dello spazio.

Nel romanzo che stiamo vivendo questo momento non è ancora arrivato, e forse non arriverà mai. Guardiamoci attorno.

Siamo ancora chiusi nei nostri piccoli gruppi e ci affanniamo ancora ad usare gran parte del nostro potenziale solo per mantenere diritti e privilegi di un ristretto status quo, non riusciamo a sviluppare un vero sguardo planetario, non riusciamo a capire che senza confrontarci apertamente per riuscire a prenderci realmente cura di tutto quello che ci circonda, ma forse resta per noi “troppo alieno”, su questa Terra non andremo da nessuna parte.

Magari questa consapevolezza potrebbe arrivare se, in un guizzo di pura utopia, decidessimo di aiutare ogni occupante del pianeta ad aprire la propria mente perché la possa creativamente impiegare per il bene comune e non solo per ottenere i famosi effimeri “dieci minuti di celebrità” contribuendo alla diffusione di fake news o leggende metropolitane.

Ma qui andiamo a scontrarci con un grande nemico, quello evidenziato dalla frase di Friedrich Schiller che Isaac Asimov prese come ispirazione per il suo romanzo del 1972: “Contro la stupidità neanche gli dei possono nulla."