Il cacciatore di sirene, il romanzo di Domenico Mortellaro vincitore del Premio Kipple 2019, è disponibile su www.kipple.it e nelle principali librerie online, in formato digitale e cartaceo. La copertina è a cura di Ksenja Laginja.

Nell’Italia buia del Ventennio, un caso provinciale di follia vede protagonisti un direttore del manicomio, un ispettore di Polizia inviato direttamente da Mussolini, e Carl Gustav Jung. L’autore tratteggia con la maestria del romanzo non di genere i profili dei personaggi, facendo risaltare prepotentemente i sussulti weird dell’assurdo che s’insinua sotto la soglia del reale. Un’interpretazione magistrale da parte di Mortellaro che pone l’autore nell’olimpo dei nuovi narratori del Fantastico e del mainstream

Il libro

Un romanzo che va oltre il racconto di genere. Domenico Mortellaro vince il Premio Kipple 2019 con una storia che fa del Fantastico la sua bandiera, mentre racconta fatti verosimili e derive immaginifiche di un’Italia fascista, nella Provincia più profonda dove in un manicomio criminale si fronteggiano il direttore della clinica, un ispettore capzioso e al contempo brutale – inviato da Mussolini in persona – e Carl Gustav Jung, impegnato in un ruolo di cesura che ben si attaglia con le intuizioni della Sincronicità.

Il cacciatore di sirene è un teatro dell'assurdo e del weird che esplora i fantasmi del nostro presente, mai sopiti e soprattutto, mai morti.

Estratto

Le lenzuola bruciano. Il materasso è un catino che ribolle. Spingo via tutto. Anche i pantaloni da notte. Li sfilo fin quasi a strapparli. Scalcio. Non vogliono sapere di venire via. Mi libero e mi volto pancia sotto. Sprofondo la testa nel cuscino.

Non voglio vedere, non voglio vedere, non voglio vedere.

Davanti agli occhi ho ancora quella faccia secca. Quel fil di ferro ritorto in due cerchi sgangherati, a fare da montatura a fondi di bottiglia buoni per le talpe. Ce l’ho sotto gli occhi, non vuole andare via, non vuol saperne di sparire. Sprofondo ancora di più il viso. E quando tutto attorno davvero sembra buio abbastanza, acchiappo i lati del cuscino con le mani e me li premo sulle orecchie.

Non parla, ma lo sento.

Sento i rumori. Sento le gocce di sangue che colano dalle sue dita sul pavimento, picchiettando il marmo, gocciolando nella pozza. Sento il respiro catarrale di quell’uomo, i suoi ansimi. Muto. Non dice una parola. Resta lì, fermo, proprio come qualche sera fa, quando me lo sono visto alle spalle, nell’ombra. Immobile. Storto come un tronco rachitico.

Premo più forte e non c’è verso di scacciare quel respiro. Trattengo il fiato per fugare ogni dubbio: quel che sento non è il mio. Passi. Passi che rimbombano. Nella testa. Nel petto. Sempre più forti. Sempre più decisi. Ritmati, in cadenza. Rombano. E schioccano così forte da far ballare anche il materasso. Sbalzarlo in su e risucchiarselo dietro un rintocco dopo.

Mi entra nelle orecchie, quel suono. Mi sfonda i timpani e corre alle tempie. Pulsa. Schiaccio la faccia nella stoffa, affogando i respiri nella palude delle piume d’oca. E quei tonfi ritmati mi arrivano in gola, a spingere giù il respiro. È il mio cuore, questo; ne sono certo. E non posso fermarlo. Non posso chiedergli di smettere. Mollo la presa, per non soffocare. Alzo il viso e nella penombra le volute di ferro battuto della spalliera del letto, lì di fronte, di colpo si trasformano in quegli occhiali che sembrano vortici di filo spinato.

Crollo di nuovo faccia in giù. Grido forte, schiacciando di più la bocca per provare a non sentirlo nemmeno io, quell’urlo disperato.

Premo fuori tutto. Spingo. Spingo e provo a sbattere tutto fuori, in preda alla furia. Finché la gola non mi scoppia, non si rivolta fuori graffiandosi. Finché non ho più fiato e i polmoni sono due palloncini sgonfi, avvizziti. E di colpo sento freddo.

La quarta

Nell’Italia buia del Ventennio, un caso provinciale di follia vede protagonisti un direttore del manicomio, un ispettore di Polizia inviato direttamente da Mussolini, e Carl Gustav Jung. Il cacciatore di sirene è un teatro dell'assurdo e del weird che esplora i fantasmi del nostro presente, mai sopiti e soprattutto, mai morti.

L’autore

Domenico Mortellaro, barese, classe 1979, criminologo e sociologo.

Ha tirato di boxe, ama i gin tonic fatti bene, i caffè veri e l’Internazionale Football Club. Scrive di Male e altre barbarie; poco importa se siano saggi sulle mafie italiane o profili criminali. Oppure romanzi e racconti che i lettori battezzano noir, weird, splatter o cyberpunk.

I suoi primi racconti compaiono attorno al 2003 negli eBook di latelanera.com con lo pseudonimo di Aleks Kuntz. O nelle antologie Giallo Scacchi, Limite acque sicure o Tutto il nero d’Italia. È il 2016 quando pubblica Controllo remoto e Clotilde Secret Files #1 per il ciclo di Archology e il romanzo horror storico Quelle povere criature. L’anno dopo è tra gli autori che per primi rispondono alla chiamata di Forlani e Davia e nell’antologia Thanatolia partecipa con tre racconti. Nel luglio del 2019, per la collana “Futuro Presente” di Delos Digital sforna Carne o ferro, un romanzo breve di fantascienza sociale. Se c’è una cosa che detesta, però, è dover accettare che nella narrativa esista una “questione di genere” che obbliga a disegnare steccati e rinchiuderci dentro le storie.

Fuori dal mondo della narrativa di evasione, ormai dal lontano 2006, ha pubblicato saggi sul profiling, sulle biografie criminali e sulle mafie pugliesi. Oltre a scrivere per quotidiani e settimanali di cronaca nera e periferie. Nel poco tempo che famiglia, professione e narrativa d’evasione gli lasciano libero, educa piantine a diventare bonsai, visioni a diventare fotografie e bpm a diventare musica. In effetti, chi lo conosce bene dice che 24 ore gli sembran poche.

Domenico Mortellaro, Il cacciatore di sirene, copertina di Ksenja Laginja, Kipple Officina Libraria, Avatar, pagg. 184 Euro 15, formato ePub e Mobi euro 3,95.