Chi è oggi sopra i trent'anni ricorderà che c'è stato un periodo mitologico nella storia del cinema d'azione - coincidente grosso modo con il controverso ultimo decennio del secolo scorso - in cui l'home video era dominato dallo scontro titanico tra due attori monolitici, che sembravano riproporre, fatte le debite proporzioni di ambizioni, bravura, budget e incassi, la rivalità che negli anni '80 aveva contrapposto Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger.

Stiamo parlando di Steven Seagal e Jean-Claude Van Damme. Entrambi interpreti di un cinema fatto di poche parole e di molte botte, il più delle volte scambiate in scene sapientemente costruite in sede di montaggio, si differenziavano principalmente per i rispettivi gusti in materia di generi. Fin dai suoi primi passi nel mondo del cinema, l'ex-lottatore di origine belga non disdegnò infatti di cimentarsi con tematiche sci-fi, anche a costo di farlo con produzioni che sarebbe generoso definire di serie B.

Dopo l'esperienza con Albert Pyun in Cyborg (1989), tra il 1992 e il 1994 Van Damme toccò l'apice della carriera proprio in due produzioni fantascientifiche dal budget importante, che riuscirono a ripagare lo sforzo produttivo sfondando il tetto dei cento milioni d'incasso: I nuovi eroi (Universal Soldiers) dell'allora poco più che esordiente (ma già promettente per il botteghino) Roland Emmerich e Timecop del veterano Peter Hyams. Se è possibile tuttavia considerare il primo come un film cucito su misura per i suoi due protagonisti (qui lo scattante karateka delle Fiandre doveva vedersela con il granitico Dolph "Ti-spiezzo-in-due" Lundgren), autentica attrattiva dello show, il progetto alla base di Timecop, forte del coinvolgimento di Sam Raimi come produttore, era leggermente più ambizioso e solido. Cosa che la Universal sembrerebbe avere implicitamente ammesso mettendo in cantiere un remake della pellicola.

Timecop si fondava infatti sul soggetto di una storia a fumetti pubblicata dalla Dark Horse Comics con un titolo dalla grafia leggermente diversa: Time Cop. L'autore del fumetto Mark Verheiden e l'editore Mike Richardson si affiancarono nella stesura della sceneggiatura e il risultato fu una pellicola dalla storia compatta e dal ritmo serrato, che fa il suo dovere e tiene incollati ancora oggi allo schermo per tutti i 98 minuti della sua durata.

La storia è presto detta: nel 2004 Max Walker (Van Damme) è un agente al servizio di un'organizzazione governativa segreta che gestisce i viaggi nel tempo per preservare la coerenza della storia e la stabilità del presente. La tecnologia del viaggio del tempo è stata infatti trafugata dai laboratori e viene sfruttata da criminali di ogni tipo per i propri loschi interessi. Walker vive anche nel rimpianto della moglie, assassinata dieci anni prima in circostanze mai chiarite. Nel corso di un'indagine di routine, l'agente s'imbatte in un piano più vasto, che coinvolge il senatore Aaron McComb (Ron Silver) e si rivela collegato alla scomparsa della moglie. Sventare le mire del candidato alla Casa Bianca diventa quindi una missione personale, con la quale Walker potrebbe saldare i conti con il passato ottenendo allo stesso tempo la giustizia a cui aspira e la restituzione di quanto perduto. Timecop si meritò anche una riproposizione a fumetti (curata sempre da Verheiden) e due dimenticabili capitoli cine-televisivi: una trascurabile serie TV durata la miseria di nove puntate (prodotte dalla ABC nel 1997) e un ancor meno degno di nota sequel diretto all'home video (Timecop: The Berlin Decision, 2003). La Universal sarebbe ora intenzionata a operare un vero e proprio reboot del franchise: il remake potrebbe essere insomma un nuovo inizio per Walker e la Time Enforcement Commission. 

Dopo l'interessamento datato 2010 per questo progetto, sono stati ora investiti del ruolo di produttori Marc Shmuger e Tom McNulty. Purtroppo niente da fare per Jean-Claude Van Damme. Il tempo passa per tutti ed è meno clemente verso chi ha bruciato la sua candela dai due lati. La produzione si occuperà di sopperire ai suoi calci volanti e alle sue pose plastiche. Per la sua simpatia, invece, ci toccherà accontentarci: purtroppo non è stato ancora inventato un software all'altezza.