C'erano una volta i recensori dei giornali. Ricevevano i libri, (a volte) li leggevano, e poi scrivevano la loro opinione sul quotidiano o sulla rivista. Magari stroncando un testo valido, magari esaltando un testo scarso, attirandosi a volte accuse di malafede. Ma il più delle volte erano lavori onesti redatti da gente esperta che sapeva di cosa parlava. Bei tempi? Insomma, ma certo migliori di quelli di oggi.

Col web per un breve periodo abbiamo vissuto una dorata era democratica in cui erano i lettori (o gli acquirenti, nel caso di altri prodotti diversi dai libri), a dare ilo loro giudizio. A volte fuori luogo, spesso inesperto, ma quasi sempre sincero.

Poi la cosa ha cominciato a degradare. Scrittori invidiosi hanno cominciato a pubblicare recensioni negative dei loro colleghi, scrittori (ed editori) vanitosi hanno cominciato ad aprire account fasulli per scrivere commenti a cinque stelle, e via così.

Ben presto hanno cominciato a proliferare blog che offrivano agli editori recensioni in cambio dei libri omaggio, ma la prima svolta è stata quando qualcuno ha avuto l'idea di scrivere agli autori e cominciare a proporre recensioni a pagamento, ovviamente positive, da pubblicare sugli store librari. La cosa non solo ha funzionato ma ha dilagato, al punto che sono nate agenzie specializzate.

Oggi ci troviamo di fronte a un'ulteriore svolta. Un'autrice americana, Beth Black, ha denunciato recentemente di aver ricevuto messaggi minatori, anonimi, che le intimavano di accettare una non meglio identificata offerta di recensione a pagamento. Se non avesse ottemperato, avrebbero cominciato ad apparire sotto i suoi libri, su Goodreads (sito dedicato ai libri di proprietà di Amazon) recensioni molto negative e voti a una stella.

La Black non ha ottemperato, e il suo libro è stato sommerso di recensioni negative. Non solo negative, infamatorie, con accuse di razzismo, misoginia e altre amenità. Dopo questo disastro la Black si è trovata in bacheca l'annuncio di un'agenzia che, "avendo notato i molti voti negativi", offriva di porvi rimedio al modico costo di duecento dollari.

Quando la Black ha denunciato questi fatti sul suo blog, altri autori che avevano subito le stesse angherie si sono fatti avanti. Goodreads ovviamente è stata chiamata in causa, e senza troppa tempestività ha rimosso le recensioni fasulle, ma il giorno dopo ne sono arrivate delle altre.

La Black ha dovuto insistere parecchie volte e attraverso vari canali per ottenere che Goodreads si occupasse del problema. Alla fine ha ottenuto una risposta. Non sappiamo se il problema sia stato risolto definitivamente; al momento i suoi libri sembrano avere tutti voti medi piuttosto alti, quindi forse sì. Almeno per ora.