L’uscita sul mercato americano di River of Gods ci offre il pretesto per parlare di Ian McDonald, uno tra i più grandi scrittori espressi negli ultimi anni dalla fantascienza britannica. McDonald non è esattamente uno sconosciuto nemmeno qui da noi, essendo stati pubblicati da Fanucci due suoi romanzi di ottimo livello come Necroville e I confini dell’evoluzione. A tutt’oggi, comunque, opere fondamentali della sua produzione come Desolation Road, King of Morning, Queen of Day o Ares Express restano inedite in Italia, malgrado il consenso di critica e pubblico riscossi sul mercato inglese. Questo River of Gods, vincitore nel 2005 della penultima edizione dei British Science Fiction Association Award, si presenta fin dal tema e dalle dimensioni (l’edizione statunitense consta di 600 pagine) come un’opera di vastissimo respiro.

Siamo in India, nel 2047, e le cose si stanno evolvendo molto rapidamente. "Un miliardo e mezzo di abitanti, dodici stati semi-indipendenti, nove milioni di dei" come recita la presentazione dell'editore inglese (Simon&Shuster). "La Madre India è tutto ciò che è sempre stata - bellissima e terribile, miserabilmente povera e fantasticamente ricca, inconcepilmente antica e all'avanguardia nella rivoluzione tecnologica. In perpetuo cambiamento, eppure sempre la stessa". La nazione è in preda a una crisi che minaccia di scagliarla nella tragedia di una guerra civile, ma la vita dei suoi abitanti continua ad essere allietata dal popolare spettacolo Town and Country, interpretato addirittura da personaggi che non sono umani, ma elaborazioni di Intelligenze Artificiali. Su questo sfondo si muovono i personaggi del romanzo, tra i quali risalta la figura di Shaheen Badoor Khan, un politico che nasconde un oscuro segreto. Attorno a lui si muovono un poliziotto specializzato nel ritrovare Intelligenze Artificiali ribelli e in fuga, un ricercatore esporto di AI, l’erede di una delle più influenti compagnie commerciali del Paese e una ragazza che nasconde un mistero di natura tecnologica. Dopo aver introdotto questi personaggi (e molti altri) nelle prime pagine che gli servono anche per tracciare le premesse storiche e politiche delle situazioni che poi saranno al centro del romanzo, McDonald si addentra nelle grandi questioni sui cui è imperniata la sua narrazione: la guerra civile incombente, la scoperta di un impossibile artefatto alieno su un asteroide, l’evoluzione delle AI. Si tratta di eventi che, già presi singolarmente, deterrebbero il potere di far esplodere la nostra società, ma McDonald non si accontenta e decide di far detonare la loro carica simultaneamente.

Come spesso accade nelle sue opere, lo scrittore britannico piega i moduli tipici del genere alla sua indagine, che in questo caso assume un rilievo di natura sociale ed economica. La concentrazione del potere nelle mani di poche spietate compagnie, la deriva economica e sociale di una nazione a seguito del suo “imbarbarimento istituzionale”, la diffusione di meraviglie tecnologiche come gli impianti di memoria e le AI, sono tutti elementi di questo futuro che rendono ben chiara al lettore l’idea che l’autore ha della fantascienza e delle sue risorse. Ad essi si aggiunga poi il “reperto alieno” che molto deve alle suggestioni spaziali di Arthur C. Clarke, e il quadro sarà completo. Con un’opera epica e di ampio respiro come River of Gods, McDonald dimostra una volta di più come sia possibile conciliare impegno e senso del meraviglioso, firmando un modello importante per l’evoluzione futura della fantascienza.