Delos 32: Racconto: La guerra coi Rems racconto di

Franco Forte

la guerra coi rems

Le gigantesche paratie del mezzo da sbarco si sollevarono con un frastuono metallico, e dagli scivoli di camminamento le truppe scesero incolonnate, andando a radunarsi nel piazzale dell'improvvisato astroporto.

Rigide sull'attenti sotto il sole impietoso di Auriga IV, le reclute stringevano i fucili in dotazione e le sacche di tela ruvida, in attesa di ricevere ordini dai comandanti di squadra.

Alta Ronoe aveva dimenticato di infilare gli occhiali da sole prima di scendere dal mezzo da sbarco, e adesso era costretto a stringere gli occhi per non farsi accecare dal riverbero. Nella concitazione non ricordava più doveva aveva infilato l'astuccio con le lenti protettive, e quando un piccolo trattore di trasporto si fermò a pochi metri da lui, investendolo con l'ombra della cabina di guida, sbatté le palpebre e rilassò i muscoli contratti del viso. Ancora pochi minuti e le cornee avrebbero cominciato a friggergli come uova in padella. Del resto, non poteva sciogliere la rigida posizione di attenti, non fino a quando il sergente Data non avesse smesso di andare avanti e indietro a pochi passi da lui come un animale in gabbia.

Sul retro del trattore con le ruote che raggiungevano l'altezza delle spalle di un uomo, erano ammassati una ventina di soldati. Alta si rese conto che non erano reclute appena sbarcate, bensì veterani. Le divise erano sbrindellate e decorate da scritte oscene, con medaglie di stoffa al valore che pendevano a grappoli. I caschetti protettivi erano slacciati e girati all'indietro, in un preciso segno di distinzione. Ma quello che più colpì Alta furono gli sguardi vuoti e le espressioni neutre di quegli uomini, come se i loro occhi avessero visto orrori che andavano ben oltre quanto era lecito aspettarsi da una guerra.

Un sottufficiale della polizia militare gridò qualcosa all'autista del trattore, e ben presto questo si mosse lasciando che la luce tornasse a inondare Alta. Nel giro di pochi secondi era già madido di sudore, e il casco si trasformò in un anello di acciaio indeformabile che gli stringeva la calotta cranica.

Per fortuna lo sbarco si completò in fretta, e i comandanti di squadra fecero correre gli ordini attraverso il battaglione, che ebbe un fremito e si mosse con impeccabile precisione verso la periferia dell'astroporto, dov'erano situate le baracche con gli alloggi.

Alta Ronoe marciava in silenzio, guardandosi attorno incuriosito e spaventato al tempo stesso dall'assoluta estraneità del paesaggio. Auriga IV era un pianeta di stampo terrestre con un'atmosfera compatibile con il metabolismo umano, ma le alte e svettanti montagne color cobalto e l'intricata foresta di stampo pluviale che stringeva l'astroporto in una morsa compatta, erano qualcosa che trasudava al primo sguardo la sua alienità.

Durante il corso di addestramento Alta aveva studiato a lungo la conformazione geodetica del pianeta, e sapeva che come la Terra Auriga IV era un autentico mosaico morfologico, nettamente diverso come costituzione geologica, flora e fauna a seconda della latitudine e longitudine. Ma il cielo aveva perennemente quella tinta albuminosa che sembrava scavata nel tuorlo di un uovo e che irretiva la vista, e le montagne erano dita sottili tese verso altezze incommensurabili, al punto che l'Everest sarebbe apparso come un tozzo rilievo smussato, al loro confronto.

Quando entrarono negli alloggi e a ognuno di loro venne assegnata una branda, Alta si chiese per quale motivo aveva deciso di offrirsi volontario. Sulla Terra gli slogan patriottici si ripetevano incessantemente in olovisione e negli spot pubblicitari subliminali, ma lui sapeva che non era per quello che aveva deciso di arruolarsi. Tutti i suoi amici l'avevano fatto da tempo, persino Elena, la sua ragazza, e i bollettini di guerra confermavano che il conflitto con i Rems era in una situazione di stallo. Gli alieni si erano impadroniti di Stige, satellite primario di Auriga III, il più grande pianeta del sistema, ma le truppe terrestri avanzavano senza ostacoli su Auriga IV. Se fossero riusciti a conquistarlo entro la fine dell'anno, la guerra avrebbe avuto una svolta decisiva per gli umani. E questo era un punto importante, perché chi ne fosse rimasto fuori sarebbe stato tacciato di vigliaccheria.

Alta sapeva che suo padre sarebbe morto, per questo. Così aveva accettato di firmare la richiesta volontaria di arruolamento ed era partito.

Adesso si trovava su Auriga IV, ed entro breve tempo avrebbe fatto conoscenza con i terribili Rems, i nemici di cui sulla Terra erano noti la ferocia e la spietata disumanità.

Lui non sapeva come avrebbe reagito, quando fosse stato il momento di premere il grilleto. Ma non di meno aveva potuto tirarsi indietro.

Il comandante Nokeda in persona suddivise le squadre e assegnò gli incarichi. Alta Ronoe e Duncan Tyree si recarono insieme al tavolo del sergente Data quanto i loro nomi esplosero nella baracca.

-- Plotone 17 -- berciò il sottufficiale consegnando loro le piastrine di riconoscimento e un flaconcino di plastica contenente delle pasticche colorate. -- Presentatevi al centro di smistamento per ricevere l'attrezzatura supplementare. Questa notte dormirete qui, ma domani mattina all'alba vi voglio pronti per trasferirvi a destinazione. -- Indicò il flaconcino. -- Buttate giù una di quelle ogni tre ore fino a esaurimento. tutto.

Alta osservò perplesso le pasticche. -- Di che si tratta?

Il sergente Data lo fissò come se avesse bestemmiato.

-- Chi ti ha detto di fare domande? -- ruggì. -- Obbedisci agli ordini e togliti dai piedi.

Strattonato da Duncan, Alta si allontanò dal tavolo sentendosi rodere dentro per la rabbia. Non era abituato a sentirsi trattare in quel modo.

-- Figlio di puttana -- sibilò quando furono abbastanza lontani dal sergente Data.

-- Lascia perdere, amico -- cercò di calmarlo Duncan Tyree. Aveva i capelli color saggina raccolti a coda di cavallo, e nessuno gli aveva ancora detto niente, forse perché sui pianeti di frontiera il regolamento trovava nuove e inedite interpretazioni. -- Siamo in zona operativa, non scordarlo. Se vogliono, ti scorticano vivo e ti rispediscono a casa con un certificato di inettitudine.

Alta Roneoe masticò parole grosse in silenzio. Sapeva che Duncan aveva ragione, e quello era un motivo in più che riusciva a farlo infuriare. Se l'avessero rimandato indietro con un certificato di inettitudine suo padre ci sarebbe rimasto secco sul colpo, e la sua vita sarebbe stata irrimediabilmente segnata. Non avrebbe trovato uno straccio di lavoro da nessuna parte, con quel marchio stampato addosso a caratteri cubitali.

Duncan Tyree gli fece segno di seguirlo fuori della baracca, sotto l'ombra rinfrescante del tetto di lamiera. Lì si riusciva quasi a respirare.

-- In ogni caso -- affermò mostrandogli il flaconcino con le pasticche colorate, -- queste non sono altro che dei riequilibratori di azoto. L'atmosfera di Auriga IV non è esattamente come quella della Terra. troppo ricca di azoto e di altri gas nobili. Le pasticche servono ad aiutare l'organismo ad adattarsi e a mantenere una respirazione regolare. Se non le prendessi, potresti avere dei problemi seri.

Alta annuì con una smorfia, stappò il flaconcino e si versò una pasticca sul palmo.

-- Alla salute di quello stronzo di Data -- disse, rovesciando all'indietro la testa e ingoiandola. Duncan l'imitò sghignazzando, e in quel momento due militari che indossavano pantaloncini corti e maglietta fuori ordinanza sbucarono da dietro il lato orientale della baracca. Si avvicinarono guardandosi attorno con aria circospetta.

-- Ehi, amici -- disse uno dei due, un tizio alto e allampanato con la pelle del viso cotta dal sole. -- Quella merda non vi servirà a niente.

-- Ma certo -- aggiunse l'altro leccandosi le labbra. -- Da domani comincerete a sentirvi male, vi verranno le vertigini e la cacarella, saranno cazzi riuscire a raggiungere gli avamposti di destinazione.

-- Date retta a noi, sono solo storie che vi raccontano per tenervi buoni.

Duncan Tyree alzò le mani e li guardò con espressione ostile. -- Sentite -- cercò di dire, ma quello alto strinse gli occhi e digrignò i denti.

-- Forse non mi credi, pivello? -- chiese. -- Pensi che ti stia prendendo per i fondelli?

-- Non è quesro, noi

-- Voi fareste bene a seguire i consigli dei veterani -- affermò il più basso dei due facendo un cenno al compagno, che estrasse dalla tasca dei pantaloncini una busta di cellophan trasparente. -- Questo è il solo rimedio che esiste. Se non volete lasciarci la pelle entro le prossime 24 ore, vi conviene assaggiarlo e tenervelo stretto.

-- Che cos'è? -- chiese Alta osservando dubbioso la bustina.

-- Snoze -- rispose il militare. -- Puro al cento per cento.

Duncan e Alta sobbalzarono per la sorpresa. Guardarono ancora la bustina gonfia di una polvere rossastra come se si trovassero di fronte a un Rems armato di tutto punto.

-- Questo è Snoze? -- chiese ancora Alta. -- La droga della lunga vita?

I due militari sogghignarono sprezzanti.

-- No, amico -- disse quello più basso, -- allora non sai proprio niente. Sei vergine come una puttana mutante.

Alta arrossì ma non replicò nulla. Il tizio alto e allampanato affondò un po' di più nell'ombra che pioveva dal tetto della baracca, mentre l'altro lanciava un'occhiata attorno.

-- Non abbiamo molto tempo, mocciosi -- disse infastidito. -- Questo è Snoze puro, non trattato. La longevità è un effetto collaterale dell'assestamento chimico, ma su questo pianeta di merda non possiamo lavorarlo. La polvere è la matrice da cui deriva la droga della lunga vita, e vi assicuro che è già abbastanza. Può darvi tutta la forza e la stabilità che vi occorrono per tirare avanti.

Duncan Tyree era incerto ma eccitato al tempo stesso. Aveva sentito parlare della droga della longevità, ma non l'aveva mai vista prima.

-- Quanto costa? -- chiese.

-- Dammi quello che hai -- rispose il veterano più basso.

Alta avrebbe voluto intervenire per cercare di dissuadere Duncan, ma questi estrasse il portafogli e ne cavò il blocchetto della sussistenza nuovo di zecca, che porse all'uomo che reggeva lo Snoze.

-- tutto -- disse.

I due veterani ringhiarono di rabbia, ma in quel momento una camionetta della sorveglianza passò sul piazzale rombando.

-- Figlio di puttana -- commentò l'uomo alto strappando dalle mani di Duncan il blocchetto della sussistenza e lasciando cadere a terra la bustina di Snoze. Si dileguarono in fretta, e le due reclute non persero tempo a imitarli lanciandosi all'interno della baracca.

-- Perché l'hai fatto? -- chiese Alta al compagno quando furono al sicuro in un angolo appartato.

-- Lo sai quanto vale un grammo di questa roba sulla Terra? -- gli chiese Duncan con gli occhi che brillavano. -- Più di quanto potresti guadagnare in un anno di lavoro. E qui -- soppesò il sacchettino, -- ce n'è per almeno una ventina di grammi. Cazzo, fratello, sono ricco.

Alta Ronoe lo guardò accigliato, poco convinto che fosse stato così facile concludere l'affare in cambio di un semplice blocchetto della sussistenza, ma non disse niente. C'erano ancora troppe cose che dovevano imparare su quel pianeta, e una di queste riguardava certamente lo Snoze, l'elemento base per la preziosa e costosissima droga della lunga vita che soltanto i ricchi e gli uomini più potenti della Terra potevano permettersi. Una droga che, si diceva, se assunta regolarmente poteva quasi raddoppiare la vita di un uomo, scardinando le basi biologiche imposte dalla natura.

Ma si trattava di un prodotto così raro e difficile da trovare, che Alta aveva sempre creduto si trattasse di una specie di leggenda.

Eppure, qualcosa dentro di lui gli diceva che la polvere rossa che Duncan aveva acquistato era veramente Snoze. Il suo collega avrebbe dovuto fare attenzione a non assumerla prima di informarsi sugli effetti che poteva provocare. Nessuno di loro sapeva esattamente quali fossero gli influssi di quella roba sul metabolismo umano.

E lui era più che deciso a non lasciarsi attrarre da vani miraggi di lunga vita che non poteva in nessun modo verificare.

La marcia serrata stava per sfiancarlo, e quando finalmente il caporale decretò l'alt, sia lui che Duncan si lasciarono cadere a terra sotto il peso degli zaini tattici.

-- Voglio due uomini di pattuglia -- ordinò il caporale Sakata indicando due reclute. -- Tu e tu. Fate attenzione a tutto quello che si muove.

I due giovani militari annuirono stancamente e si alzarono, andando a sistemarsi in testa e in coda al gruppo, con i visori ottici abbassati e i pannelli di rilevazione che pulsavano sommessamente. Quelle apparecchiature erano in grado di registrare selettivamente ogni movimento nel raggio di venti metri e di segnalare all'operatore quale genere di creatura (se catalogata) si stava avvicinando.

Alta Ronoe succhiò un sorso d'acqua dalla cannuccia che pendeva dal caschetto e si deterse il sudore dal viso. Anche nelle prime propaggini della foresta che ricopriva quel tratto di continente il caldo era una morsa opprimente che non dava tregua. Aveva cominciato a subire i primi sintomi derivati dalla ricchezza di azoto nell'aria, e più di una volta i suoi occhi l'avevano ingannato, facendo comparire oscure ombre in movimento nel fitto del sottobosco. Eppure i tracciatori non avevano segnalato nulla, restando perfettamente inerti, e lui stesso aveva dovuto convincersi che si trattava degli effetti dell'iperstimolazione azotata nel suo sangue.

Non aveva mai mancato di ingerire le pastiglie come prescritto, ma ormai il flaconcino era quasi vuoto e il suo fisico non si era ancora adattato.

-- Se provassimo con questo? -- gli aveva detto Duncan estraendo il sacchetto con la polvere rossa. Il suo compagno sembrava ancora più stremato e provato di lui, a un passo dal crollo.

-- Mettilo via! -- aveva ringhiato Alta guardandosi attorno. -- Sei pazzo? Quella roba è proibita.

Duncan si era stretto nelle spalle senza replicare.

Quindici minuti più tardi il caporale Sakata ordinò di riprendere il cammino, e Alta si tirò in piedi stancamente. Sistemò lo schermo tattico come gli era stato raccomandato e accese il visore. Immediatamente si accorse della segnalazione di movimento, ma prima che potesse aprire bocca un'esplosione divampò a pochi metri da lui scagliando in aria il caporale e altre due reclute.

Uno schizzo di sangue e terra frustò Alta in pieno viso, e subito la foresta sembrò animarsi di spettri che comparivano da ogni parte, facendo urlare i sistemi di rilevazione.

-- A terra! -- gridò qualcuno. -- Fuoco a gradiente 15!

Alta si lasciò cadere in avanti respirando con la bocca e caricò il fucile, rabbrividendo in tutto il corpo e ricordando con terrore le lezioni tattiche durante le quali il maggiore Spilt aveva spiegato loro la ferocia disumana dei Rems.

-- Quelle creature immonde sono bestie senza scrupoli -- aveva dichiarato l'ufficiale. -- Se correte il rischio di cadere nelle loro mani, vi consiglio di spararvi un colpo in bocca e farla finita. Sarebbe la morte migliore che potrebbe capitarvi.

In un attimo finì tutto. Alta non aveva ancora fatto in tempo a sparare un colpo che il rilevatore smise di gridare e la foresta tornò a essere dominata da un silenzio innaturale.

Alta respirava troppo velocemente, se ne rendeva conto, e il sudore gli aveva inzuppato i vestiti. Quando l'aiutarono a tirarsi su disse che non era ferito, anche se aveva tutto quel sangue addosso. Tre cadaveri giacevano scompostamente a terra con i corpi sfracellati. Le pellicole di protezione non avevano potuto fare niente contro la forza devastante della granata.

-- Di solito attaccano secondo un tipico schema di guerriglia -- aveva rivelato il maggiore Spilt nella sua lezione. -- Mordi e fuggi. Per questo si sono asserragliati nella foresta pluviale. l'ultimo baluardo che dobbiamo affrontare per raggiungere la vittoria.

Alta si pulì il viso con le maniche della divisa e riprese a marciare. Aveva visto delle olografie dei Rems, strane creature umanoidi con gli occhi enormi e le teste calve, ma quello che più l'aveva impressionato era l'espressione assolutamente docile dei loro volti.

-- Non lasciatevi ingannare -- aveva insistito Spilt. -- Quando li avete sotto tiro ricordate quello di cui sono capaci. Se non li uccidete voi, saranno loro a farvi a pezzi.

Verso sera raggiunsero il distaccamento sulla cima di una bassa collina alla periferia della forestaa che era stato assegnato loro come destinazione. Li accolse un pugno di veterani dall'aspetto trasandato e con lo sguardo vacuo, e Alta si accorse che non c'erano sentinelle appostate nelle buche di avvistamento.

Lui e Duncan restarono nell'accampamento mentre il resto della squadra procedeva verso le altre destinazioni dopo essersi rifocillato velocemente.

Alta pensò ancora alla figura esile e con la pelle olivastra del Rems che era stato mostrato loro alle lezioni tattiche. In qualche modo, aveva lo stesso aspetto fragile e indifferente che colorava i volti smorti dei veterani che lo circondavano.

-- Così voi due sareste i rincalzi? -- berciò il caporale Hyta sputando per terra. Era giovane, forse quanto loro due, eppure la fila impressionante di tondini di metallo che erano stati il fondo di proiettili e che portava legati sul caschetto, denunciava chiaramente che si trovava in zona di guerra da parecchio tempo. Anche lui, come il caporale Sakata di cui Alta aveva bevuto qualche goccia di sangue, era di ceppo asiatico. -- I vostri nomi?

-- Duncan Tyree.

-- Alta Ronoe.

Il caporale proruppe in una risata fragorosa.

-- Che razza di nome sarebbe, Alta? -- chiese. -- Sembra quello di una donna.

-- di origine finnica -- rispose Ronoe senza scomporsi.

-- Bah -- fece il caporale cavando fuori da una tasca dei calzoni sudici una bustina di carta stagnola. L'aprì lentamente e ne osservò il contenuto con una smorfia.

-- Gomi -- disse leccando le ultime tracce di polvere rossa che erano rimaste. -- finita. -- Si voltò verso un uomo di colore sdraiato a petto nudo su alcuni sacchi di sabbia. -- Ehi, Doe, hai dello Snoze? Sono rimasto a secco.

Il nero allargò le braccia senza rispondere, e Hyta bestemmiò ancora nella sua lingua.

-- Domani ci tocca uscire -- gridò rivolto al nero. -- Porteremo i due pivelli, così cominciano a farsi le ossa.

Senza aggiungere altro ruotò sui tacchi e si allontanò in direzione delle latrine. Alta e Duncan deglutirono a vuoto e attesero qualche minuto prima di raccogliere gli zaini e scendere nell'angusto bunker sotterraneo ricavato nel cuore della collina.

Per qualche tempo quella sarebbe stata la loro tana, e avrebbero fatto bene ad abituarcisi il più in fretta possibile, se non volevano complicarsi ulteriormente la vita.

Duncan strinse il sacchetto di Snoze che aveva in tasca come se fosse l'arma segreta di cui avrebbe potuto disporre in caso di necessità. Non sapeva che cosa sarebbe successo di loro nei prossimi giorni, ma certamente lui avrebbe fatto valere tutto quello che aveva di prezioso pur di conservare intatta la pelle.

Il giorno dopo, allo spuntare dell'alba, la punta squadrata di uno scarpone fece esplodere una vampata di dolore nel fianco di Alta, che si tirò su boccheggiando.

-- Forza, bamboccio -- gracchiò una voce facendosi strada a forza dentro di lui. -- ora di muoversi.

Stringendo gli occhi per il dolore Alta cercò di sgranchirsi le giunture anchilosate e osservò Duncan che sbadigliava accanto a lui, già completamente vestito. Il caporale Hyta puntava gli occhi obliqui in direzione del sole nascente, attraverso la porta aperta del bunker.

-- Datti una lavata e raggiungici fuori -- ordinò l'uomo di colore che l'aveva svegliato. -- Niente zaino tattico, solo il visore di movimento e il fucile.

Anta annuì, si recò nell'angolo in cui erano accatastati i contenitori di acqua riciclata e si lavò il viso. Poi indossò la mimetica, si agganciò il caschetto e uscì fuori. Lo spettacolo del sole che nasceva alle spalle dei denti di rastrello delle montagne valeva la pena di quella levataccia. Duncan era eccitato e scalpitava al suo fianco, con alcune granate dirompenti affrancate alle piastre magnetiche della cintola.

Il caporale Hyta si passò la mano nei capelli folti tagliati a spazzola e fece un segno all'uomo di colore. Doe annuì, si avvicinò alle due reclute e porse loro due bastoncini neri lunghi una decina di centimetri.

-- Prendete questi -- disse, mentre a sua volta stringeva un altro bastoncino. -- Dovete aprirli longitudinalmente con le unghie, così, e tirarne fuori il midollo. Attenti a non tagliarvi.

Alta osservò sorpreso le dita del nero che si muovevano con abilità, estraendo una poltiglia biancastra dall'anima del bastoncino.

-- A questo punto arrotolatelo e ficcatevelo in bocca, tra i denti e la guancia. -- Diede dimostrazione di come avrebbero dovuto fare. -- Non masticate. Lasciate che si sciolga lentamente. Deve durarvi almeno un paio d'ore.

Si allontanò prima che Duncan e Alta potessero replicare, ma ormai le due reclute avevano compreso che dovevano obbedire e basta, senza fare domande. Con un sospiro Alta guardò il bastoncino, scambiò un'occhiata con Duncan poi si decise a estrarre il midollo e ad arrotolarlo come gli era stato indicato. I bordi di quello strano legno duro e nero come ebano erano affilati alla stregua di rasoi, e lui rischiò di incidersi profondamente il polpastrello fino all'osso. Duncan l'imitò nervosamente.

Hyta li fissava con una strana espressione vacua, come se non si trovasse lì eppure fosse pronto a fulminarli con una raffica se non avessero obbedito.

Il midollo aveva un vago sapore di cannella, e immediatamente Alta si rese conto che stava facendo effetto. Le vertigini che lo tormentavano da quando era atterrato sul pianeta scomparvero all'improvviso, e lui si sentì pervadere da una strana energia euforica mentre l'aria diventava limpida e i muscoli fremevano attraversati da scosse elettriche.

-- Che diavolo -- provò a dire frastornato, ma Hyta sorrise incamminandosi.

-- Non è come succhiare Snoze -- affermò il caporale, -- ma per il momento può bastare.

Alta e Duncan lo seguirono barcollando, con le narici dilatate e mille domande che si affollavano nelle loro menti confuse.

La collina su cui era stato ricavato il distaccamento dominava una stretta valle attraversata da un fiume impetuoso con le acque marroni, simili a densa palta schiumosa. Il manuale di addestramento li aveva messi in guardia dalle creature ostili che nuotavano in superficie e dai predatori che circolavano nei dintorni delle vie d'acqua, ma Hyta e Doe sembravano non preoccuparsene. Procedevano spediti consultandosi spesso, e i loro occhi cercavano tracce che Alta era impossibilitato a scorgere. Quando arrivarono in prossimità di una successione di rilievi formati da un minerale simile a tufo, il caporale gli fece segno di stare giù e mise in funzione lo schermo tattico. Alta e Duncan lo imitarono, ma Doe gli batté sulla spalla esibendo una smorfia contrariata.

-- State attenti -- disse a bassa voce. -- I Rems sono dall'altra parte. Un accampamento nomade che abbiamo avvistato ieri. Voi non fate un accidente di niente senza che ve lo ordini il caporale. Limitatevi a coprirci le spalle, intesi?

Alta e Duncan annuirono sorpresi. Un accampamento nomade? Com'era possibile? Il manuale diceva che i nemici erano asserragliati nella foresta e

-- Dimenticate le stronzate che vi hanno propinato -- disse Doe come se gli avesse letto nel pensiero. -- Questo è il loro pianeta, siamo noi gli intrusi. La guerra è una fottuta stronzata messa in piedi dai politici per coprire tutta la faccenda. E a noi sta bene così. Se siamo abbastanza furbi possiamo diventare ricchi.

Doe aspettò un momento perché assimilassero bene il significato delle sue parole, poi si avvicinò a Hyta tenendosi carponi. Dall'alto del rilievo era possibile scorgere la fila di capanne come strani funghi di stoffa marrone tenuti insieme da lunghi bastoni. Alta ricordò alcune vecchie fotografie degli indiani d'America del 19 secolo, ed ebbe l'impressione di osservare un olodocumentario dell'epoca.

I Rems erano affacendati in occupazioni che lui non riusciva a comprendere, ma quando azionò lo zoom del visore e inquadrò una femmina che allattava un piccolo, sentì il cuore balzargli in gola e rintronargli nelle tempie.

-- Sono questi i nemici? -- chiese sconcertato. -- Questi questi sono i Rems?

Hyta lo guardò dall'alto verso il basso, con un'espressione che era un misto di compatimento e disprezzo.

-- Non hai ancora capito, ragazzo? -- disse. -- Ti conviene svegliarti, e anche in fretta, se non vuoi lasciarci la pelle.

Alta strinse i denti furioso, ma in quel momento giunse un grido dal villaggio e i Rems cominciarono a correre da ogni parte come formiche impazzite. Erano tanti, almeno un centinaio, e avevano scelto tutti una direzione diversa, come se fossero abituati a fuggire.

-- Merda! -- esclamò Hyta alzandosi e imbracciando il fucile. -- Ci hanno sentito!

Cominciò a sparare all'impazzata, senza neppure prendere la mira, e Doe gli fu subito dietro. L'aria si riempì in fretta dell'odore aspro della cordite.

-- Copriteci! -- urlò il caporale alle due reclute che lo fissavano a bocca aperta, incapaci di muoversi, e si lanciò giù dal rilievo facendo tuonare la sua arma a percussione. Doe era con lui, con i lineamenti stravolti da un sogghigno diabolico.

Alta vide crateri di fuoco aprirsi là dove i proiettili dirompenti colpivano il suolo, e si accorse che i Rems si dirigevano verso la foresta, convergendo da più parti ma con un obiettivo comune. Correvano sulle lunghe gambe sottili ricoperte da un'epidermide lucida e nera come cuoio, saltellando in un modo che li faceva assomigliare a strane cavallette giganti. Spiccavano balzi prodigiosi ogni tre o quattro passi, e ben presto furono tutti al sicuro dietro la fitta barriera vegetale che li occultava anche all'indagine dei visori.

Il caporale Hyta e Doe avevano quasi raggiunto la periferia del villaggio, e continuavano a sparare senza sosta. All'improvviso il visore di Alta captò un movimento sulla sinistra, e alcuni Rems sbucarono velocissimi da dietro un rilievo di calcare che sprofondava nel fiume. Stringevano delle armi nelle mani ossute, e prima che potessero aprire il fuoco Alta e Duncan fecero del loro meglio per garantire la copertura che Doe aveva chiesto.

Lo scontro durò pochi secondi, poi dal fumo delle esplosioni i due veterani ricomparvero trascinando un corpo. Si trovavano ai piedi del rilievo quando Alta captò un altro movimento sulla destra. Senza pensarci si lanciò in quella direzione, aggirò una grande formazione di tufo lavorata dal vento e si trovò di fronte un Rems che procedeva barcollando.

Era una femmina, poteva capirlo dal seno prominente molto simile a quello delle donne umane. Il Rems si bloccò quando lo vide, e i suoi grossi occhi alieni sembrarono riempirsi di un liquido ambrato. Alta lo tenne sotto tiro senza lasciarsi impressionare. Ricordava perfettamente gli ammonimenti del maggiore Spilt durante il corso di addestramento.

-- Ferma -- ordinò, pur rendendosi conto che l'aliena non poteva comprendere il suo linguaggio. -- Non ti muovere.

La femmina Rems respirava affannosamente, o almeno così a lui sembrava, appoggiandosi su una gamba sola. In quel momento Alta si accorse che aveva una lunga ferita sulla coscia sinistra. Una spaccatura nella carne bruna da cui colava un liquido rosato che doveva essere l'equivalente del sangue umano.

L'aliena non disse niente, non mosse un muscolo. Si limitò a guardarlo come una statua d'ebano con occhi incredibilmente mansueti.

Alta ringraziò l'arrivo trafelato di Duncan e dei due veterani qualche minuto più tardi, perché sentiva che quegli occhi avevano una strana influenza su di lui, e soprattutto ebbe l'impressione che lo sguardo mite dell'aliena non fosse affatto una trappola mortale. Tutt'altro. Suscitava compassione e una sviscerata sincerità.

Ma gli avevano insegnato a dubitarne, perché proprio dietro quello sguardo intrigante si annidava il pericolo.

-- Cristo santo! -- esclamò Doe bloccandosi per la sorpresa. -- Il pivello ne ha catturato uno.

-- Una femmina -- annuì Hyta avvicinandosi con una strana luce avida negli occhi. -- Un gran bel pezzo di femmina.

Alta si girò a guardarlo. -- Caporale -- disse, -- che cosa diavolo

-- Stai zitto, bamboccio! -- gli ringhiò contro Hyta fulminandolo con un'occhiataccia. Poi accostò l'aliena che continuava a restare immobile e la esaminò attentamente. Sembrava pervaso da una strana febbre, e Alta ebbe un oscuro presentimento. Non osò aprire bocca.

-- La portiamo con noi? -- chiese Doe avvicinandosi a sua volta. Aveva lasciato cadere un corpo accanto ai piedi di Duncan, e Alta si accorse che era il cadavere straziato di un Rems.

-- Certo che no -- rispose Hyta con una smorfia. -- Non voglio rischiare la corte marziale.

-- Ci sono i due pivelli -- insisté Doe indicando Duncan e Alta con il mento.

Hyta sputò a terra. -- Voi due bambocci farete bene a tenere la bocca chiusa -- disse. -- Adesso siamo una squadra, e la regola principale di ogni gruppo che si rispetti è che ognuno deve sempre coprire le spalle agli altri. Qualunque cosa succeda. -- Fece cadere su Duncan e Alta uno sguardo di ghiaccio. -- Ci siamo capiti?

Le due reclute non dissero nulla, si limitarono a deglutire a vuoto, e Doe scoppiò a ridere soddisfatto. Poi allungò la mano verso un braccio nudo della femmina Rems, di un colore ancora più scuro del suo, e si leccò le labbra con gli occhi stretti a fessure.

-- Questa è messa bene in carne -- sibilò. -- Mai visto niente di meglio.

-- Sembra tua sorella -- disse il caporale Hyta scoppiando a ridere, e Alta lasciò che un lungo brivido di terrore gli corresse lungo la spina dorsale.

Aveva compreso perfettamente le intenzioni dei due veterani.

Si accamparono sulla sommità del più alto dei rilievi, e il caporale Hyta trascinò sbuffando il cadavere dell'alieno accanto al fuoco. Sedevano tutti in circolo, con la femmina Rems accucciata contro un masso e gli occhi sgranati. Tremava dalla testa ai piedi a ogni spiffero di vento, Alta non sapeva se per il freddo o per la paura. La ferita sulla coscia sanguinava copiosamente, ma lei non faceva nulla per tamponare il flusso di fluido rosato, molto più chiaro del sangue umano. Alta si guardò attorno incerto, poi si alzò in piedi e la raggiunse. Dalla scatola di sussistenza raccolse un rotolo di garza sterile, indicò la ferita sperando che la femmina Rems lo capisse, poi vedendo che non reagiva cominciò a pulirgliela con un pennello disinfettante, verificò che non fosse necessario cucirne i lembi con del filo asettico, quindi l'avvolse strettamente nella garza, cinque giri completi che fermò con due gancetti d'alluminio.

L'aliena non aveva mosso un muscolo. Si era limitata a fissarlo con i suoi occhi pieni di timore e dei riflessi delle fiamme del fuoco.

-- Hai freddo? -- le chiese Alta. Lei non rispose, non poteva farlo, allora il giovane si tolse la giacca e gliela sistemò sulle spalle. L'aliena tremava, ma quando lui si scostò abbassò la testa e si fece piccola nella giacca cercando di riscaldarsi. Alta indietreggiò di un passo senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso.

Osservarla così, nella luce tremula del fuoco, faceva uno strano effetto. La testa calva era oblunga ma proporzionata, e il naso quasi inesistente veniva messo in rilievo dai guizzi di luce. La bocca era più larga di quanto avevano potuto evidenziare le olografie fatte scorrere ai corsi di addestramento, ma quello che più sconcertava Alta erano le gambe dell'aliena, lunghe e sottili come stecchi eppure incredibilmente simili a quelle di una donna umana. Non avevano peli, e la pelle scura luccicava liscia e morbida come seta. Pur senza volerlo, Alta si sentì sommergere da una strana eccitazione. Era una sensazione assurda e animalesca, ma da quasi otto mesi non vedeva una donna, e quella quella

Distolse lo sguardo con rabbia. Che cosa gli stava succedendo? Aveva di fronte un Rems, un'aliena, non una donna umana. Come poteva provare piacere osservando quel corpo osceno?

-- Vieni qui, ragazzo -- lo chiamò il caporale Hyta facendogli un cenno. -- Penserà Doe a tenerla d'occhio.

Alta raggiunse il caporale accanto al fuoco e osservò il cadavere arrovesciato nella polvere. Si trattava di un maschio Rems di notevoli dimensioni, esile e magro ma alto una spanna più di loro. Scrutandolo bene, Alta si accorse che era notevolmente differente rispetto alla femmina della sua specie. Le labbra quasi non esistevano, e sul retro delle lunghe braccia ossute spuntavano escrescenze ossee simili a stecchi nerastri. Le gambe erano anch'esse prive di peli, ma le articolazioni delle ginocchia sporgevano all'infuori come tumescenze squadrate, distorcendone la simmetria.

Hyta si sfregò le mani soddisfatto, poi afferrò una delle escrescenze dietro il braccio destro dell'alieno e fece forza per trascinare il cadavere più vicino al fuoco. Quando estrasse il coltello, aveva dipinta sul volto una maschera di bramosa eccitazione.

-- Adesso -- disse rivolto alle due reclute mentre Doe sghignazzava e si torceva le mani impaziente, -- vedrete qualcosa che non è scritto in nessun manuale. E capirete per quale motivo siamo su questo fottuto pianeta a combattere questa stronza guerra.

-- Punto primo, delle semplici regole di sopravvivenza. -- Hyta ridacchiò e indicò lo stomaco dell'alieno con la punta del coltello. -- Se vi trovate soli nella foresta o in qualche landa sperduta di questo fottuto pianeta, qui c'è di che nutrirsi in abbondanza. -- Con un colpo secco e improvviso affondò il coltello nel ventre del Rems, facendo schizzare un getto di liquido rosato verso gli scarponi di Alta e Duncan, che saltarono in piedi inorriditi.

-- Calmi -- disse il caporale leccandosi le labbra, -- non vi morde mica. -- Ruotò con forza il polso e sventrò il cadavere, mettendone alla luce gli intestini fumanti da cui si alzò un olezzo dolciastro.

-- Che cazzo stai facendo? -- chiese Duncan sconvolto.

-- Questa sacca -- disse Hyta senza degnarsi di rispondere e staccando dall'interno del corpo del Rems una specie di sacchetto di pelle rigonfio, -- contiene le ghiandole di filtraggio dell'apparato digerente, qualcosa di simile al nostro fegato ma molto più gustoso e nutriente. -- Prima che le due reclute potessero reagire in qualche modo, il caporale lanciò la sacca sul fuoco. -- Quando sarà rosolata a puntino la mangeremo tutti insieme, dividendocela da buoni amici. -- Aprì un sorriso cattivo, malato. -- Sentirete che roba.

Doe scoppiò a ridere fragorosamente, mentre accanto a lui la femmina Rems si lamentava e contorceva come se stesse piangendo.

-- Adesso basta! -- scattò Alta dando un colpo con la punta dello scarpone alla sacca ricolma di ghiandole e facendola rotolare oltre la china del rilievo con uno spruzzo di scintille. -- Questi non sono comportamenti da esseri civili.

Hyta lo guardò massaggiandosi il mento, poi all'improvviso annuì e rinfoderò il coltello.

-- D'accordo -- disse, -- hai ragione. Sacrosanta ragione. un vero schifo doversi cibare di questa merda, meglio le razioni che passa l'esercito. -- Poi i suoi occhi scintillarono nel buio. -- Ma c'è qualcosa di meglio, non è vero Doe? Qualcosa che rende questi alieni tanto preziosi per noi quanto difficili da addomesticare.

Alta Ronoe vibrava per la collera, ma non poteva fare nulla, non sapeva dove volesse andare a parare quel figlio di puttana senz'anima travestito da militare. Hyta si lisciò all'indietro i capelli unti, quindi si chinò sul corpo del Rems e con gesti veloci spezzò le cartilagini che spuntavano dal dorso delle braccia dell'alieno. Poi le lanciò alle due reclute, che istintivamente le raccolsero al volo.

-- Non vi ricordano niente? -- chiese il caporale, con gli occhi a mandorla disegnati profondamente sul viso giallastro.

Alta osservò i frammenti simili a stecchi, a fragili bastoncini neri che quando si rese conto di quello che aveva in mano ebbe un sussulto e li lasciò cadere, piegandosi in due mentre conati di vomito gli squassavano l'intestino.

Doe e Hyta ridevano sguaiatamente, e Duncan osservava frastornato quello che aveva creduto un bastoncino di legno e da cui lui e Alta avevano estratto il midollo biancastro che si erano ficcati in bocca e avevano succhiato per quasi due ore.

Avevano succhiato il midollo osseo dei Rems, e adesso lui era così sconvolto da non riuscire neppure a vomitare.

-- Cristo -- sibilò Doe scuotendo la testa, con le lacrime agli occhi. -- Ma questi due da dove vengono?

Hyta si fece improvvisamente serio, staccò tutte le cartilagini dalle braccia dell'alieno e le radunò su una pietra che aveva sistemato accanto al fuoco. Con la punta del coltello estrasse i frammenti di midollo, li impastò insieme sputandovi sopra e lasciò la pallina che vi aveva ricavato ad essiccare sulla pietra piatta.

-- Perfetto -- disse dirigendosi verso il suo giaciglio. -- Per domani mattina sarà pronto. -- Poi si rivolse all'uomo di colore: -- Doe, il primo turno è tuo. Due ore. I pivelli faranno insieme tre ore, poi io le ultime due.

Doe annuì senza staccare gli occhi dalla femmina aliena ranicchiata contro la roccia a meno di un metro da lui, con la testa fra le ginocchia ossute.

Quando Alta smise di vomitare, il caporale Hyta stava già dormendo profondamente.

Durante il suo turno di guardia, Duncan Tyree si avvicinò furtivamente alla pallina di midollo messa a seccare, la toccò con un dito e tornò verso Alta, che sedeva accanto all'aliena cercando di scacciare il fremito che lo scuoteva con una sigaretta fra le labbra. La notte era incredibilmente luminosa, e i due satelliti di Auriga IV giocavano a rimpiattino rincorrendosi a una velocità dieci volte superiore a quella della Luna nell'orbita della Terra.

-- Guarda -- mormorò Duncan mostrando quello che aveva raccolto con il dito indice. C'erano alcuni granelli di una polvere rossastra che risaltavano sul polpastrello nella luminescenza delle stelle.

-- Snoze -- affermò Duncan estraendo la sua bustina e mettendo a confronto i granelli. -- Domani saranno dello stesso colore.

Alta Ronoe si strinse nelle spalle senza dire niente. Fino a quale grado di shock poteva arrivare la mente umana? Quanto ne poteva sopportare? Si sentiva esausto e annichilito per come era andata la giornata, e ancora non si sentiva disposto a credere a tutto quello che aveva visto e sentito.

Duncan Tyree scuoteva la testa perplesso mentre fissava i granelli di polvere che aveva raccolto con la punta dell'indice. Dalla foresta provenivano rumori sinistri e il canto di uccelli notturni che non conoscevano.

-- Capisci che cosa significa? -- chiese Alta a un certo punto, rivolgendosi più a se stesso che a Duncan. -- Queste creature non sono affatto crudeli come ci hanno fatto credere. Non sono dei mostri che dobbiamo sterminare a tutti i costi. Per la nostra sopravvivenza. La specie umana non è affatto in pericolo, bensì l'esatto contrario. Sono loro a rischiare l'estinzione.

Duncan scosse la testa.

-- Com'è possibile? -- chiese. -- Li hai visti anche tu, oggi. Sono venuti fuori impugnando delle armi.

-- Si stavano difendendo -- ribatté Alta. -- Come avremmo fatto noi se delle specie aliene ci avessero attaccato senza motivo, con l'intento di massacrare la nostra gente.

-- Cristo santo -- sibilò Duncan sconvolto. -- Che cosa facciamo?

-- Non lo so. Ho un brutto sospetto.

-- Cioè?

Alta respirò a fondo prima di rispondere. -- Quella roba -- disse, indicando lo Snoze, -- è la materia prima per creare la droga della lunga vita. Tutti i potenti ne fanno uso. E sono loro a sostenere la guerra, a contribuire perché non abbia mai fine. -- Scosse la testa. -- In realtà sono alla ricerca di materia prima. Vogliono che li massacriamo per il loro midollo, per produrre Snoze. Per ogni Rems che muore, un potente della Terra ha la sua razione di droga della longevità. Forse vogliono arrivare ad asservirli, a renderli schiavi per allevarli in cattività. Come bestie da macello.

Duncan Tyree era allibito. Guardò la femmina Rems che dormiva ranicchiata in posizione fetale, ricoperta dalla giacca mimetica di Alta.

-- Perché nessuno ha parlato? -- chiese poi. -- Perché non li denunciano?

-- Perché tengono alla loro pelle, esattamente come ci teniamo noi due -- rispose la voce bassa e profonda di Doe alle spalle di Duncan, che trasalì. Il militare di colore si avvicinò e li squadrò entrambi. -- E voi? Voi ci tenete alla vostra pelle?

-- Che cosa vorresti dire? -- chiese Alta.

Doe sghignazzò. -- Non vi ricordate tutti quei funerali solenni che vengono trasmessi in olovisione? Grandi soldati morti in nome della causa, eroi morti per il bene comune della razza. -- Sputò per terra, poi allargò una smorfia che si distingueva appena nel buio della notte. -- Io non ho nessuna intenzione di fare la loro fine. Quelli erano stronzi che non avevano capito niente della vita, di questo schifo di guerra e di come vanno le cose. Avevano deciso di farsi degli scrupoli, e di stare dalla parte sbagliata. Qui si lavora per un solo scopo: procurare materia prima per la produzione dello Snoze. Non avete idea di quanti ricchi e potenti ci siano che vanno in brodo di giuggiole per quella roba. Noi siamo qui per accontentarli. E se qualcuno non è d'accordo, se qualcuno cerca di fare il furbo e apre la bocca per denunciare la cosa -- indicò alle sue spalle con il pollice. -- Quelli come il caporale sono qui per questo. Non si fanno scrupoli e hanno ordini precisi. Sono ben pagati e hanno la loro razione di Snoze, abbastanza per farli diventare ricchi dopo qualche anno di servizio.

Alta Ronoe lo guardò negli occhi arrossati. -- Ci stai dicendo che Hyta ci ucciderebbe, se cercassimo di denunciare la cosa all'opinione pubblica?

-- Puoi scommetterci -- rispose Doe facendo impallidire Duncan. -- E se non ci riesce il caporale, prima o poi lo farà qualcun altro.

-- Tu, per esempio? -- gli chiese Alta.

Doe non rispose. Si limitò ad arcuare la smorfia che gli stravolgeva i lineamenti.

-- Ma i reduci di guerra? -- s'intromise Duncan. -- Tutti quei veterani che tornano indietro e che vengono acclamati come eroi? Anche loro sapevano?

Doe si passò la lingua sui denti. -- Certo che sapevano -- rispose. -- Come lo so io o come lo sai tu. Non aprono bocca perché adesso sono ricchi e famosi, rispettati da tutti, possono godersi la vita e la magica polverina per chissà quanto tempo. Se dovessero parlare e la verità venisse a galla -- scosse la testa. -- Sarebbero tutti criminali di guerra, e per loro sarebbe la fine. Verrebbero processati e condannati a morte. State certi che quando arriverà il mio momento terrò la bocca chiusa e mi godrò quello che sarò riuscito a mettere da parte su questo fottuto pianeta. -- Prese respiro e li puntò con l'indice. -- A voi non resta da fare altro che scegliere. O vi adeguate o crepate.

Se ne andò lasciandoli in una pozza di tenebra che aveva il sapore gelido della paura e della disperazione. Duncan si lasciò cadere a terra trattenendo a stento il desiderio di scoppiare a piangere.

Alta non riuscì a chiudere occhio per tutta la notte. Immagini strazianti arrivavano a tormentarlo e non lo lasciavano dormire, la sensazione che un massacro di massa si stesse compiendo senza che lui potesse opporsi in alcun modo, e la consapevolezza opprimente che era invischiato in quella faccenda come un pesce nella rete. Più si agitava e più rischiava di complicare la situazione e di mettere in gioco la sua vita.

Quando, alle prime luci dell'alba, avvertì un gemito provenire dal punto in cui era ranicchiata la femmina Rems, era ancora sveglio. Quello era il turno di guardia di Hyta, e quando si ricordò di questo Alta balzò in piedi stringendo spasmodicamente la pistola d'ordinanza. Si accorse subito, con orrore, di quello che il caporale stava facendo.

Aveva legato un bavaglio sulla bocca dell'aliena, le aveva strappato i vestiti e stava cercando di possederla dopo essersi calato i pantaloni.

-- Animale! -- ringhiò Alta avventandosi contro il suo superiore. -- Lasciala stare!

Afferrò Hyta per le spalle e lo fece rotolare nella polvere, colpendo alla cieca, spinto da una rabbia indicibile che aveva maturato nel corso della notte insonne. Ma il veterano, seppure impacciato dai pantaloni che gli imprigionavano le caviglie, riuscì a ruotare su se stesso, balzò in piedi e lo colpì con il taglio della mano a pomo d'Adamo.

Tossendo e ringhiando per il dolore, Alta cercò a tentoni la pistola che gli era sfuggita di mano ed era caduta a terra.

-- Stai fermo! -- gl'ingiunse Doe dando un calcio all'automatica. Era accorso non appena aveva sentito risuonare le grida, e dietro di lui c'era Duncan, più frastornato che mai.

-- Quel maiale -- cercò di dire Alta, mentre una scia di fuoco liquido gli cadeva in gola. -- Ha cercato di di

-- Lo so che cosa stava cercando di fare, stronzo! -- l'interruppe Doe. -- Tutti noi lo facciamo.

Alta ammutolì, e in quel momento Hyta gli fu accanto, con gli occhi iniettati di sangue.

-- Che c'è che non va, recluta? -- chiese con la stessa espressione di un pazzo. -- Ti fa schifo scopare? O sei forse una lurida checca?

Alta non disse nulla, impossibilitato a credere che quei due stessero facendo sul serio. Hyta raggiunse la femmina Rems che giaceva a terra nuda e li fissava con gli occhi sgranati, pieni di terrore.

-- Guardala! -- gridò l'orientale afferrando le caviglie dell'aliena e spalancandole le gambe. -- liscia come il culo di un neonato, e in tutto e per tutto simile a una donna.

Alta boccheggiava senza riuscire a impedirsi di guardare. La vagina della femmina Rems era assolutamente identica a quella di una donna umana accuratamente depilata. Una donna di colore.

Hyta digrignò i denti e arricciò il naso a meno di un centimetro dal suo. Era sporco di terra e polvere impastati di muco.

-- Noi siamo una squadra -- ripeté con il fiato corto. -- E voi tutti dovete seguire il mio esempio, dovete fare quello che dico io. chiaro?

Lanciò uno sguardo feroce a Duncan, che rabbrividì fin nell'anima, poi si abbassò di nuovo i calzoni e si fece largo tra le gambe dell'aliena grugnendo come un animale. La femmina Rems reagì dibattendosi e squittendo con gli enormi occhi rotondi dilatati.

Alta si morse a sangue un labbro quando il caporale la penetrò, e cercò di non ascoltare i suoi ansiti bestiali fino a quando Hyta non ebbe finito.

-- Adesso tocca a te, Doe -- disse l'orientale rialzandosi. Si pulì il viso con il fazzoletto e si leccò il sudore dal labbro superiore. L'uomo di colore fu lesto a calarsi le braghe e a prendere il posto di Hyta. La femmina Rems aveva smesso di lamentarsi e di reagire. Subiva passivamente la violenza che le veniva somministrata.

Quando anche Doe ebbe terminato, Hyta sogghignò.

-- Forza -- disse, puntando Alta con la pistola. -- Tocca al nostro eroe.

Alta scosse lentamente la testa, spaventato ma deciso a non dare corda a quell'animale.

-- No -- disse. -- Non lo farò.

-- Ma davvero? -- lo sbeffeggiò Hyta. -- Non sai proprio cosa ti perdi, bamboccio. Ma forse tu sei ancora vergine, non hai mai scopato una donna, vero? -- Scoppiò a ridere fragorosamente, mentre Alta rabbrividiva. -- Queste femmine Rems sono morbide e calde più di una delle nostre donne. Basta non guardarle in faccia. Ti piacerà, te l'assicuro.

-- Vaffanculo, caporale! -- gridò Alta facendo un passo indietro, con gli occhi che gli si stavano allagando di lacrime rabbiose. -- Non potete obbligarmi a farlo! Non potete!

-- D'accordo -- acconsentì Hyta allargando le braccia. -- Questo significa che non sei dei nostri. Che non fai parte della squadra. -- Mostrò i denti gialli. -- Dobbiamo lasciarti qui, ragazzo. Ci rincresce. Da solo e senza armi. -- Ruotò su se stesso e puntò gli occhi in quelli di Duncan. -- E tu? Da che parte stai?

La giovane recluta ebbe un fremito convulso. Alta si rese conto che il suo compagno era terrorizzato, che avrebbe voluto gridare, dire qualcosa per rompere la camicia di ghiaccio che l'avvolgeva, ma non ne era capace. Duncan fissò Hyta e poi Doe, che sogghignavano impugnando le armi e attendendo una risposta.

Alla fine si volse verso Alta con un disperato appello negli occhi celesti.

-- Allora? -- lo scrollò brutalmente il caporale. -- Calati le braghe e dacci dentro. Non vorrai lasciarci la pelle per una scopata?

Duncan rabbrividì ancora, sembrò sul punto di dire qualcosa, poi senza avere il coraggio di guardare Alta cominciò a slacciarsi lentamente i calzoni.

-- No, Duncan! -- gridò Alta cercando di afferrarlo per le spalle. -- Non farlo!

Doe gli sferrò un calcio alle gambe facendolo crollare nella polvere, piegato in due per il dolore.

Nel frattempo Duncan Tyree, singhiozzando come un bambino, si era coricato sulla femmina Rems e l'aveva penetrata. Lei teneva gli occhi vacui fissi nel nulla, mentre la giovane recluta spingeva avanti e indietro il bacino nell'eterna violenza che trascina l'uomo al rango delle bestie, in modo quasi ipnotico, sempre più veloce e convulso, fino a quando, con un gemito gutturale, non versò il suo seme nel ventre della creatura aliena. Alta aveva voltato il capo per non guardare, e si mordeva le labbra fino a farle sanguinare.

-- Sei stato in gamba, ragazzo -- commentò Hyta soddisfatto mentre il giovane si rialzava e si riallacciava i pantaloni. C'era una smorfia sul suo volto, e due righe parallele di lacrime. -- Adesso sei uno dei nostri. Uno della squadra.

Guardò Alta con disprezzo e si chinò per strappargli il coltello dal fodero.

-- Questo stronzetto resta qui -- affermò facendo un cenno a Doe. -- Nudo come un verme.

L'uomo di colore raccolse le armi e il caschetto tattico di Alta e si allontanò sghignazzando. Duncan, esitante, fu costretto a seguire il caporale quando questi gli circondò le spalle con un braccio e lo trascinò via. Alta gli sputò dietro in segno di disprezzo, centrando il cuoio nero degli scarponi.

La femmina Rems, nel frattempo, si era ranicchiata nuovamente in posizione fetale, coprendosi con gli arti sottili e spigolosi. Alta cercò di muoversi, ma una fitta al costato gli tolse il fiato. Forse si era incrinato una costola cadendo.

Affannosamente si tirò in piedi e si guardò attorno. Mai come in quel momento Auriga IV gli sembrò un pianeta ostile e alieno, carico di rumori sconosciuti che erano un lugubre presagio di minaccia.

Alta aveva sete, ma le acque marroni del fiume erano imbevibili, senza l'attrezzatura depurante tascabile. Non sapeva che cosa fare, e il fianco lo tormentava con stilettate di dolore.

Quando un velo di disperazione lo avvolse, tornò a sdraiarsi per terra e si lasciò scivolare nel sonno, stremato dalla vergogna e dall'umiliazione per quello a cui aveva assistito.

Lo svegliò il tocco leggero di dita aliene. Alta sollevò le palpebre e si ritrovò a fissare gli occhi enormi della femmina Rems.

Con un gesto istintivo scalciò e si ritrasse, ma ben presto si accorse che i mostri oscuri che l'avevano circondato erano prodotto dei suoi incubi, e che lei non aveva nessuna intenzione di fargli del male. Si era sistemata alla bell'e meglio i vestiti, e adesso si dondolava sulla gamba sana con una strana espressione, come se fosse preoccupata per qualcosa. Alta si leccò le labbra screpolate e osservò la rozza fasciatura che lui stesso le aveva legato intorno alla coscia. Era zuppa di sangue rosato e sporca, ma l'emorragia sembrava essersi arrestata.

-- Dovrei cambiarti la benda -- disse con un filo di voce, senza neppure sapere perché, forse soltanto per sentirsi parte di qualcosa che comprendeva, di un insieme di azioni e pensieri che l'avrebbero aiutato a scacciare la paura. L'aliena si limitò a dondolare lentamente la grossa testa calva, senza capire.

Con un gemito Alta si tirò su, premendo la mano sul fianco nel punto in cui aveva battuto. La costola non era fratturata, questo lo capiva, ma il dolore dell'incrinatura l'avrebbe accompagnato ancora per qualche giorno, se fosse riuscito a sopravvivere per tanto tempo.

-- La fasciatura -- ripeté, indicando la gamba sanguinante dell'aliena. -- Devo cambiarla.

Lei esitò soltanto un momento, poi si sedette a terra con un movimento fluido del corpo. Le sue dita lunghe e sottili svolsero la rozza fasciatura fino a quando la ferita non venne alla luce, e Alta si accostò strappandosi alcune strisce di tessuto dalla camicia.

-- Sembra migliorata -- disse osservando il lungo squarcio che le attraversava la gamba. Quando cominciò ad avvolgere le bende sfiorò con le dita la coscia dell'aliena, e un formicolio gli corse lungo il braccio facendolo trasalire. Si stava comportando da idiota. Gli bastava la sola vista e il contatto con quelle lunghe gambe incredibilmente simili a quelle umane per far scattare ancestrali meccanismi biologici nel suo corpo. Meccanismi in grado di eccitarlo suo malgrado.

Arrossendo violentemente, terminò in fretta di fasciare la ferita e si tirò in piedi. Quel figlio di puttana di Hyta gli aveva portato via tutto, non restava niente della sua attrezzatura, e di certo lui non poteva tornarsene al distaccamento del caporale come se nulla fosse accaduto. L'avrebbero ucciso seduta stante, dichiarando che si era trattato di un incidente. Persino Duncan avrebbe confermato quella versione, pur di non cacciarsi in altri guai.

Allora che fare?

Uno squittio alla sua sinistra lo fece trasalire. La femmina Rems si era rialzata, e lo guardava con gli occhi attraversati dalle schegge dorate del timore e della remissività. Aprì la bocca e squittì ancora, indicando con il braccio sinistro in direzione della foresta. La sua voce era simile al verso che avrebbe potuto emettere un topo di settanta chili, stridula e sproporzionata.

Alta guardò nella direzione che lei indicava.

-- La foresta? -- chiese. -- Vuoi che ti segua là dentro?

L'aliena restò in silenzio, osservandolo con uno strano languore nello sguardo. Alta sospirò e alla fine annuì.

-- D'accordo -- disse, -- tanto non ho niente da perdere. Senza visore topografico non riuscirei mai a raggiungere l'astroporto. Forse la tua gente -- sorrise in modo amaro. -- Se non mi cucineranno per colazione potrebbero anche darmi una mano.

Fece il gesto d'incamminarsi verso la foresta, e la femmina Rems balzò immediatamente in avanti, con una luce febbrile negli occhi. Quando la vide barcollare nonostante l'entusiasmo, Alta l'afferrò per un braccio e l'aiutò a sostenersi. Lei squittì qualcosa, forse una parola di ringraziamento, e insieme procedettero lungo il crinale del rilievo su cui erano stati abbandonati, una coppia malamente assortita che il sole di Auriga IV scrutava dall'alto con flemma impassibile, consapevole che qualcosa stava radicalmente cambiando nei rapporti tra le due razze che si contendevano il predominio del pianeta.

Si addentrarono nella foresta, un mondo arcano e tenebroso che risuonava dei fruscii prodotti dalle migliaia di creature che si nascondevano dietro le fronde. Gli alberi svettavano verso l'alto come cattedrali di legno antico, e soltanto a una trentina di metri dal suolo si aprivano a ventaglio, in modo da consentire alle larghe foglie dentelleate di raccogliere la luce del sole e farla scorrere come energia vitale. Una selva oscura e intricata formava il sottobosco, e al suo interno la femmina Rems si addentrò con sicurezza, seguendo sentieri che soltanto i suoi occhi erano in grado di scorgere. Ovattati rumori untuosi precipitavano dall'alto schioccando sulla divisa di Alta, che per non perdere l'equilibrio sul tappeto di foglie e sui rami caduti era costretto ad appoggiarsi ogni due passi alla cortina di liane e arbusti flessibili che pendevano dal soffitto vegetale come giganteschi serpenti addormentati.

Il suo manuale di addestramento riportava un intero capitolo sulla foresta di Auriga IV, e ammoniva chiunque dall'addentrarvisi senza una valida ragione. Lì si annidavano, oltre ai feroci Rems, creature pericolose e predatori spietati. Eppure l'aliena procedeva con vigore, zoppicando a causa della ferita ma senza concedersi soste e senza esitare un attimo. A un certo punto Alta si rese conto che non era più lui a sorreggerla, bensì il contrario.

Dopo una ventina di minuti sbucarono all'improvviso in una stretta radura ricavata nell'intrico della vegetazione. Si trattava senza ombra di dubbio di un'opera artificiale, e quando la femmina Rems cominciò a squittire e a strillare come se fosse impazzita, Alta fece un balzo di lato e la guardò frastornato.

-- Che succede? -- gridò a sua volta, andando istintivamente con la mano alla fondina vuota della pistola. L'aliena non gli badò e aumentò il volume degli strilli, che erano così acuti da penetrare profondamente nella barriera vegetale che li circondava, come una lama tagliente nella gelatina.

In breve tempo Alta si accorse che il canto degli uccelli regrediva in un ovattato silenzio, e che altri rumori e fruscii si facevano sotto guardinghi, come se qualcosa si stesse avvicinando da più direzioni, qualcosa di pesante quanto poteva esserlo un predatore. O un Rems.

Sentendosi travolgere dal panico, la recluta si accostò di più alla femmina che aveva smesso di squittire, e con gli occhi sgranati l'interrogò su quello che stava accadendo. Lei gli fece dei segni, alzò e abbassò le braccia, si accosciò sui talloni e lo spronò a fare altrettanto. Alta comprese, e lentamente si sedette a terra, tenendo le mani bene in vista e lontane dal corpo.

Il primo Rems si lasciò cadere dall'alto al limitare estremo della radura, seguito da altri due alieni alti e asciutti. Erano tutti maschi, e impugnavano armi di fabbricazione terrestre.

La femmina riprese a squittire, questa volta più sommessamente, fece due salti verso di loro quindi tornò accanto ad Alta, che indicò allungando in avanti il naso piatto. Dalla foresta emersero altre figure sottili, Rems femmine e maschi, fino a quando una moltitudine di alieni non circondò completamente la radura. Alta tremava intimorito, consapevole che non aveva vie di fuga.

Gli alieni lo fissavano attentamente, con quei grandi occhi rotondi dall'aspetto mansueto ma che potevano celare una ferocia insaziabile. Il manuale l'aveva messo in guardia più di una volta, senza mezzi termini: i Rems erano creature spietate che non avrebbero esistato un attimo a fare scempio del suo corpo.

Quando uno degli alieni si staccò dal gruppo e accennò ad avvicinarsi, la femmina che aveva accompagnato Alta fin nella radura si accasciò sui talloni e tacque. La giovane recluta osservò l'andatura claudicante dell'alieno, e dedusse dalla pelle ruvida che gli s'increspava sulla nuca e sotto il mento che era un anziano, forse il capo della tribù. Si avvicinò ad Alta e alla sua compagna aliena e li fissò in silenzio. Poi all'improvviso cominciò a squittire, intessendo un fitto dialogo incomprensibile con la femmina ferita a una gamba.

Così com'era cominciato, il dialogo tutto a un tratto s'interruppe, e l'anziano Rems tornò verso il cerchio dei suoi simili. L'aliena accanto ad Alta si alzò e gli fece segno di seguirla. Insieme, mentre Alta respirava affrettatamente per l'emozione e la foresta riprendeva a risuonare dei suoi misteriosi rumori, raggiunsero la tribù e si inoltrarono nel loro regno. Un mondo vegetale che era il polmone di Auriga IV.

Camminarono per un breve tratto, attraverso sentieri invisibili che Alta non sarebbe stato in grado di percorrere a ritroso fino alla radura in mezzo agli alberi. Il giovane era spossato e si sentiva la mente vuota, assolutamente incapace di mettere insieme pensieri razionali o d'immaginare quale avrebbe potuto essere il suo prossimo futuro. L'angoscia e la consapevolezza di essere rimasto solo su un pianeta alieno fra creature ostili lo stava sopraffacendo, ma lui non aveva abbastanza forza per reagire.

Quando si fermarono, apparentemente senza alcun motivo, molti Rems cominciarono a squittire e a lanciare richiami, e ben presto dall'alto calarono decine di liane intrecciate tra di loro a formare rudimentali seggiolini. La femmina che aveva accompagnato Alta e che non si era mai allontanata da lui gli fece segno di sedersi su uno di essi, e dopo che lui ebbe obbedito gli si sedette in grembo, allacciò le braccia al suo collo ed emise uno stridulo squittio. Dall'alto cominciarono a tirarli su, fino all'ombrello di fogliame che gettava un'ombra fitta e intrapassabile sul sottobosco. Ben presto Alta si rese conto che lassù esisteva un altro mondo.

C'erano passarelle e ponti sospesi fatti di liane intrecciate, e strani nidi appollaiati fra le congiunzioni dei rami più robusti. Decine di Rems con gli occhi sgranati per la curiosità lo fissarono, ma nessuno accennò ad avvicinarglisi.

Quando la femmina gli fece segno di entrare in uno dei nidi, Alta obbedì con un sospiro di sollievo. Era stremato, e dopo essersi sdraiato su un giaciglio fatto di foglie e di una sostanza simile a fango essiccato, prese immediatamente sonno. Si risvegliò qualche ora più tardi al centro di un animato cicaleccio che vedeva impegnati numerosi alieni, quasi tutte femmine.

Alta riconobbe la fasciatura sulla coscia di una delle aliene, e si tranquillizzò al pensiero che lei fosse lì. Non l'aveva abbandonato, e forse non l'avrebbe fatto. Non sapeva se per una forma di riconoscenza o per qualche altro motivo, ma non gliene importava. Se lei l'avesse lasciato solo, il terrore l'avrebbe inondato senza rimedio.

Il dialogo serrato tra gli alieni continuò per lungo tempo, durante il quale Alta ebbe la possibilità di guardarsi attorno con attenzione. Il villaggio sospeso si estendeva in tutte le direzioni, fin dove poteva arrivare il suo sguardo nell'intrico di rami e foglie, ma aveva una strana apparenza provvisoria, come se si trattasse di un rifugio temporaneo da sfruttare in caso d'emergenza, non una locazione stabile.

Allora ricordò che Hyta gli aveva spiegato come i Rems fossero un popolo nomade, e immaginò che quel villaggio sospeso fosse conseguenza della guerra e della necessità di nascondersi all'avanzata incessante delle truppe umane. Nella foresta avevano maggiori possibilità di sopravvivenza, riuscivano a tenere testa all'esercito invasore e a continuare a vivere secondo le loro abitudini.

Stava ancora pensando a questo quando una delle femmine balzò nel suo nido e lo toccò rudemente, con le dita sottili e ossute. Lo fissavano tutti, come se fossero in attesa di qualcosa, e Alta guardò spaesato la femmina che l'affrontava. Aveva il cranio piatto e lucido, e le labbra sottili sbiancate. Improvvisamente squittì ancora, poi fece uno strano verso gutturale e saltò fuori dal nido. Uno dei Rems maschi allungò le braccia verso Alta e gli porse un fucile automatico M-21. L'umano guardò sorpreso l'arma, senza comprendere il significato di quell'offerta, ma quando fece per raccogliere il fucile il Rems aprì le dita e l'arma cadde di sotto, andando a sfracellarsi sulle radici dell'albero che emergevano dal sottobosco.

Vi furono altri squittii e grande agitazione fra gli alieni. Alta non capiva, ma non osava muoversi. Che cosa volevano da lui? Qual'era il significato dell'M-21? Lo stavano forse processando sommariamente per i crimini commessi dalla sua specie? Se era così doveva spiegare loro che lui era innocente, era stato ingannato, aveva cercato di aiutare una di loro ma era stato messo in minoranza, pagandone di persona le conseguenze.

Pensava tutte quelle cose ma non sapeva come esprimerle. Loro non avrebbero capito. A un certo punto il maschio che aveva lasciato cadere il fucile estrasse dal suo nido un altro oggetto, e lo mostrò ad Alta. Era una bustina di cellophane contenente una polvere rossa che lui riconobbe con un singulto.

Snoze. La droga della lunga vita. Ricavata dal midollo osseo di quelle creature che gli umani avevano chiamato Rems.

Sentì che una rabbia furibonda gli montava in corpo, qualcosa che non aveva nome ma che esercitava su di lui un potere assoluto, il controllo totale della sua mente e delle sue capacità analitiche. Fu sotto l'influsso di questa forza che cominciò a ringhiare come un ossesso e strappò il sacchetto di cellophane dalle mani dell'alieno. Lo squarciò con le unghie, e continuando a gridare disperse quella polvere immonda nell'aria, giurando che lui non aveva niente a che fare con il massacro che era stato perpetrato, che si era arruolato per un assurdo e infantile spirito patriottistico.

Mischiò le sue grida al concerto di rumori che animava la foresta, e quando ebbe terminato alzò il viso per fissare la ghirlanda di volti alieni che lo scrutava. Erano perfettamente immobili e silenziosi, appollaiati sui rami come grandi scimmie glabre.

Alta tirò su con il naso e scosse la testa. Le lacrime gli avevano segnato il viso impolverato.

-- inutile -- sibilò privo di energie. -- Non potrete mai capirmi.

I Rems confabularono fra di loro ancora per qualche minuto, poi una delle femmine si staccò dal gruppo e tornò qualche secondo più tardi reggendo in mano una borraccia termica. Un manufatto umano. Alta sgranò gli occhi. Era un contenitore militare in dotazione all'esercito sbarcato sul pianeta, e quando la femmina glielo porse lui l'afferrò con entrambe le mani, tremando dalla testa ai piedi. Svitò il grosso tappo di metallo e controllò il flaconcino appeso al suo interno. Le pastiglie depuranti e le razioni energetiche erano ancora al loro posto. Nella borraccia era rimasta persino una discreta quantità d'acqua. Senza esitazioni Alta rovesciò all'indietro la testa e bevve affannosamente, rischiando d'ingozzarsi. L'acqua era potabile, e aveva il leggero sapore di cloro causato dalle compresse depuranti.

Dopo che ebbe bevuto a sazietà ingoiò avidamente le pastiglie energetiche e si lasciò andare sul giaciglio nel nido. Non gl'importava se gli alieni intendevano ucciderlo durante il sonno. Non riusciva più a tenere gli occhi aperti.

I Rems lo scrutarono ancora per qualche istante, poi se ne andarono in silenzio. Tutti tranne la femmina con la coscia bendata che l'aveva condotto tra la sua gente.

Freddo e umidità arrivarono a ghermirlo. Si depositarono lentamente durante la notte nel nido in cui Alta stava raggomitolato. Il giovane non aveva di che coprirsi, e ormai batteva i denti intirizzito quando avvertì un movimento dietro di lui e qualcuno scivolò nel nido facendolo oscillare sul ramo. Non ebbe bisogno di voltarsi a guardare per comprendere di chi si trattava. La femmina Rems lo avvolse con i suoi lunghi arti vellutati e gli si strinse contro donandogli il calore del proprio corpo.

-- Grazie -- sibilò Alta chiudendo gli occhi. -- Non so come ti chiami ma grazie lo stesso per quello che stai facendo.

Infine si addormentò, e dentro di lui un nome venne a galla, una bolla argentata che gli sembrava adatta alla fragile aliena che si prendeva cura di lui. Liza era stato il nome della sua prima ragazza, un amore che si era dissolto con l'attraversamento della pubertà ma che non aveva mai dimenticato. L'avrebbe chiamata in quel modo, e poco importava se la femmina Rems di umano avrebbe avuto soltanto il nome.

Era possibile che si stesse innamorando di lei? Di una creatura aliena originaria di un altro pianeta, che avrebbe dovuto combattere e uccidere? Sdraiato nel buio con il corpo di Liza a contatto con il suo, aveva l'impressione di stringere una donna. Avvertiva il tepore della pelle liscia e glabra delle sue spalle, e le gambe di lei, che l'avvolgevano in un abbraccio sensuale, raccoglievano i frammenti di luce stellare che piovevano dai varchi tra il fogliame e brillavano di una bellezza straordinaria.

Poi c'era il seno, ampio e rotondo, perfettamente proporzionato, che gli premeva contro la schiena. Alta si era svegliato in piena notte con una strana sensazione, e aveva sentito Liza agitarsi debolmente, come se fosse in preda di torbidi sogni. E così facendo lei si era stretta ancora di più a lui, gli aveva fatto percepire tutta la sua fragranza priva di odore (quello era un particolare importante, i Rems non avevano odore, o almeno niente che lui potesse avvertire), e lentamente, con un brivido di eccitazione che era corso a ingrossargli i lombi, Alta si era girato su se stesso fino a trovarsi con il viso all'altezza del suo seno.

Forse a causa del buio, forse perché da quella posizione non poteva scorgere la testa piatta e calva dell'aliena, forse perché drogato dalla stanchezza e dall'assurdità di quella situazione, Alta aveva osservato i dolci rilievi di quel corpo e si era reso conto che avevano la stessa consistenza del seno di una donna umana. Senza riuscire a trattenersi aveva allungato le dita cercando di muoversi il più lentamente possibile, e attraverso una fessura nella stoffa grezza aveva passato i polpastrelli sulla sua pelle calda e vellutata. Liza aveva continuato a dormire profondamente, ma impercettibilmente si era mossa ancora, e l'aureola di un capezzolo era venuta alla luce. Alta aveva trattenuto il fiato. Era piccolo e rotondo, un grumo di carne pallida che risaltava sulla pelle olivastra, candido come un bocciolo di rosa. Era la rappresentazione al negativo del più bel seno che lui avesse mai visto, e non si era curato del fatto che più sotto alcune appendici cartilaginee lo tendevano distorcendone la simmetria.

Alta aveva dominato a stento il desiderio di accucciarsi in quella conca naturale di foglie e rami, con il viso premuto contro il seno della femmina Rems e le labbra che sfioravano il capezzolo. Si era riaddormentato con il ricordo del suo sesso glabro, in tutto e per tutto simile ai genitali delle donne umane, e con il dubbio se in fondo le loro specie non fossero compatibili, se non derivassero in qualche modo da una matrice comune.

Dio ci ha fatto a sua immagine e somiglianza, aveva pensato. Tutte le creature intelligenti.

Non poteva essere accaduto lo stesso con i Rems, a parte qualche logica differenza dovuta alle diverse condizioni ambientali e agli sviluppi dell'evoluzione? Era un dubbio concreto, e il suo cervello la rimuginò silenziosamente fino al mattino dopo, quando il rumore devastante del temporale lo destò di soprassalto e lo fece balzare in piedi.

In un primo momento aveva creduto che si trattasse di una granata dirompente, ma poi si era accorto che dall'alto aveva cominciato a filtrare una densa cortina di grosse gocce d'acqua e le esplosioni dei tuoni si ripetevano incessantemente.

Alta non sapeva che ore fossero, perché Hyta gli aveva portato via anche l'orologio-bussola da polso, ma tutti i Rems erano svegli e in piena attività. Liza non era più con lui. Ebbe un singulto di terrore al pensiero che potesse averlo abbandonato, ma poi vide una femmina a petto nudo volteggiare da un ramo all'altro e atterrare con sorprendente agilità accanto al suo nido. Era Liza, poté riconoscerla dalla lunga cicatrice che le solcava la coscia, ancora in via di guarigione ma ormai lasciata all'aria aperta,senza la protezione della benda. Lei indossava solo un lembo di stoffa sui fianchi, e attaccato alla mammella sinistra aveva un piccolo, un cucciolo Rems di pochi mesi (per quello che lui poteva giudicare) che succhiava con impeto il suo nutrimento vitale.

Alta restò sorpreso. Avrebbe voluto chiederle se si trattava di suo figlio o di un compito sociale che spettava a tutte le femmine Rems; provò a farlo a gesti, ma lei si limitò a fissarlo senza mostrare di aver compreso. A un certo punto squittì qualcosa, indicò un gruppo di alieni che si stavano avvicinando e sgranò ancora di più gli occhi rotondi.

Stranamente Alta credette di averla compresa. Lei gli stava dicendo di non aver timore, quei Rems volevano qualcosa da lui ma non gli avrebbero fatto del male. Lei sarebbe rimasta lì ad aspettarlo. Con suo figlio. Adesso ne era convinto.

I Rems lo raggiunsero sull'incrocio di rami che sosteneva il suo nido e gli consegnarono un oggetto. Era un lembo di stoffa avvolto a formare una fascia per la fronte, di quelle che Alta aveva visto usare dai veterani. Sul davanti c'erano allineate in bella mostra alcune medaglie di riconoscimento per azioni svolte sul campo. Alta annuì e si legò la fascia sulla fronte. I Rems squittirono agitati, poi indicarono in un'unica direzione, allungando le braccia sottili con le escrescenze ossee da cui gli umani ricavavano la materia prima per lo Snoze che spuntavano all'infuori come aculei.

-- D'accordo -- disse Alta annuendo ripetutamente e uscendo dal nido. -- Andiamo.

I Rems, tutti maschi, lo accompagnarono fino al punto in cui avevano preparato un seggiolino di liane intrecciate e lo calarono di sotto. Rapidamente lo raggiunsero e s'incamminarono nel folto del sottobosco facendogli segno di seguirli.

Alta non sapeva dove volevano condurlo, ma non esitò a stargli dietro. Aveva fiducia nello sguardo rassicurante che Liza gli aveva rivolto. Sapeva che avrebbe potuto rivederla, prima o poi, e che il loro non era stato un addio bensì un arrivederci.

I cinque alieni erano silenziosi e stranamente premurosi nei suoi confronti. Avrebbero potuto procedere molto più velocemente di quanto non facevano, ma sapevano che in quel caso lui non avrebbe retto il ritmo. Alta non aveva ancora visto nessuna delle bestie feroci che il manuale di addestramento riportava in un glossario descrittivo, e cominciava a sospettare che si trattasse di una grossa montatura, un modo come un altro per costringere le reclute appena sbarcate sul pianeta a stare lontano dalla foresta, almeno fino a quando i veterani non avessero fatto capire loro come stavano realmente le cose. Lui riteneva incredibile che si fosse potuta compiere una simile barbarie nei confronti di un popolo innocuo e ospitale come i Rems. L'avidità umana aveva trasceso ogni limite, e ormai non aveva più eguali nell'universo.

Dopo quasi un'ora di cammino, durante la quale compirono numerose pause per permettere ad Alta di tirare il fiato, i Rems si fecero guardinghi e ancora più silenziosi, facendogli inequivocabilmente cenno di tacere.

La foresta era diradata lentamente in una spianata artificiale provocata dal morso meccanico dei bulldozer. Alta riconobbe i segni lasciati dai cingolati, e si stupì nel rendersi conto che gli alieni lo avevano condotto nelle vicinanze di una delle basi umane di settore. Le torri di controllo dall'astroporto svettavano imponenti, e le garitte di servizio erano presidiate da uomini dotati di visori di movimento.

Per quale motivo l'avevano portato lì? Che cosa si aspettavano da lui? Di certo non poteva andare a denunciare a viso aperto il comportamento di Hyta e Doe (e Duncan, naturalmente, che era coinvolto in pieno in quello sporco gioco), perché era sicuro che nessuno avrebbe mosso un dito, anzi c'era la possibilità che lo imprigionassero per insoburdinazione e lo facessero diventare uno degli eroi fasulli di quella guerra, deceduto con tutti gli onori del campo in un fantomatico scontro con i terribili Rems.

Ma prima che potesse dire qualcosa uno degli alieni s'infilò in un cunicolo scavato sotto una matassa di grandi cespugli spinosi, e gli altri lo spinsero da tergo fino a quando anche lui non fu dentro. Strisciarono carponi per una trentina di metri, e infine riemersero all'interno del perimetro della base umana. Alta non sapeva di quale distaccamento si trattasse, ma certamente non era tra quelli segnalati dal manuale di addestramento. Era in qualche modo diverso dalla base in cui era approdato, con quattro edifici bianchi a tre piani collegati alle piste di atterraggio delle navette tramite scivoli automatici. Personale civile specializzato lavorava attorno a grossi contenitori di metallo, e l'attività ferveva come in un porto commerciale.

Incuriostito, Alta si guardò attorno a lungo, ma poi uno dei Rems lo toccò a un braccio e gli fece segno di seguirlo. Strisciarono carponi nell'erba alta e gommosa di Auriga IV fino a quando non furono ai piedi di un rilievo artificiale, una sorta di collina con la vetta a cuneo eretta dai bulldozer. I Rems fissarono Alta poi la cima del rilievo, ma non si mossero.

-- Devo andare lassù? -- chiese l'umano indicando con l'indice. Vedendo che non otteneva risposta annuì e cominciò ad arrampicarsi. Quando fu in cima si appiattì ventre a terra e guardò dall'altra parte. Quello che vide lo paralizzò.

Una gigantesca fossa era stata scavata al limitare della base, con un diametro di oltre settanta metri. Decine di piccoli trattori andavano avanti e indietro come formiche tra la più vicina delle costruzioni e la fossa, e civili con tute isolanti scaricavano il carico che andava ad ammassarsi sul fondo dello scavo.

Alta Ronoe guardava inorridito e non riusciva a credere ai suoi occhi. Migliaia di corpi senza vita erano stati accumulati gli uni sugli altri, tutti maschi Rems completamente nudi e con le braccia incrostate di sangue là dove erano state strappate le escrescenze ossee. Molti corpi riportavano i segni di ferite da armi da fuoco, ma altri dovevano essere stati uccisi freddamente, come animali da macello.

Sentendosi investire da un conato di vomito, Alta distolse lo sguardo e ridiscese a precipizio il rilievo. Avrebbe voluto gridare, alzarsi in piedi e imporre in qualche modo la fine di quello scempio, ma sapeva che non sarebbe stato in grado di farlo. La sua razza si stava macchiando di uno dei crimini più assurdi della sua lunga e feroce esistenza, e nessuno faceva niente per fermarla.

I Rems lo fissavano in silenzio, studiando le sue reazioni. Quando finalmente Alta riuscì a respirare ancora, si mossero tutti insieme, e l'umano gli fu dietro, come narcotizzato, in preda a un orrore che non aveva nome.

Passarono strisciando dietro un canale di scolo per le latrine, e arrivarono nei pressi della costruzione a tre piani da cui Alta aveva visto uscire i trattori con il loro carico di cadaveri. I Rems che erano con lui si fermarono di nuovo e gli indicarono l'edificio.

Alta non avrebbe voluto andare, non sapeva che cosa l'aspettava ancora, forse una mostruosità più grande di quella che aveva contemplato dal rilievo dietro la fossa. Ma non poté tirarsi indietro di fronte agli occhi rotondi e ansiosi dei Rems, che fervevano non di odio bensì di una strana speranza nei suoi confronti.

Si legò meglio la fascia da veterano sulla fronte, fece in modo che la sentinella sulle garitte non lo scorgesse, quindi corse verso l'ingresso della costruzione. Soltanto allora, quando una giovane recluta dallo sguardo vacuo gli passò accanto e lo salutò militarmente, si ricordò che era un umano come loro, e che nessuno poteva sospettare quali fossero le sue vere intenzioni. Adesso aveva l'aspetto di un autentico veterano, e persino gli ufficiali avrebbero esitato a fermarlo e a fargli domande inopportune sulla sua presenza in quel luogo.

Sudando sotto il sole impetuoso di Auriga IV, Alta salì la scalinata di ferro dell'edificio e scivolò dentro.

Come aveva immaginato quello era il luogo in cui il midollo osseo dei Rems veniva estratto e messo a essiccare in grandi forni. Lì diventava polvere e acquistava il caratteristico colore scarlatto dello Snoze puro, pronto per il trattamento chimico. Dopodiché, un sistema di stivaggio incapsulava quel tesoro e lo stivava in contenitori stagni che una fila di trattori trasportava fino alle navi da carico. Quanti Rems erano stati uccisi per preparare uno solo di quei contenitori? Il pensiero fece vacillare Alta e lo costrinse a uscire dall'edificio.

Adesso sapeva che cosa avrebbe dovuto fare, perché non poteva permettere che quel massacro si perpetrasse ancora. Anche a costo di rischiare la vita.

Tornò rapidamente dai Rems che l'attendevano occultati nelle frasche e gli fece segno di ascoltarlo.

-- Adesso dovete essere voi a seguire me. Vi aiuterò a liberare la vostra gente come potrò. Dovete capirmi anche se non parliamo la stessa lingua.

I Rems non dissero nulla. Si scambiarono delle rapide occhiate poi annuirono come era solito fare lui. Alta sorrise e si avviò verso la baracca dell'armeria sorvegliata da due guardie armate. Là dentro avrebbe trovato quello che gli serviva.

Anche loro, i veterani e i figli di puttana come il caporale Hyta, avevano un'anima e un cervello. Non potevano restare del tutto indifferenti a quello che accadeva su Auriga IV. Ecco spiegati i loro sguardi vacui e il desiderio di annullare la propria coscienza con lo Snoze, che in quello stadio era un potente allucinogeno e un palliativo alla feroce realtà in cui erano costretti a muoversi.

Fondamentalmente erano codardi, disposti ad assumere delle droghe piuttosto che ribellarsi alle pretese dei potenti.

Mentre camminava verso l'armeria, Alta cercava di ciondolare come i due veterani che al loro arrivo sul pianeta li avevano avvicinati e avevano rifilato a Duncan la bustina di Snoze. La fascia con le medaglie di stoffa splendeva sotto le stilettate ardenti del sole, e i due militari a guardia della casamatta avevano le pupille dilatate dalla droga.

Per Alta fu un giochetto aggredire quello sulla sinistra e strappargli dalle mani il fucile dopo aver fatto finta di inciampare. Il secondo reagì con qualche secondo di ritardo, forse appannato dall'azione dell'allucinogeno. Alta lo colpì allo stomaco con il calcio del fucile e poi sulla nuca, facendolo stramazzare a terra privo di sensi. Quando il militare che aveva disarmato cercò di saltargli addosso, lui lo colpì in faccia con la canna brunita e si affrettò a strappargli dalla cintola le chiavi della baracca.

Le guardie sulla garitta non si interessavano di quello che accadeva all'interno della base, intenti forse a succhiare il midollo essiccato dei Rems come una barbara razza di cannibali.

Alta fece scattare la serratura dell'armeria, scivolò dentro e prese uno zaino tattico dalla rastrelliera. Lo riempì il più in fretta possibile con granate a dirompenza e caricatori per fucili automatici, poi raccolse una bracciata di M-21 e corse fuori. Raggiunse i Rems, consegnò loro le armi e si azzardò a tornare ancora nella casamatta. Quando ebbe terminato il quarto carico udì echeggiare delle grida dalle garitte e divampare la sirena dell'allarme. Fece segno ai Rems di fuggire e gli fu dietro.

Sentiva una folle sensazione di gioia navigargli nel petto, la consapevolezza selvaggia che stava diventando un rinnegato della sua razza. Ma lo faceva per una giusta causa, e per una creatura che lo stava aspettando in un nido fabbricato con rami intrecciati.

Non sapeva quale destino attendeva lui e Liza, ma non si vergognava di pensare a loro due come a una qualsiasi coppia di umani.

Indipendentemente dalla possibilità di poter avere prima o poi un figlio tutto loro.

Il colonnello Djordjevic, comandante in capo del distaccamento operativo su Auriga IV, aggrottò le sopracciglia folte quando la segretaria elettronica gli comunicò che il maggiore Mistav desiderava conferire con lui.

Che cosa diavolo voleva quel giovane impudente? Per quale motivo era rientrato alla base dall'avamposto in cui era stato assegnato?

-- Avanti -- disse Djordjevic rivolto al microfono della console, e qualche secondo più tardi Mistav entrò nel suo ufficio con ancora indosso la mimetica e lo zaino tattico.

-- Che significa? -- chiese Djordjevic sorpreso.

-- I Rems, signore -- si limitò a rispondere Mistav dopo aver salutato militarmente.

-- I Rems, cosa?

-- Hanno sferrato un attacco organizzato contro il mio plotone. Credo di essere l'unico superstite, insieme al mio attendente.

Djordjevic sbiancò.

-- Non starà dicendo sul serio?

Il viso di Mistav si contrasse in una smorfia. -- Quei bastardi sono saltati fuori all'improvviso armati di granate dirompenti e fucili. I nostri fucili. Hanno fatto una strage. E credo di poter dire che nessuno di loro sia stato colpito.

Il colonnello Djordjevic si alzò lentamente e si accostò alla finestra. Ecco dunque arrivato il momento che aveva sempre temuto. Fino a quel giorno la guerra coi Rems era stata poco più di una scaramuccia, con una netta supremazia tecnico-tattica da parte degli umani. Loro si difendevano come potevano, utilizzando le poche armi che riuscivano a confezionare con pietre e bastoni oppure con quelle che riuscivano a strappare a qualche recluta imprudente che si faceva soprendere. Ma adesso

-- C'è un altro particolare importante, signore -- aggiunse il maggiore Mistav. Djordjevic si voltò a guardarlo. -- I Rems erano perfettamente organizzati, non si è trattato di una delle loro solite sortite. Hanno agito secondo un preciso schema militare.

-- Com'è possibile, maggiore? Quelle bestie non sono mai state organizzate. Si rifugiano per un po' nella foresta e poi ne riemergono inevitabilmente, carne fresca da mettere a bersaglio.

Mistav strinse le mascelle. -- C'è un umano, con loro -- rivelò. -- Un bandito che li ha guidati nell'attacco contro il mio plotone. Ho fatto controllare e credo di averlo riconosciuto.

-- Chi è? -- volle sapere Djordjevic stravolto.

-- Un Certo Alta Ronoe. Vent'anni. Una recluta arrivata su Auriga IV poco meno di un mese fa.

-- Una recluta?

-- Affermativo, signore. Un fottuto traditore.

In quel momento il colonnello Djordjevic ebbe la conferma che i suoi peggiori presentimenti si stavano alla fine realizzando. La caccia alla volpe era terminata, e la guerra coi Rems adesso sarebbe diventata mille volte più aspra e difficoltosa. Djordjevic si augurò che qualcuno decidesse di porvi fine, poiché non aveva senso rischiare la vita di tanti uomini per le bramosie di pochi potenti. Neppure se questo avrebbe voluto dire ridurre le sue scorte personali di Snoze, la droga della lunga vita che fino a quel giorno avevano raccolto a piene mani, senza incontrare resistenza.

C'era voluto l'intervento di un essere umano per dare avvio a quella rivoluzione. Una fottuta recluta senza spina dorsale che non aveva accettato di lasciarsi ammaestrare.

Suo malgrado Djordjevic sorrise. Credeva che uomini di quello stampo non ne esistessero più.

Ma a quanto pare aveva torto.

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