Siamo al penultimo giorno ufficiale del Trieste Science+Fiction, escludendo le repliche del lunedì, e già vorremmo tornare indietro nel tempo. Come il protagonista di The Time Machine, richiamiamo alla memoria l’esposizione di LRNZ, le colonne sonore nella hall dell’hotel Victoria, la galleria fotografica Sci-Fi Stars all’Acquedotto Caffè con Argento, Romero, Gilliam… Riguardo a quest’ultimo punto, realizziamo che questa edizione è stata certamente di alta qualità ma priva per l’appunto di star della fantascienza. Certo, Bollani e un componente dei Kraftwerk ad animare le serate non sono cosa da poco. Ma, ne converrete, il confronto col trovarsi Rutger Hauer a fianco l’anno scorso è davvero impietoso.

Il discorso è che la Cappella Underground (l’associazione dietro al TS+F n.d.r.) ha aumentato a dismisura i proprio impegni, personali e collettivi, cosa che ha avuto un impatto su alcuni aspetti del festival. Hanno preso anche in gestione l’Ariston, il cinema più importante di Trieste ci confida Carlo, in passato tecnico del Rossetti. In effetti ci chiedevamo come mai le repliche fossero programmate in un cinema esterno – ossia proprio l’Ariston.

Lasciamo questi discorsi e tuffiamoci nel vero motivo della nostra visita. Alle 14.00 parte la seconda parte della selezione di corti europei.

Frail (Puppenspiel) in ogni fotogramma fa sperare che qualche finanziatore dia al regista svizzero Ares Ceylan la possibilità di fare un lungometraggio. Poetico, fatto da dio e meravigliosamente elegante, rende difficile al pubblico staccarsene dopo neanche venti minuti.

Con Astronaut of featherweight piombiamo nel fulcro stesso della libertà insita nei brevi minutaggi: permettersi una sorta di motion graphic novel con dialoghi filosofico-tecnologici intrisi di malinconia. Ambientato in un futuro ultracapitalista, in cui il denaro può rendere immortali trascendendo la propria coscienza in una sorta di continuum percettivo, assistiamo a bocca aperta a mezz’ora di immagini senza un filo narrativo ben preciso. Con un talento visionario indubbio, Dalibor Barić azzecca un diamante di rara bellezza. I sintetizzatori e le rarefatte batterie elettroniche accompagnano lo spettatore nella visualizzazione di ambienti astratti e – dopo quasi mezz’ora – le parole pronunciate e scritte ci ipnotizzano totalmente.

Per l’ennesima volta è tempo di zombie al TS+F, ma per una volta tanto con sentimento e ironia. A father’s day di Mat Johns immagina un incontro padre-figlia dopo la trasformazione in morti viventi, riuscendo nell’impresa quasi impossibile di far divertire, riflettere e commuovere in dieci minuti. Miracolo.

Ma l’esplosione di sala avviene inaspettatamente con il parodico, politicamente aggressivo e buffissimo The last schnitzel. In una terra ormai devastata dallo sfruttamento umano, in cui sono cent’anni che si mangiano solo pillole, il presidente turco decide di non dare il via libera all’evacuazione fino a che non gli avranno servito l’ultima cotoletta. Sì, avete capito bene. E dato che i polli sono scomparsi da duecento anni, il faccendiere sarà costretto a sacrificare una parte molto metaforica del proprio corpo. Imperdibile, attualissimo.

Palma dello Schifo d’Oro di Fantascienza.com all’inguardabile Mayday. Ragazzi, ok, siete giovani francesi, vi piace la musica trap e il cinema estremo. Ma vomito, masturbazioni, sangue e turpiloquio sono elementi che possono stancare anche solo dopo tredici minuti. E forse prima.

Rememory
Rememory

Alle 17.00 parte Rememory di Mark Palansky. Il paragone con The Final Cut, almeno a livello narrativo, è più che giustificato. Dopo la morte di Gordon Dunn, un noto ricercatore nell’ambito della registrazione e riproduzione dei ricordi, si scatena un putiferio. In molti credono che la scomparsa dello scienziato sia legata a un nuovo macchinario in grado di rivivere i ricordi. C’è chi ritiene che ci sia qualcosa di rivoluzionario in questa tecnologia, che la moglie si tiene bene stretta in casa, isolandosi dal mondo. Ma un uomo ruba questa macchina per risolvere il mistero, scoprendo la domanda fondamentale su cui si basa il film: se possiamo rivivere il passato possiamo anche cambiarlo? In questo noir futuristico, gli elementi sono davvero ben dosati e – complice un certo Peter Dinklage come attore principale – non ci stupirebbe un discreto successo di questa pellicola. Anche se forse verso il finale non tutto funziona, il film si fa guardare molto volentieri.

Lo ammettiamo: siamo andati a vedere Beyond Skyline solo perché minacciati dal Terribile Dittatore Unico di Fantascienza.com (N.d.T.D.U.d.F.C. non è vero, ci è andato perché sotto sotto lo incuriosiva). Ci sediamo già sbuffando ma, già dopo una ventina di minuti, dobbiamo ricrederci: il seguito del pasticciato (anche se di successo) Skyline è superiore all’originale. Riprende il filo narrativo del primo migliorando la tridimensionalità dei personaggi e rimanendo sempre miracolosamente in bilico tra l’omaggio alle commercialate del genere e la voglia di raccontare qualcosa di nuovo. Frank Grillo (già noto per partecipazioni in blockbuster sci-fi come Minority report Captain America) è totalmente nella parte. Non vi vogliamo svelare nulla più, consci che il film non troverà certo problemi di distribuzione, ma vi sproniamo a non fare il nostro stesso errore: ogni opera può davvero ribaltare il destino di saghe e registi. Con questo divertente sequel Liam O’Donnell è stato depennato dalla lista nera. Per il momento almeno, dato che il finale dà ampia possibilità a un terzo capitolo.

It Came From The Desert
It Came From The Desert

Chiusura serata con It Came From the Desert del finlandese Marko Mäkilaakso (per scrivere il cognome abbiamo sputato sangue), per qualche motivo perfetto dopo Beyond Skyline. Insettoni giganti e risate per questo film ispirato da un videogioco per Amiga, che chiaramente prende anche moltissimo dalla sci-fi degli anni ’50 (come non citare Assalto alla Terra) nonché dalle commedie horror. Una chiusura leggera e col sorriso.

Perdiamo purtroppo Veronica del creatore di Rec, Paco Plaza. Ma la mattina dopo incontriamo Alessandra, studentessa qui a Trieste. Non ci ho dormito la notte, come per Rec. Ma si vede che non ho ancora imparato la lezione…