C’è un intero segmento di popolazione italiana per cui definizioni come “lame rotanti” e “alabarda spaziale” hanno il potere di richiamare alla mente in un lampo le serie televisive di super robot trasmesse tra la fine degli anni ‘70 e gli ‘80; Mazinga, Ufo Robot e Daitarn (solo per citarne alcune, ma ce ne sono state tantissime) hanno costellato i pomeriggi di tanti ragazzi e contribuito a plasmare un immaginario influente ancora oggi.

Non stupisce allora che, qualche decennio dopo, quei ragazzi siano diventati grandi, e provino a riflettere in modo serio su quello che hanno visto ed esperito.

Ci riesce, ed egregiamente, l’autore Jacopo Nacci, con il volume Guida ai super robot. L’animazione robotica giapponese dal 1972 al 1980, edito da Odoya.

Chi si aspetta un’operazione “amarcord” resterà deluso, almeno parzialmente. Ci sono, è vero, numerose schede dedicate a tutte le serie più influenti uscite nel periodo indicato, che saranno in grado di far scendere qualche lacrima di nostalgia, o magari un sorriso per la descrizione di certi sviluppi di trama un po’ ingenui. Il cuore dell’opera però non si limita a un elenco di anime, ma è costituito da un corpus di analisi su quello che è, a conti fatti, un vero “genere narrativo emergente”.

Quelli che appaiono a prima vista come luoghi comuni anche un po’ stereotipati – il protagonista orfano, lo scienziato geniale, l’invasione aliena un mostro alla volta… – vengono infatti sviscerati con intelligenza, per farli parlare fra loro e delineare un quadro narrativo assolutamente coerente. Un po’ come se, attraverso queste serie, a parlare nell’arco di un decennio fosse l’inconscio collettivo di una nazione.

Operazioni di questo tipo lasciano sempre il sospetto legittimo che si tratti di sovrainterpretazione: che sia insomma un unico grande trip che si svolge nella mente del critico di turno, e che in realtà gli autori di cui si parla non intendessero affatto ciò che si attribuisce loro. È un rischio che Nacci elude abilmente: la sua analisi è convincente e ricca di argomentazioni, ed è particolarmente efficace la scelta di creare una grammatica di definizioni (l’abisso, la catastrofe…) in cui tutte le serie si incasellano alla perfezione. Oltretutto ci sono serie che sono state trasmesse pressoché in contemporanea e avevano gli stessi identici caratteri salienti, a dimostrazione del fatto che certi erano evidentemente nell’aria.

La lettura del volume è godibilissima e permette di dare un senso non solo non banale, ma addirittura molto profondo, a prodotti dell’ingegno che sarebbe riduttivo continuare a pensare solo come “cartoni di robot giganti che si danno le mazzate”. Consigliato.