Senza girarci troppo attorno, sono le intense scene di battaglia pescate dalla cinematografia bellica a stelle e strisce la metà esatta dell’anima di Ghost Recon Advanced Warfighter. L’altro pezzo, che col tempo è destinato a ritagliarsi probabilmente la parte del leone, esprime al meglio la competizione in arene on-line così cara ai possessori di console Microsoft. Ma andiamo con ordine, perché la pietanza cucinata da due grossi studi – in collaborazione con le appendici editoriali di Barcellona e Parigi - per l’ultimo Tom Clancy di UbiSoft è davvero succulenta. Muove i primi passi in Centroamerica, tra i panorami assolati di una metropoli che ricorda i colori di Black Hawk Down. Non soltanto semplici riferimenti diretti, quanto piuttosto un rumore di fondo, orchestrato con le più moderne diavolerie tecnologiche per donare al videogame un aspetto smaccatamente hollywoodiano. Le esplosioni si sprecano, ma sono ancora di più i filtri grafici a impreziosire lo spettacolo visivo da kolossal su cui si sono concentrati gli sforzi di Tiwak, sede a Montpellier, lo sviluppatore che si è occupato del singleplayer di Tom Clancy’s Ghost Recon Advanced Warfighter. Uno su tutti, il famigerato Hdr (high dynamic range), che simula le reazioni dell’occhio umano nei diversi contesti luminosi. Affacciarsi in un vicolo e venire abbagliati dal sole del mattino è una sensazione che non si prova spesso su console, nonché uno dei biglietti da visita con i quali UbiSoft sottolinea il dna next generation del suo sparatutto tattico. Sebbene i più smaliziati vi scorgeranno principalmente un rivestimento, sono accorgimenti che posso distinguere favorevolmente i big dell’alba della nuova era. E di produzioni massicce come Ghost Recon Advanced Warfighter su Xbox 360, per ora, non c’è praticamente traccia.

Già in questo il videogame è un assaggio del futuro, oltre al fatto di essere ambientato nel 2013. Stavolta il team di Clancy, romanziere americano celebre per i suoi scenari ad alta tensione, immagina la firma di un patto tra i presidenti di Stati Uniti, Messico e Canada per combattere il terrorismo e l’illegalità in America. Lo storico summit è in programma a Città del Messico. E lì il solito estremista pseudo rivoluzionario coglie l’occasione per scatenare una delle più vaste operazioni di disturbo mai concepite. Al punto che, nel giro di poche ore, il vertice è saltato e il primo cittadino statunitense fatto prigioniero. L’unica speranza della più grande potenza Nato sono quattro militi scelti, l’élite dell’élite. Si chiamano ghost, fantasmi, perché si infiltrano tra le linee nemiche per colpire rapidi e poi sparire. Il giocatore impersona il capo del gruppo, Scott Mitchell, un nome noto ai fan della serie. Gli altri tre specialisti possono essere guidati sul campo tramite un breviario del comando, che contempla elementari ordini di movimento, fuoco e ingaggio. A loro si aggiunge la presenza di mezzi, come carri, droni ed elicotteri, in qualità di ottimi elementi di appoggio.

Risorse da gestire con cura, siccome il videogame punisce gli approcci più sconsiderati (la città è piena di cecchini e non perdonano) e premia la pianificazione, al volo, delle mosse. Basta un colpo, più o meno, per restarci secchi e prima di percorrere una strada è meglio osservare con attenzione la zona. In questo senso, un grosso aiuto arriva dal cross-com, un dispositivo high-tech che anticipa la prospettiva sul mondo dei soldati di domani. Il cross-com è il fior fiore della scienza bellica che UbiSoft ha recuperato direttamente dagli uffici dei reparti di ricerca e sviluppo del ministero della Difesa a stelle e strisce. Si tratta di un visore avveniristico che informa in tempo reale il combattente sull’evolversi della battaglia, rivelando ad esempio l’ubicazione dei nemici o degli obbiettivi, migliorando la leggibilità degli scontri in caso di condizioni avverse (notte, nebbia...) grazie ad appositi intensificatori, a infrarossi, ecc. Come altri particolari dell’equipaggiamento di Ghost Recon, entrerà a far parte della dotazione della fanteria statunitense dal 2010.

Si accennava a Black Hawk Down come fonte estetica primaria, enfatizzata anche dalla dinamicità delle inquadrature (di base in terza persona, ma volendo anche in prima) e contemporaneamente abbandonata nella staticità della metropoli deserta (ad esclusione delle manciate di miliziani, non si incontra nessuno). A livello di contenuti invece, mentre il film di Ridley Scott è l’epica cinematografica di una disfatta, Tom Clancy’s Ghost Recon Advanced Warfighter è la fanfara squisitamente yankee del singolo (il giocatore) che supera ogni difficoltà. Seppure i momenti di pressione non manchino, il tono è insomma trionfalistico. Una posizione peraltro assolutamente naturale per il medium. Le missioni mantengono un ritmo incalzante, con veri picchi nei nodi chiave (magari pirotecnici), e si contraddistinguono tutte per l’interessante planimetria delle mappe, che offrono diversi spunti interpretativi.

Uno dei segreti neanche troppo velati della modalità multiplayer, l’asso nella manica di Ghost Recon riservato agli abbonati Live, il servizio di gioco on-line di Microsoft. A firmarla Red Storm Entertainment, ovvero la compagnia del North Carolina che ha tirato su la serie (e l’antesignana Rainbow Six) fin dalle origini. Un lavoro coi fiocchi, testimoniato dalla popolarità che il videogame ha in Rete (è, senza grossi dubbi di smentita, il titolo attualmente più giocato su Live, dietro al fenomeno Halo 2). Tanto successo si spiega in una valanga di opzioni che permettono di studiare con precisione la forma della partita. Essenzialmente tutte le classiche, che però godono degli inediti risvolti tattici di un gioco che punta molto del suo fascino sul lavoro di squadra e le più fluenti sortite collettive. Le meccaniche funzionano così bene e la sostanza è talmente abbondante che, dopo un po’, si dimenticano facilmente i tagli grafici, scotto che il multiplayer deve pagare nei confronti della campagna in solitario.