Tre per uno: è realtà l’embrione nato da tre genitori. Nonostante veti, leggi, dichiarazioni etiche, accordi, anatemi, scomuniche, l’ingegneria genetica – com’era prevedibile e come d’altronde è stato finora – procede per le sue vie. Si è inveito contro le fecondazioni in vitro (anni ’50), poi contro la manipolazione del Dna, i trapianti di embrione, gli uteri in affitto, la pecora Dolly.

In questi giorni l’occasione è fornita da una novità, anche se tutto sommato neanche di novità si tratta: è stato “creato” un embrione con il Dna di tre genitori, ovvero due donne e un uomo. A che scopo? Semplice: la madre è affetta da una malattia mitocondriale ereditaria, cioè che rischia di essere trasmessa alla prole. Le malattie del mitocondrio, una quarantina, sono rare e poco note ma gravi (miocardie, epilessia, sordità, cecità, diabete, in forme diverse da quelle più conosciute, quindi anche meno facilmente curabili: un caso ogni 5-10000).

I mitocondri sono in sostanza piccoli organi cellulari che si trasmettono unicamente per via materna, circa 16000 (contro i quasi 3 miliardi dell’intero patrimonio genomico umano, mitocondri esclusi), che hanno la funzione di trasmettere energia alle cellule.

L’intervento si è svolto nel modo seguente: si preleva un ovulo umano fecondato e se ne estrae il nucleo, contenente l’intero materiale genetico paterno e materno; detto nucleo viene inserito nell’ovulo di una donatrice, preventivamente svuotato del suo Dna originario, ma che ha mitocondri con Dna sano; quest’ovulo viene reimpiantato in sostituzione del primo. Il gioco è fatto: il Dna mitocondriale (malato) è stato eliminato: interverrà quello della donatrice dell’ovulo.

Avevamo detto in apertura che non siano neanche a una novità: infatti nel 1999, a Torino, nacque un primo bimbo da un analogo “ménage à trois”, ma la tecnica era stata leggermente diversa: nell’ovulo della madre con malattia mitocondriale erano stati trapiantati i mitocondri d’una donna sana. Non c’era stato, quindi, un prelievo e reimpianto di embrione.

Chiaro che siamo comunque in piena manipolazione genetica, ma onestamente non vediamo – almeno in circostanze del genere – grandi tragedie. Va da sé che stampa e politici si sono scatenati: “Siamo nel circo Barnum dell’etica”; “Un essere umano usato come oggetto da montare e smontare è un’offesa alla scienza e alla vita” (senatrice teodem Paola Binetti); “Ogni bambino ha diritto al proprio Dna fatto da un padre e una madre e che non sia manipolato” (senatore Luigi Bobba, ex presidente dell’Acli).

In realtà anche i figli nati da donatrici di utero hanno, sotto questo aspetto, tre genitori, in quanto comunque ereditano i geni mitocondriali dalla madre gestazionale: ma questi geni “estranei” ereditati, puramente funzionali, non si mescolano con quelli del nucleo e quindi non intervengono nelle caratteristiche personali del nascituro. Per il genetista Giulio Cossu (San Raffaele, Milano) si tratta di una tecnica che farà nascere bimbi più sani, anche se essa “avvia un dibattito che richiede un’attenta riflessione”.

In realtà nell’ovulo modificato si inserisce un’informazione “terza”, i cui eventuali effetti sono tuttora da accertare.

Ovviamente per chi legga fantascienza tutto ciò è un déjà vu. Anzi, siamo ancora lontanissimi (per fortuna) dagli orrori del Mondo Nuovo huxleyano ma anche dalle meraviglie, sia pure ambigue, della Matrice Spezzata di Bruce Sterling…