L'Impero cui si riferisce il titolo di questo volume (con nota Introduttiva di Piergiorgio Nicolazzini e illustrazioni di Alessandro Bani;) non ha nulla a che vedere con l'Impero di Star Wars, né con quello del ciclo Foundation di Isaac Asimov; e a ben vedere esso ha scarse attinenze anche con i numerosi imperi stellari divenuti - fin dagli anni Trenta - un luogo tipico di molta fantascienza avventurosa. Inoltre non si tratta di un romanzo vero e proprio, ma di una raccolta organica di storie (dodici, una delle quali occupa metà volume) indipendenti fra loro ma legate da uno scenario comune - la Terra di un lontanissimo futuro - e dal fatto che esse vengono narrate da Majno, leggendario creatore di ballate nonché acuto cronista di un'epoca ricca di meraviglie, splendori e orrori.

Questo volume è quindi un "falso romanzo", similmente alle celebri Cronache marziane di Ray Bradbury, o a City di Clifford Simak. Infine, quanto al contenuto dovremmo parlare di science fantasy: una di quelle classificazioni necessarie ma di comodo (come sono in fondo tutte le definizioni dei generi narrativi), cioè storie dove elementi fantascientifici si innestano sull'ambientazione tipicamente fantasy.

Ma in definitiva, di cosa scrive Adalberto Cersosimo in questa sua singolare opera?

Siamo in uno dei momenti più confusi della storia dell'Impero, ormai travagliato da profonde crisi: una ambientazione crepuscolare che ben si adatta alla personalità di Majno, Cantore vagabondo e ribelle, più osservatore disincantato che uomo di azione o di armi, oggi richiesto alle corti fastose di principi ma domani costretto a fuggire per lande desolate. La sua prima "testimonianza" è intitolata La ballata selvaggia, e in essa Majno racconta i tempi della sua fanciullezza, fino alla maturità: periodo turbolento ma determinante per la sua formazione. Egli diviene aiutante di Garnier, un liutaio che oltre alla musica gli insegnerà molte cose: soprattutto a essere curioso e a porsi domande. Garnier stesso emerge come figura misteriosa, giunta chissà da dove: forse addirittura dalle stelle. Si dice infatti che in tempi remotissimi, quando l'Impero neanche esisteva, l'umanità possedesse una scienza simile a quella degli dèi; e molti uomini lasciarono il nostro pianeta per volare verso i mondi di altri soli, "in cerca di tesori e di avventure". Fuggito drammaticamente dalla bottega di Garnier, il futuro Cantastorie si unirà a un gruppo di amici (fra i quali c'è Teia, una diversa), e andrà incontro a numerose vicissitudini.

Nella storia seguente, La battaglia di Gola di Vento, il Cantore rievoca gli eventi che impedirono la distruzione dell'Impero da parte delle barbare tribù dei Lupi: per vincere il nero Guntar, Livian - il Signore Guerriero - non esiterà ad usare lo Specchio del Demonio. Si tratta di un ordigno devastante, forse eredità della mitica scienza del passato.

Dove sono le nevi cambia ancora registro. Un giovane ama Leila, ma costei scopre di essere una Eterea, cioè una diversa capace di volare: perché "un giorno tutti gli uomini sapevano volare e costruivano macchine adatte allo scopo", e gli Eterei sono "le farfalle dell'uomo". Poiché Leila vorrà unirsi ad altri Eterei, il giovane impiegherà anni nel tentativo di costruirsi un paio di ali e raggiungerla, ma dovrà fare i conti con il Braccio Tutelare dell'Impero, ostile a qualunque "diversità" in quanto pericolosa al regime (abbiamo presentato questo racconto su Delos di luglio 2000, come anteprima del volume, nella rubrica Quando le radici).

Ne I giardini del tempo si narra di un luogo incantato in cui il tempo resta immobile, di un uomo in fuga ingiustamente accusato di omicidio, di Corinna - donna bellissima che ha tramato contro di lui - e del Guardiano, essere "mostruoso" ma di infinita saggezza giunto da altri mondi. Siamo ad uno dei vertici narrativi di Cersosimo, sia per le valenze etiche del racconto, improntato a una visione di profonda umanità, sia perché la scrittura, sempre di particolarmente ricercata, si fa ancora più trasparente, ricca, evocativa. Vale la pena di riportare l'incipit: "Giacevano i giardini del tempo congelati dal lume lunare. Non c'erano canti notturni di uccelli, né brezze che facessero tremare le foglie. Gelide lucciole immobili, senza pulsare, schiarivano l'ombra dei pergolati e dei cespugli. Nell'asciutta, fredda luce mattutina, i boccioli non si schiudevano; corone d'onice e d'opale venato non vibravano in cima ai verdi steli di cristallo. L'aria tiepida, nel pomeriggio, non risvegliava frinire di cicale; mai il silenzio era increspato dai suoni..."

Il pittore delle nuvole ci presenta un'altra diversa: Alhena. E' un tassello dell'"Impero" dalle accese tinte weird, fra miraggi diurni e incubi notturni nei quali si mescolano un amore trasgressivo, sesso e orrore.

Larrabee è il nome di una giovanissima Menestrella che gira il mondo con Glinka, il Saltimbanco. Larrabee ha insospettati poteri, e quando ella tramuterà in persona normale Ragno, un giovane nato storpio, da parte del Braccio Tutelare si scatenerà la caccia alla strega e ai suoi due amici.

Il volume si chiude con I giocatori dell'Impero: dove si racconta allusivamente come il potere, dapprima ostile ai "diversi", alla fine cerchi di asservirli al suo scopo, cioè la salvezza di un organismo di governo in disfacimento. La trama si impernia su una mortale partita a dadi giocata da Jan e dal suo inseparabile compare Filosofo, contro Lazlo - Signore Guerriero usurpatore - e Kata, bellissima strega raccolta da Lazlo in un postribolo. La particolarità è data dal fatto che sia Kata, sia Filosofo, hanno la capacità di influenzare mentalmente il gioco a proprio vantaggio. Per la costruzione della suspence e per la sua atmosfera, questa storia conclude degnamente la raccolta (occorre sottolineare, se non si era già intuito, che molte figure femminili hanno un rilievo particolare nella scrittura di Cersosimo).

Come giustamente scrive Nicolazzini nella sua Nota Introduttiva, si possono agevolmente individuare in questa raccolta alcuni riferimenti stilistici e tematici: ad esempio Jack Vance, Fritz Leiber (Jan e il Filosofo hanno una lontana parentela con Fafhrd e Grey Mouser), Catherine L. Moore, e altri autori. Personalmente aggiungerei Clark Ashton Smith, e anche Simak; ad ogni modo i temi e soprattutto la scrittura restano decisamente personali. D'altronde l'Autore non è certo l'ultimo arrivato: il suo primo racconto pubblicato risale al 1962, ed egli ha continuato a produrre anche nei peggiori momenti di chiusura editoriale agli italiani. La maggior parte dei suoi lavori (in gran numero tuttora inediti) rientra nel ciclo dell'Impero, un cui primo tassello apparve sulla rivista Nova Sf all'inizio degli anni Settanta. Cersosimo è soprattutto uno scrittore di storie non lunghe: e questo purtroppo penalizza, dal momento che il Dio Mercato esige quasi esclusivamente romanzi. L'iniziativa della Nord di dare alle stampe Il Libro dell'Impero, il quale può anche essere visto come un'antologia personale di racconti italiani, è dunque una novità importante. Chissà che le cose non cambino, prima o poi!

Resta da accennare ad alcuni significati più immediati che ci sembra emergano da queste storie (individuare significati è anche un gioco perché, entro certi limiti, ciascuno può vederci ciò che vuole). Questo Impero invisibile, ovvero continuamente evocato ma solitamente assente, ai limiti del disfacimento, somiglia in realtà molto al nostro Duemila: entrambi mondi che sembrano avere (anzi, hanno) perso certezze millenarie e nei quali può apparire consolante ancorarsi a illusioni; per esempio, vagheggiare di una un'età mitica in cui gli uomini avevano il potere di dèi ed erano saliti alle stelle. In uno dei racconti della raccolta il protagonista va nella favolosa città imperiale, sale i gradini marmorei del Palazzo, riesce a entrare nella sala dell'Imperatore... e con grande stupore la trova deserta: ma è necessario "che nessuno mai sappia". Un mondo inoltre, quello dell'Impero (e nostro), nel quale a volte dilaga la superstizione, e dove i "diversi" (coloro che per qualunque motivo non si adeguano alla norma) sono da emarginare, o bruciare sul rogo; ma ciò non turba l'animo del Cantore. Ecco infatti come si esprime un personaggio: "Da allora ho cercato i differenti, li ho tolti dai loro rifugi per insegnargli il gusto del coraggio. Sotto la tenda di un saltimbanco, tra i giullari di una corte, in una misera capanna tra i monti, nelle affollate strade di una città con la ciotola tesa alla benevolenza dei passanti: in questo modo li ho trovati".

Insomma solidarietà per i diseredati, astio verso i gendarmi di un potere disposto a tutto pur di perpetuarsi. Ma anche, a volte, rinuncia alla vendetta, in nome di una visione più ampia che ha momenti simakiani: "Adesso sapeva dov'era, e quale amore sconfinato verso le cose che vivono nell'immensità di tutti i cieli aveva spinto il Guardiano alla sua missione". E, fra altre, troviamo questa citazione: "La polvere, il sangue, le mosche, l'odore / per la strada e fra i campi la gente che muore / e tu, tu la chiami guerra e non sai cos'è / e tu, tu la chiami guerra e non ti spieghi perché". Da Fabrizio de André, ovviamente.