Il circo dei gatti di Vishnu è l’ennesimo – per il momento ultimo – tassello aggiunto Ian McDonald alla sua epica del futuro di ambientazione indiana. Apparso originariamente nell’antologia Cyberabad Days (2009), chiude un ciclo di sette racconti e novelle pensate dallo scrittore britannico per approfondire l’esplorazione dell’India del futuro avviata nell’acclamato River of Gods (2004). Il subcontinente balcanizzato già al centro del romanzo finalista al premio Hugo e vincitore del BSFA Award torna quindi con le sue mille contraddizioni, intrappolato tra le lusinghe di un progresso senza limiti e il retaggio sociale di tradizioni secolari.

Protagonista e narratore di questa storia è Vishnu Nariman, esponente di una nuova casta di superuomini programmati geneticamente. A causa di un peccato di vanità e superficialità commesso da sua madre, per poter vivere il doppio della media degli altri uomini il giovane Vish cresce a una velocità più lenta del normale. Al contempo sviluppa doti eccezionali che lo rendono ancora più singolare tra i suoi coetanei, tra cui una spiccata sensibilità sinestetica, e si lega alla sorella Sarasvati in un’intesa profonda che va oltre la pur ambigua complicità di facciata. Malgrado le sfrenate ambizioni materne, tuttavia, nella continua rincorsa del progresso Vishnu finisce presto per essere sopravanzato con i suoi simili dalla next big thing. E quando si ha a che fare con le Intelligenze Artificiali che già avevano dato sfoggio della loro potenza nel Jyotirlinga esploso nel cielo di Delhi nel finale de La moglie del djinn (novelette del 2007, vincitrice del premio Hugo e pubblicata in Italia sul numero 53 di Robot), non è affatto il caso di scherzare. Anche perché Shiv, il fratello maggiore di Vish, nutre da sempre nei suoi confronti un sentimento di rancore e una insaziabile sete di rivalsa e cova il sogno di rendere a tutti i costi obsoleto il povero Vish e la sua generazione di Bramini. Architetta per questo un piano per rendere ancora più interessante il futuro dell’umanità, stimolandone la piena integrazione con l’ecosistema delle IA fino alla creazione di ibridi post-umani ancora inconcepibili: i bodhisoft.

Mentre Vish passa dalla ribellione giovanile ai sacrifici della maturità e abbraccia la carriera politica come funzionario governativo, riuscendo nelle vesti di burocrate a scongiurare una nuova guerra tra gli stati rivali dell’Awadh e del Bharat, Shiv si sprofonda negli studi volti a mettere a punto un microprocessore organico in grado di abbattere i limiti del sistema nervoso umano. Mentre Vish allaccia importanti relazioni diplomatiche con l’intenzione di traghettare l’India fuori dall’Era di Kalì, Shiv si affida ai processori-polvere per trasformare in memoria il mondo intero. “Mondo interiore e mondo esterno si fonderanno. Potremmo essere molte cose, molte vite nello stesso istante. Potremmo duplicarci all’infinito. Potremmo mescolarci con le IA divenendo una cosa sola. Questo era il loro accordo, la loro pace. Saremmo diventati una nuova specie, post-umana, post-IA”.

Agli occhi di Vish questo scenario si prospetta fin dal primo istante come catastrofico: come l’India, così l’umanità finirebbe per frammentarsi in una galassia di specificità afferenti a due blocchi in movimento verso il futuro a velocità diverse, e i poveri sarebbe concesso poco più del ruolo di spettatori passivi, privi di qualsiasi diritto, condannati ad assistere all’ascesa delle classi medio-alte verso una condizione sempre più privilegiata. Ed è  a questo punto che il privilegiato Vish, bramino per decreto genetico, matura la più coraggiosa delle decisioni. La scelta che si ritrova a operare è tra l’accordo proposto dalle temibili IA di Generazione Tre (rinnegare tutto ciò per cui è stato creato), oppure rifiutare e invecchiare lentamente in un mondo sempre più irriconoscibile e disumano.

Anche questo, nella ciclicità della vita e del cosmo, è tuttavia solo l’inizio di una nuova avventura che lo conduce un passo alla volta oltre il velo di Maya della realtà illusoria. Nel corso dei suoi pellegrinaggi Vish abbraccia l’osservazione distaccata del mondo, dedicandosi a una vita da sadhu, improntata alla rinuncia, alla privazione e alla purificazione. E mentre l’India e il mondo sperimentano l’estasi dell’integrazione tra l’umanità e i costrutti virtuali, Vish si immerge in un cammino di purificazione morale che lo guida sempre più vicino all’essenza delle cose. In qualche modo è una riscoperta, il ritorno alle verità necessarie, le uniche indispensabili. Nella scena-chiave della novella, interno ed esterno si sovrappongono, la polvere delle strade di Delhi si fonde alla polvere dei pensieri e delle riflessioni di Vishnu Nariman. Gli spettri delle IA scacciano gli antichi djinn della città vecchia e si apprestano a fare altrettanto con i nuovi uomini geneticamente potenziati usciti dal laboratorio del dottor Rao. E Vishnu giunge all’amara constatazione: “Ero sorpassato. Tutti i talenti e le abilità che mamma e papà mi avevano donato non valevano niente in un mondo in cui tutti erano connessi, in cui tutti avevano accesso totale a un computer universale, in cui l’identità era malleabile e fluida come l’acqua”.

Malinconico e caleidoscopico, Il circo dei gatti di Vishnu è attraversato da una serie di risonanze con le altre opere della serie, oltre che con La moglie del djinn anche con lo stesso romanzo River of Gods, ma i vari richiami disseminati da Ian McDonald tra le sue pagine non ne rendono la lettura meno agevole o meno comprensibile. Al contrario, questa novella si legge con lo stupore che sapremmo riservare a una storia orale riportata direttamente dalla bocca del suo protagonista. E McDonald infarcisce il racconto di soluzioni immaginifiche che si legano magnificamente al consueto piglio postmoderno della sua narrativa, esaltandone la tecnica funambolica al pari delle coreografie in cui Vish coinvolge il suo circo di gatti, alle prese con esercizi sempre più complessi e straordinari, nei siparietti che intervallano il flusso della narrazione.

Per tutto questo Il circo dei gatti di Vishnu è una lettura divertente, a tratti esaltante, in grado di condensare in una manciata di pagine gli orizzonti della fantascienza contemporanea e celebrare la grandezza di un autore purtroppo ancora poco noto in Italia.