Il generale inclinò il capo, con una smorfia poco convinta. – Potrebbe anche farlo, invece – obiettò. – Se pensasse che esiste ancora una speranza, naturalmente. Si alzò in piedi e infilò la poltrona sotto la scrivania.

– Vede – proseguì, – un uomo ben addestrato è in grado di alzare la propria soglia del dolore ben oltre i limiti ordinari. Potrebbe lasciarsi fare a pezzi con un cacciavite, se la posta in palio fosse qualcosa di molto più importante della sua vita.

– Intende che forse qualcuno dei prigionieri che abbiamo ucciso potrebbe essere stato a conoscenza di piani eversivi dei locali ed essere morto senza rivelarceli?

Eyezerkan scosse la testa. – No, questo lo escluderei. Quella gente ritiene di non avere più nulla per cui lottare. Il massimo a cui può aspirare è una morte più rapida possibile.

– Grazie al protocollo – commentò Cordellier.

– Grazie al protocollo. Convinciamo ognuno dei prigionieri di essere l’ultimo superstite dei ribelli che hanno osato opporsi al dominio di Plutone spiattellandogli le strategie di cui siamo venuti a conoscenza attraverso gli altri interrogatori, lo portiamo allo stremo delle forze e poi barattiamo una morte indolore con una piccola informazione utile. Perché mai l’ultimo elemento di un esercito massacrato dovrebbe scegliere un martirio senza scopo?

Era chiaramente una domanda retorica; il maggiore tacque.

Eyezerkan si voltò e andò alla finestra che si trovava alle sue spalle. Il cielo era ancora terso, di un azzurro intenso, saturo. Si riusciva a distinguere chiaramente una palla sospesa in aria, di un blu ben più scuro: Nettuno. Oltre di lì, flotte spaziali plutoniane stavano combattendo per l’egemonia del pianeta madre sulla Cintura periferica.

– Ma c’è dell’altro – aggiunse il generale, senza girarsi. – L’efficacia del protocollo non sta solo nell’assenza di una speranza per i detenuti, bensì anche nella loro solitudine.

– Lo so – rispose il subordinato. Già, quella direttiva era ritenuta prioritaria e inderogabile: non erano ammesse transigenze su quel punto. Ogni soldato di Plutone che stesse calcando il suolo di Titano aveva impresso nella propria mente l’obbligo di mantenere i prigionieri isolati e all’oscuro dell’esistenza di altri detenuti.

– Allora saprà anche che la storia è piena di guerre che sono state decise dal silenzio dei prigionieri – incalzò Eyezerkan, dando stavolta le spalle alla finestra e all’onnipresente occhio di Nettuno. – Eserciti fortissimi, molto più potenti delle armate di Titano sono stati sfiancati dalla mancanza di collaborazione dei loro prigionieri. Uomini inermi e moribondi, ma che non avrebbero detto una parola nemmeno se gli fossero state congelate le gambe o se gli fossero stati strappati i denti uno ad uno con delle pinze. E lo sa perché?

Un’altra domanda retorica, ma stavolta Cordellier decise di rispondere: – Sì, signor generale, lo so. Il protocollo si fonda su questo.