Ci riproviamo. E' ormai passato più di un ventennio dall’ultimo numero di La città e le stelle, unico tentativo italiano di rivista critica dedicata alla fantascienza.
Mentre, ci si assicura, la fantascienza e in generale il fantastico hanno raggiunto un riconoscimento e pieno diritto di cittadinanza nella cultura del nostro paese, è ancora più grave l’assenza di uno spazio che rivolga in maniera sistematica un’attenzione rigorosa e scientifica al genere. Troppo spesso si dà per scontato un buon senso comune, sulla fantascienza e sulla letteratura popolare in generale, che si rivela un rifiuto di affrontarle con gli strumenti che normalmente la critica riserva a generi più “rispettabili”; o, specularmente, un modo per dar legittimità a pochi testi o autori, ammettendoli a malincuore alla periferia del canone negandone comunque le origini testuali e istituzionali, cancellandone dunque la storia.
Nelle università si moltiplicano le tesi e il lavoro sporadico di molti/e studiosi/e (ufficialmente legati/e all’accademia, o nel mare magnum del precariato universitario, o al di fuori) di vari ambiti disciplinari. Spesso, paradossalmente e incredibilmente, si sono trovate e si trovano occasioni di pubblicare le proprie ricerche su altri “mercati”, in altre lingue. Così, anche all’estero, in atti di convegni, riviste e raccolte specialistiche, un poco di critica italiana sulla fantascienza e sul fantastico continua a vedere la luce. Ma si tratta troppo spesso di momenti isolati, occasionali per quanto ricorrenti: la fantascienza e il fantastico restano aree di ricerca marginali. E si rischia di vedere disperso un bagaglio di motivazione, passione e rigore scientifico che, semplicemente, non trova spazi che lo rendano visibile e lo promuovano.
Anarres vuol essere una rivista che si occupa dei generi non mimetici, a partire dall’ambito letterario e ampliando lo spettro di interesse a tutti gli altri media. Riconoscendo e studiando l’esistenza e le distintività specifiche della fantascienza e dei vari sottogeneri del soprannaturale (fantasy, horror, sword & sorcery, realismo magico, ecc.), di ogni provenienza linguistica o nazionale. Dando priorità alla fantascienza scritta, innanzitutto perché a partire da quell’ambito di letteratura popolare si è sviluppato il maggior volume di riflessione critica sui generi non mimetici, ma senza limitarsi a essa. E intendendo rivolgere l’attenzione a elaborazioni teoriche e metodologiche che, in questo come in altri campi, hanno raggiunto una diffusione e una sofisticazione che è giusto promuovere e riconoscere, fermo restando un orientamento verso la (ri)scoperta dei testi.
Cercando di far da punto di contatto fra la critica “accademica” e la critica degli insider, si darà spazio a ricerche svolte anche al di fuori dell’università. Con lo scopo di parlare anche a un pubblico non italiano, l’intenzione sarà quella di pubblicare in futuro anche contributi in inglese, e l’ambizione ideale quella della rivista bi— o multilingue, in cui il sito web potrà fungere da risorsa di riferimento e informazione per le attività critiche e didattiche riguardanti la fantascienza.
Aggiungiamo che Anarres vuol essere una rivista che assicuri uno spazio costante al fantastico italiano, non per sciovinismo ma per portare un contributo allo studio di una modalità della scrittura meritevole, anche nella storia del discorso culturale italiano, di più approfondita esplorazione.
Richiederemo e accetteremo, dunque, contributi di teoria, critica e storia della fantascienza e del fantastico, anche nell’ambito di numeri o sezioni monografiche. Assicureremo una sezione di recensioni, che facciano centro sulla produzione critica (italiana innanzitutto, ma non solo, senza scartare la possibilità di tradurre interventi critici di cui si reputa importante la diffusione). Riserveremo uno spazio a note, comunicazioni, annunci di iniziative in quest’ambito, a discussioni che si dovessero sviluppare a seguito dei saggi pubblicati.
Mala tempora currunt, in prosaici termini di finanziamenti agli studi umanistici (dobbiamo davvero ripetere i dettagli?), nel calo del numero dei lettori e dei fruitori di narrativa di ogni forma (osiamo chiederci, una diminuzione casuale o promossa da chi non ama la dimensione civica che appartiene a ogni esplorazione di “storie” altrui?), e in un mondo a tasso distopico sempre crescente.
Ma non ci sembra una buona ragione per non (ri)provarci.