Nel 2001 l’attribuzione del più prestigioso riconoscimento della fantascienza, il Premio Hugo, al quarto romanzo della saga di J.K. Rowling Harry Potter e il Calice di Fuoco, ha scatenato polemiche a non finire. Per la prima volta un’opera indubbiamente fantasy si è vista ottenere il riconoscimento di “science-fiction” aprendo non solo un dibattito sulla crisi della fantascienza, ma anche su cosa significhi davvero questa parola. Come ha brutalmente sintetizzato in un acceso editoriale su Future Shock il critico Antonio Scacco, ‹‹un simile romanzo con la fantascienza c’entra come i classici cavoli a merenda››. Ma piuttosto che domandarci, come ha fatto giustamente Scacco o anche Sandro Pergameno in un editoriale su Futuro News (il trimestrale della Fanucci), su come la fantascienza stia cambiando la propria anima e stia diventando sempre più speculative fiction piuttosto che science fiction, si potrebbe provare a vedere se veramente la saga di Harry Potter manca di elementi tratti dall’ampio bagaglio della fantascienza. E si rimarrebbe sorpresi…

La Giratempo

Nel terzo volume, Il Prigioniero di Azkaban, entrano in scena le Giratempo. Hermione ne fa uso, su concessione del Ministero della Magia dietro autorizzazione della professoressa McGranitt, per seguire tutti corsi del terzo anno, anche quelli che si accavallano negli orari tanto da non permettere di seguirli contemporaneamente. Alla fine la Giratempo di Hermione acquista un ruolo chiave nella storia in quanto è grazie ad essa e al tacito sostegno del preside Silente che Harry ed Hermione tornano indietro nel tempo e salvano Sirius dalla perdita dell’anima, Fierobecco dalla decapitazione ed Harry dalla morte per mano dei Dissennatori. Come in tutte le storie sui viaggi nel tempo che si rispettino, nel Prigioniero di Azkaban Harry si ritrova ad affrontare terribili paradossi temporali. Tornando indietro nel tempo, infatti, lui ed Hermione devono nascondersi agli occhi dei loro uguali del passato per non mandare all’aria il piano. Inoltre, Harry si rende conto nella parte clou del romanzo che l’uomo che lo ha salvato dall’attacco dei Dissennatori grazie a un potente incantesimo, e che credeva essere suo padre, altro non era che lui stesso, o meglio l’Harry del futuro tornato nel passato. Si viene così a creare uno dei tipici paradossi a circolo chiuso: Harry sopravvive all’attacco dei Dissennatori grazie all’intervento del se stesso del futuro, sebbene questo intervento in realtà non sarebbe stato possibile se Harry non fosse sopravvissuto. ‹‹Questa volta sapevo che potevo farcela… perché l’avevo già fatto!››, esclama Harry a mo’ di spiegazione. Nei romanzi successivi, le giratempo diventano però un bel problema: teoricamente chiunque potrebbe infatti servirsene per tornare indietro nel tempo e modificare tutto, magari addirittura permettendo a Voldemort di vincere il confronto con Harry o viceversa (anche se la cosa sembra improbabile: per andare indietro nel tempo, bisogna capovolgere la giratempo tante volte quante sono le ore trascorse dall’evento, quindi c’è un limite pratico piuttosto evidente). Per ovviare al problema, nel quinto romanzo L’Ordine della Fenice tutte le giratempo in possesso del Ministero della Magia vengono distrutte nel corso della battaglia tra l’Ordine e i Mangiamorte nelle segrete del Ministero.