La pretesa dell’assoluto (in termini rigorosamente matematici)
Posted on Febbraio 6th, 2011 in Accelerazionismo, Connettivismo, Transizioni |
Ovvero: come ammorbarci con le solite, vecchie, tristi amenità.
Come ormai mi capita sempre più spesso quando non lo sento parlare di matematica, resto basito di fronte a due degli ultimi interventi di Piergiorgio Odifreddi. Nel primo, che mi veniva segnalato e che in realtà si distingue per un’ancora più discutibile approvazione delle nomine ministeriali per l’ANVUR (leggete l’articolo per i dettagli), mi imbatto nella vecchissima, stanca, trita e ritrita litania sull’inutilità del latino come materia di studio nei licei scientifici. Nel secondo, che mi è capitato tra i piedi accidentalmente, mi ritrovo invece davanti all’ingenuità imbarazzante di una critica cinematografica (con innesti di critica letteraria, tanto per non farci mancare niente) mossa da basi scientifiche. Una doppietta d’autore.
Sapendo benissimo quanto ve ne possa importare delle mie reazioni (meno di epsilon, per dirla con i liceali del V anno o con gli universitari alle prese con Analisi I, ammesso e non concesso che la disciplina esista ancora, non sono bene informato sui recenti aggiornamenti introdotti dal Ministero), ci tengo comunque a mettere sul tavolo la mia esperienza sulla prima questione. Mi sono diplomato in un liceo scientifico sperimentale, che di sperimentale aveva solo il fatto di offrire un’ora di informatica alla settimana (o forse al mese) nel corso del primo anno di corso. Per il resto, programma identico a quello del resto dei licei scientifici del Regno: un carico settimanale di 5 ore di matematica, 3 di fisica, 2 di biologia (II e III anno), 2 di chimica (IV anno) e 2 di geografia astronomica (V anno). 3 ore/settimana di inglese e, a partire dal III anno, 3 ore di filosofia e 3 di storia. Un’ora di educazione fisica, una di storia dell’arte. Per il resto, una dozzina di ore da suddividere tra lettere e latino. Con le dovute fluttuazioni, dovrebbe essere esperienza comune a chi appartiene alla mia stessa leva scolastica, ma correggetemi se sbaglio (si parla del quinquennio 1994-1999).
Ora, secondo Odifreddi, che si inserisce in una lunga tradizione di rappresentanti di istituto e commentatori della domenica, il latino sarebbe inutile e dannoso perché sottrarrebbe ore utili all’insegnamento di materie scientifiche, a discapito della preparazione delle nostre giovani leve, sulle cui spalle graverà il mondo del futuro (leggi: il peso delle pensioni da pagare a quelli che, più poi che prima, gli consegneranno un mondo vecchio di almeno vent’anni). Lo scrivente, che pure non ritiene di essere un fenomeno da baraccone malgrado la sua buona preparazione, può testimoniare che, malgrado il sistema scolastico di cui è stato vittima, ha potuto affrontare un corso di laurea in Ingegneria Elettronica, uscendone vivo e laureato. Un corso reso ancora più incerto dall’ordinamento 2000, un ibrido a cavallo tra il vecchio quinquennale e il nuovo 3+2, con più di una materia del primo a cui veniva attribuito il sistema di crediti del secondo (con il risultato che un programma decurtato del 30% poteva valere in sede di esame la metà dei crediti commisurati al carico di studio richiesto). Non sto a riportare qui voti e pagelle, ma per non essere da meno di Bersani i miei libretti universitari per la laurea di primo livello e per la specialistica sono disponibili su richiesta. Dimenticavo, iscritto nel ‘99, ho conseguito la laurea specialistica nel 2005, infilandoci in mezzo due tesi e un’esperienza di studio all’estero di sette mesi. Non sono stato l’unico del mio corso.
E’ stata dura? Certo che lo è stata, una laurea in Ingegneria deve essere dura per definizione. Malgrado il latino (e la filosofia, e la storia) abbia(no) rubato ore preziose al mio studio delle discipline scientfiche al liceo, sono però riuscito a chiudere il mio percorso universitario fuori corso solo di un anno (quello necessario per ultimare la tesi). Oggi faccio un lavoro che di ingegneristico ha poco essendo una di quelle professioni nuove di pacca venute fuori con la liberalizzazione del mercato dell’energia (e che di sicuro non ti insegnano né al liceo, né all’università), ma se parlo con qualcuno che non condivide il mio stesso percorso scolastico riesco a seguirlo sia che mi sbatta in faccia la prima strofa dell’Orlando Furioso, sia che se ne esca con un riferimento esoterico a Leibniz. Ricordo le date salienti del ‘900, so di cosa si parla quando si parla di purghe staliniane (so, per esempio, che le epurazioni furono contro i presunti deviazionisti di destra, ma anche di sinistra, giusto per la cronaca), conosco il significato della parola pogrom e quello della parola soviet, e riesco ancora a distinguerle da loro. E’ stata questa la base di partenza per quello che sono io oggi. Anche se una persona che mi ha insegnato tanto soleva ripetermi che non è bello dare sfoggio delle cose che si sanno, per una volta voglio fare uno strappo a questa che per me è stata finora una regola di vita. E lo faccio perché tutte le cose che so, le so malgrado il sistema scolastico che mi ha allevato e grazie alla fatica, all’impegno e alle persone che me le hanno insegnate. Per qualcosa come due milioni di lire al mese.
Credo, insomma, che ci sia sempre il vecchio fraintendimento alla base della questione: puoi procedurizzare, riformare, razionalizzare quanto vuoi (anche se nel caso della riforma in questione, da quel poco che mi è parso di capire, di tutto parlerei meno che di razionalizzazione), ma il lavoro alla fine sono sempre delle persone a farlo. E la differenza vera viene fuori dalla preparazione di quelle persone, dal loro livello di soddisfazione per il lavoro che svolgono e dal grado di dedizione alla causa che riuscirai a ottenere da loro.
All’atto pratico, se non avessi studiato le mie 4-5 ore di latino a settimana (più il carico di studio a casa, equivalente se non maggiore), nella seconda metà degli anni ‘90, oggi avrei semplicemente un bagaglio culturale più leggero. Per scappare più veloce dove, se a trent’anni sono ancora incatenato alla scrivania come uno schiavo per 8 ore (ah, se’…) al giorno? In compenso non avrei potuto parlare di Apuleio con quella mia amica che dopo studi classici ci ha scritto sopra una tesi, né avrei potuto godere dell’orrore della lettura davanti alle pagine del De Vermis Mysteriis (qualcuno mi passa una faccina che ghigna?). Con l’unico risultato di apparire meno interessante o semplicemente più ignorante, fate un po’ voi.
Ma veniamo al secondo articolo che vi segnalavo. Estraggo dal pezzo:
La realtà è che la letteratura fantastica o horror, religiosa e non, abbonda di questi argomenti. Lasciando da parte i testi sacri, che non parlano d’altro, basta pensare a romanzi come Ubik di Philip Dick o Ring di Koji Suzuki, e a film come Il sesto senso di Night Shyamalan o The others di Alejandro Amenabar. Hereafter va ad aggiungersi alla lista di queste scemenze, anche se ha un tocco più delicato e un apparenza più razionale.
(Scritto così, senza apostrofi e lasciando intendere che esistano una letteratura fantastica religiosa e una non religiosa, una letteratura horror religiosa e una non religiosa. Se qualcuno se lo sta chiedendo, presumo che sì, i miti di Cthulhu siano agiografia megalarcaiana, quindi è sicuramente letteratura religiosa, resta da capire se fantastica oppure horror.)
Dunque, un film o un libro possono piacere come possono non piacere, e le stesse opere su persone diverse producono esiti diversi in base al background del fruitore. Ma mi domando: si può giudicare un’opera letteraria, cinematografica oppure artistica attraverso il filtro della scienza? Alex Tonelli può testimoniare le lunghe chiacchierate che ci siamo fatti intorno all’importanza della scienza nel nostro immaginario e potrà testimoniare anche quanta fiducia il sottoscritto riponga nel metodo scientifico. Ma sono affermazioni come quella contenuta nel post di Odifreddi che mi fanno dubitare dell’onestà e della maturità del mondo scientifico italiano. Parole pesanti? E allora domando: se il metodo Odifreddi dovesse diventare canonico, quanto tempo passerebbe prima di vedere assegnate delle patenti di legittimità alle opere d’arte? E cosa produrrebbe, questo, se non un’ulteriore frattura, o la radicalizzazione di fratture già esistenti?
La costruzione di altri steccati oltre a quelli che già ci sono stati imposti non gioverebbe a nessuno. Men che meno alla legittimazione della cultura scientifica (e dell’immaginario scientifico) di fronte allo strapotere dell’establishment umanistico che da decenni tiene in scacco la cultura italiana.
E a Odifreddi dico solo questo: un’opera d’arte ha l’obbligo di preservare la sua coerenza interna, ma ha anche il diritto di muoversi nello spazio delle possibilità (e delle realtà possibili, quindi) secondo i gradi di libertà che l’autore ritiene più opportuni. Imporre vincoli e pastoie alla creatività può solo renderci delle persone meno interessanti. Nello stesso modo in cui finiremmo rinunciando a ogni possibilità di apprendimento che ci è stata offerta. Da Apuleio fino a Per qualche dollaro in più.
Per questo, senza rancore, ripassi a settembre. Andrà meglio senz’altro.
17 Responses
Non voglio entrare nel discorso sui libri e sui film: credo fermamente che dipenda dai GUSTI personali che sono assolutamente, radicalmente, completamente SOGGETTIVI.
Molto diverso è il ragionamento sui programmi scolastici. Una premessa: sono ingegnere e docente di Fisica e Laboratorio.
Allora: si può ragionare su tutto ma fare UN esempio basato sulla propria esperienza è, quanto meno, fuorviante.
Con la stessa logica (scorretta, ripeto) faccio il mio esempio: diploma di geometra (38/60, quindi mediocre) poi ingegneria in 5 anni, mai rifatto un esame, 107/110 con la tesi preparata mentre facevo il servizio militare.
Faccio presente che iscritti ad ingegneria con me c’erano due amici diplomati al liceo scientifico con 60/60; uno non riuscirà a laurearsi, l’altro lo farà in 8 anni con un voto basso (che non ricordo).
Terminato il servizio militare partecipo a tre concorsi:
- uno bandito dell’Enel e arrivo terzo (con il sospetto che abbia vinto un raccomandato che alla prova scritta affermava di aver già scelto la casa a Milano dove andare a vivere quando avrebbe iniziato a lavorare),
- un altro della Cassa di Risparmio e arrivo secondo (questa volta che abbia vinto “chi doveva” è certo: mia moglie che lavora in banca si è, qualche anno fa, informata “da dentro”),
- l’altro è il concorso statale per l’insegnamento: su 255 iscritti alla prova scritta sono al 14 posto su 43 che la superano, alla prova orale sesto su 15. Totale: quarta posizione. Vengono immessi in ruolo i 15 docenti che hanno superato tutte e due le prove. Si noti che il concorso era stato bandito per 25 posti.
Morale: per laurearsi in ingegneria è meglio un diploma scarso come geometra che uno come liceale scientifico con il massimo.
Ridicolo e, ripeto, fuorviante.
Grazie.
Sono in parte d’accordo con te, ovvero che tutto quello che si studia al liceo non deve essere strettamente funzionale a quello che uno farà in futuro, sta di fatto però che il 99% della gente uscita dal liceo si ricorderà il nulla totale di latino, e anche io che mi sono diplomato allo scientifico con un buon voto e ho sempre studiato, sinceramente di Apuleio non mi ricordo nulla. Quindi per me Odifreddi ha ragione, basta guardare al bisogno di ripetizioni, tutti gli studenti mi chiamano per matematica, fisica e chimica (sono un laureato in fisica triennale) quindi per me bisogna non solo incrementare il tempo dedicato alle materie scientifiche, ma anche cambiare il metodo.
Innanzitutto, grazie a entrambi per aver voluto condividere le vostre esperienze. Stiamo parlando di testimonianze personali, le mie come le vostre, e già volersi mettere in gioco in questo modo è indice di maturità e coraggio.
Entrando nel merito dei vostri controesempi, separo le risposte per evitare di finire lungo.
@ Giuseppe: per me il tuo caso è esattamente rappresentativo di quello che ho voluto sostenere nel mio intervento. Il liceo scientifico - come ogni altra scuola media superiore - deve fornire agli studenti un background che va al di là dell’inserimento nel contesto lavorativo: gli studenti dovrebbero uscire dalla maturità (come si chiamava una volta) con un metodo che gli sia utile per affrontare un’esperienza lavorativa (scuole professionali e tecniche) o continuare negli studi (tutte le scuole, ma i licei in particolare). Il liceo, proprio perché all’atto pratico assicura un titolo inservibile come avviamento al lavoro, dovebbe sopperire fornendo anche tutto il resto: il bagaglio culturale è il bonus che ripaga di tutte le altre mancanze che può avere rispetto a un istituto tecnico o professionale.
Ma in ogni caso è indispensabile il lavoro svolto dai docenti. Potrei anzi spingermi a sostenere che, se non è affatto provato che un liceo scientifico fatto bene sia meglio di un ITIS fatto bene per affrontare un corso di laurea impegnativo come quelli offerti dalla facoltà di Ingegneria, un liceo scientifico fatto male può dimostrarsi peggio di un ITIS o un ICTG “mediocri” (e non mi soffermo sul tuo voto, perché se sei riuscito a spuntarla a Ingegneria in 5 anni potrebbe voler dire che nel tuo 38/60 alla maturità di geometra doveva esserci qualcosa di più che andava al di là del dato statistico espresso dal voto).
Un’aggiunta sul discorso della critica d’arte: l’apprezzamento di qualunque opera dipende dal gusto del fruitore, ci mancherebbe. Ma è cosa diversa dal liquidare un libro di fantascienza come una “scemenza” perché affronta il tema dell’aldilà da una prospettiva tecnologica (i protagonisti di Ubik, per la cronaca, restano sospesi in un limbo di non-morte in cui sperimentano la realtà prodotta dalla mente di uno di loro, mentre subisce infiltrazioni da un altro paziente della clinica in cui sono “ibernati”). Questo è un atteggiamento che dimostra totale assenza di confidenza con il processo creativo che è alla base di qualunque romanzo, film o prodotto culturale. E porta a esiti grotteschi come sminuire il ruolo di uno dei più grandi registi della storia del cinema perché in gioventù si sarebbe formato alla scuola del western (e nella sequenza caricata in coda all’articolo si vede bene di quale linguaggio strutturato fosse provvisto il western di Sergio Leone per trasmettere la sua poetica allo spettatore).
@ Francesco: non pretendo che uno debba ricordarsi il 100% delle nozioni apprese al liceo, ma presumo che il complesso dei tuoi studi abbia avuto la sua rilevante influenza per formare la tua visione del mondo. Anche quelle cose che sono finite sommerse nel corso del tempo, hanno assolto a un ruolo specifico. Per questo qualunque ridimensionamento del perimetro delle materie studiate per me corrisponde solo a un sacrificio: servirà solo a creare degli ingegneri ancor più ignoranti in campo umanistico, che andranno a sommarsi a tutti i letterati ignoranti in campo scientifico che già ci sono in circolazione. E questo perché un liceale che si iscriverà a Ingegneria, non avrà più alcuna possibilità, al di fuori di un percorso da autodidatta, di conoscere quelle informazioni che fino ad ora sono state messe a disposizione dei nostri liceali.
Il risultato? Indebolire i punti di forza della scuola italiana per regalare l’illusione di un rafforzamento dei suoi punti deboli.
Cambiare il metodo non so cosa significhi: so che dalla V A del Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci di Calitri (1998-99) sono uscito avendo appreso un metodo di studio diverso dai miei coetanei della V B. Il metodo di apprendimento finora è dipeso esclusivamente dall’approccio dei docenti alle lezioni: ignoro se si possa trovare una formula di unificazione e omologazione valida per tutti, ma sicuramente sarà difficile strappare agli insegnanti un minimo di partecipazione sul tema se li si obbliga a un’eternità di precariato.
Finora almeno 3 generazioni di italiani (diciamo dal dopoguerra in avanti) sono uscite da una scuola pressoché immobile esprimendo vette di eccellenza e una preparazione media decorosa che ancora all’inizio del decennio scorso ci veniva riconosciuta da studi internazionali sulla scuola. Questo vorrà pur dire qualcosa, al di là dei proclami della Gelmini e di Odifreddi?
Ma io sono diffidente per natura alle uscite come quella che ho voluto qui stigmatizzare. Mi vado convincendo sempre di più che viviamo in un’epoca in cui l’unico modo per giustificare la propria presenza al mondo è esprimere un parere. Ormai sembra che la libertà di parola, più che un diritto, sia diventata un dovere. Tutti devono essere liberi di dire tutto. E siccome la negatività amplifica la risonanza del giudizio, al di fuori della sua fondatezza critica, ci ritroviamo sempre di più a fare i conti con una mania di distruzione che investe la società a tutti i livelli. Questo non è il mio caso (mi auguro ;-)) né il vostro: il fatto che ci stiamo confrontando sul tema lo dimostra. Tuttavia è il caso di molti intellettuali e presunti tali del nostro tempo, che non perdono occasione per pontificare su tutto ciò che viene offerto dallo scibile umano. Con esiti che il più delle volte li rende indistinguibili dalla Gelmini stessa o da un qualunque troll della rete (e di quelli, più che di riforme scolastiche, ho una certa esperienza).
Mi permetto di portare il mio contributo alla discussione, innanzitutto con un plauso alla pacatezza e all’onestà intellettuale di X, che brillano come sempre - ma soprattutto se messe a confronto con personaggi come Odifreddi.
Anch’io sono quello che sono grazie a *tutto* il mio percorso, fatto di insegnanti più o meno validi, più o meno motivati, di materie più o meno interessanti, per cui ero più o meno portato. Ma non rinnego nulla, perché se oggi posso muovermi in contesti molto vari (geografici, culturali, organizzativi), grazie al mio lavoro di consulente e formatore aziendale e alla mia intensa vita associativa, è proprio perché, al liceo, insieme a matematica ho studiato latino, perché alla maturità ho portato filosofia e fisica, perché alla laurea in astronomia è seguito un master in gestione di organizzazioni non profit, perché mentre uso strumenti tecnologici incontro persone. E in tutti questi contesti ho incontrato docenti e compagni di percorso *diversi*, fra loro e da me.
Prendersela col *sistema*, magari di cui si è intellettuali organici, è pratica distruttiva e incapacitante: è come quegli anziani, in facoltà, che - per giustificare la loro incapacità di passare Analisi 2 - scoraggiavano i giovani sulla possibilità di affrontare quell’esame. Io e un mio caro amico (che, diversamente da me, oggi *fa* anche l’astronomo :)) usavamo la tattica opposta: minimizzavamo la difficoltà di quello scoglio, e chi ci seguiva magicamente la passava, Analisi 2 - con fatica, ma la passava. Ma non fuggivano la difficoltà.
Non vorrei cedere alla tentazione di generalizzare anch’io, ma se in Italia facciamo tanta fatica a fare qualunque passo in avanti, temo sia proprio perché tanti *vecchi* ci dicono che le cose sono più difficili di quello che in realtà sono.
Un abbraccio,
F.
Ritorno al punto, secondo me, fondamentale: è metodologicamente (qui emerge l’ingegnere…..) scorretto fondare convincimenti di questo tipo su esperienze personali.
> Il liceo all’atto pratico assicura un titolo
> inservibile come avviamento al lavoro,
Non sono d’accordo: ho almeno cinque amici (uno dei quali è il 60/60 che non ha finito ingegneria) ex-liceali che fanno lavori “normali”: impiegato di banca, rappresentante, commerciante, grafico pubblicitario e titolare di una ditta che si occupa di informatica.
Nel mondo in continuo e veloce cambiamento il tipo di diploma conta veramente poco (senza dimenticare che il 70% almeno dei lavori dipendenti viene “conquistato” per conoscenze e raccomandazioni e non per il titolo di studio).
Però, attenzione e mi ripeto, gli esempi personali NON sono significativi; il discorso va fatto sui grandi numeri e sulle molteplici realtà.
> non mi soffermo sul tuo voto, perché se sei riuscito
> a spuntarla a Ingegneria in 5 anni potrebbe voler dire
> che nel tuo 38/60 alla maturità di geometra doveva
> esserci qualcosa di più che andava al di là del dato
> statistico espresso dal voto.
Semplice: prima del diploma ero un giovane spensierato e “viziato” dai genitori (figlio unico) poi dopo il primo anno un gravissimo lutto famigliare mi ha fatto cambiare atteggiamento. Inoltre ho trovato, come anche tu dici, il “metodo” giusto.
Nessun segreto: frequenza alle lezioni “mirate”, programmazione rigorosa degli esami, ricerca dei punti “nodali” dei singoli esami e “concentrazione” degli sforzi su quelli. E poi, sicuramente, anche un po’ di fortuna.
Tra parentesi, penso di essere uno dei pochissimi imbecilli che ha fatto il militare pur essendo figlio unico di madre vedova.
Grazie.
Scusa, dimenticavo. Sono un appassionato di sf: credo di avere quasi tutto quello che hanno pubblicato (in Italia) Simak, Heinlein, Vance, Farmer, Asimov. In rigoroso ordine di “gradimento”. Bene: Dick è uno degli autori “canonici” della sf che mi piace pochissimo o niente (possiedo almeno una dozzina dei suoi romanzi -sui 1000 volumi circa che posseggo- ho tentato innumerevoli volte di leggerle ma non ne MAI finito uno). Riconosco il suo talento visionario e la forza delle sue idee ma le sue opere non mi piacciono. Come la mettiamo? Semplicemente ognuno ha i suoi gusti. Punto.
Grazie, Faramir, per le parole lusinghiere nei miei confronti e per l’apporto alla discussione. In effetti, quello della barriera all’ingresso è un altro problema storico qui da noi: capita spesso e volentieri di imbattersi in persone che fanno di tutto per scoraggiare il prossimo. E l’incertezza dettata dalle varie forme di precariato in atto non fa altro che radicalizzare e inasprire le diverse forme di competitività incoraggiate dal sistema: il prossimo è sempre visto come un rivale, nella più pedissequa applicazione sociale delle leggi del darwinismo, mai come una risorsa o un cooperatore. Con tutte le varie degenerazioni parassitarie che questo atteggiamento, invece di scongiurare, piuttosto comporta. L’agalmia, tanto per cambiare, sembra un modello davvero lontano…
Giuseppe: i grandi numeri hanno la loro importanza, ma un approccio al tema in discussione deve essere calibrato anche su altri fattori. Restando sui grandi numeri, quanto pesa l’esperienza media di milioni di studenti e quanto quella di centinaia di migliaia di insegnanti relegati in forme di collaborazione con la scuola prive delle minime garanzie di stabilità? Nella nostra discussione distinguerei due possibili esiti, a seconda delle diverse strategie di miglioramento del sistema scolastico italiano perseguibili:
a. nel primo, si mantengono per gli insegnanti il grado di precarietà, i livelli di retribuzione e i meccanismi di inserimento in ruolo attuali, e si modifica il perimetro delle materie per rendere più “scientifico” il liceo scientifico, più “tecnici” gli istituti tecnici, e così via;
b. nel secondo, si mantiene il perimetro delle materie di studio inalterato, e si stabilizzano le posizioni dei docenti in maniera progressiva, eventualmente incoraggiando forme di pensionamento anticipato per liberare cattedre, riformando le graduatorie sulla base di criteri di merito “reali”, regolamentando l’accesso alle facoltà con sbocco nell’insegnamento in maniera analoga a quanto accade per la facoltà di Medicina, etc. (sono ipotesi buttate lì al momento, ma indicative della molteplicità delle misure che potrebbero essere adottate in questo ambito).
Quale delle due strategie potrebbe garantire un miglioramento nella preparazione dei nostri studenti? Una che comporta un assestamento dell’ala scricchiolante e traballante della scuola attuale, o una che continua a ignorare l’ala traballante malgrado le minacce sismiche fin qui avvertite e che invece si focalizza su questioni vecchie di quasi un secolo?
Tornando alla fantascienza ;-), ripeto: Odifreddi non ne fa una questione di gusti, ma di valore e di validità. Tu dici: “riconosco il suo talento visionario e la forza delle sue idee ma le sue opere non mi piacciono”. Lui sostiene che: “Hereafter va ad aggiungersi alla lista di queste scemenze, anche se ha un tocco più delicato e un apparenza più razionale” (dove tra “queste scemenze” troveremmo Ubik, Il sesto senso e The others, quindi, presumo, senza nemmeno troppo sforzo estrapolativo, anche Giro di vite di H. James e Il cuore rivelatore di E.A. Poe, per citare due autori chiave della letteratura occidentale). Tu critichi l’opera, Odifreddi pretende di criticare il tema fondante dell’opera.
C’è una bella differenza di metodo, tanto per tornare in argomento…
Concordo su quasi tutto. Ho fatto il classico tanti anni fa e ancora oggi so ricavare l’etimologia di tante parole di origine greca e latina usate in italiano. Non servirà a molto, ma se non altro permette di percepire il senso della propria identità culturale.
Un’unica precisazione, visto che Odifreddi viene rimandato (giustamente) a settembre: si scrive ‘pogrom’ e non ‘progrom’ (http://it.wikipedia.org/wiki/Pogrom).
Grazie MD! In effetti, privandoci di elementi di conoscenza celebriamo un repulisti collettivo ai danni della nostra identità, non solo culturale.
Grazie anche per la correzione. Mi si erano intrecciate dita, lingua e pensieri, su quelle due sillabe
Un po’ in ritardo, vengo a dire che Odifreddi è sempre il solito coglione. E’ un po’ l’Oliviero Toscani della pseudodivulgazione scientifica: spara lì le sue tre cagate, malformulate, traballanti e possibilmente in malafede, e i bimbiminkia suoi fan applaudono isterici urlando “sssìììì! ancoraaaaa!!! papa dimmmerdaaaaa!!!!” Poi, che le sue argomentazioni siano patetiche, poco importa: l’importante, per Piergy, è l’entusiasmo della curva sud. Scrisse quel libro troppo stupido in cui, con la sua solita spocchia da primo della classe, dissezionava la bibbia dicendo che era un cumulo di cazzate. Grazie tante: si parla del libro mastro di un popolo di pastori seminalafabeti del 7000 a.c., ce la fa pure una foca ammaestrata.
Ciao X, bellissima discussione, mi aggrego tardi. Quoto te ed MD; da vecchio frequentatore del Classico anche io riscopro il piacere delle etimologie… a volte sorprendente. A proposito di etimologie e di Odifreddi ho intraletto una sua cantonata (non ricordo in che libro) quando fa risalire la parola “cretin” in francese, dalla parola CRISTIANO in francese (!)… ora, va bene essere anticlericali, per carita’, ma cretin - da cui cretino - viene evidentemente da crete, creta… e’ insomma l’equivalente del “sei de coccio” romanesco…la crete, e’ espressione in francese idiomatica per dire testa dura… “le ciel me tombe sur la crete…” Georges Brassens… Un saluto carissimo. Paolo Frusca.
@ Negrodeath: è un riflesso automatico che risponde alla vecchia logica degli steccati: il primo traccia una linea di confine per escludere il prossimo dall’accesso al proprio dominio; il secondo, troppo debole per farsi riconoscere l’accesso, troppo pavido per abbattere lo steccato, si rifugia nella piacevole sicurezza del proprio steccato. Entrambi cominciano a circondarsi di tirapiedi. Due steccati e una faida, è la storia più vecchia del mondo. Se la Bibbia avesse provato a leggerla, anché lì dentro Odifreddi avrebbe potuto trovare una forma romanzata della stessa lezione. E se avesse avuto la decenza di guardarsi Per un pugno di dollari, o di leggersi Piombo e sangue, saprebbe già come si può risolvere lo stallo che gli accademici come lui e i suoi avversari umanisti si divertono a tenere in piedi.
@ Paolo: Grazie per l’utilissimo aneddoto, sei il benvenuto in questa discussione!
Salve a tutti,
ma, ripeto, istruire di più al pensiero razionale non guasterebbe affatto.
Forse arrivo un po’ tardi, ma volevo comunque apportare un mio piccolo contributo a questa bella discussione.
Sono d’accordo con molte delle cose scritte qui, soprattutto sull’intervento di X riguardo al miglioramento del sistema scolastico, ma sicuramente le esperienze personali, per quanto significative, sono valide solo fino ad un certo punto. Credo che comunque il discorso di Odifreddi sia invece valido solo se confrontato con la situazione sociale attuale e ad un livello statistico purtroppo.
In questi ultimi decenni mi è parso di vedere una “ventata” di reazionarismo crescente molto preoccupante (culminante quasi con la proposta assurda di togliere Darwin dai programmi scolastici) e secondo me il rischio che le cose possano peggiorare con gli anni è ancora alta e statisticamente il livello di educazione degli studenti italiani è comunque sceso… Latino o non latino. (Tra l’altro la mia ragazza fa ripetizioni di Latino e si stupisce sempre di più di come i programmi in questi ultimi anni siano stati estremamente ridotti).
In questo contesto la proposta di aumentare le ore scientifiche è una provocazione più che accettabile e che potrebbe essere utile a educare un po’ di più i ragazzi verso il pensiero “razionale”. In questo senso, persone come Odifreddi o anche (sebbene in maniera molto meno esposta) anche Margherita Hack, si battono per un insegnamento laico e scientifico a scuola.
E sarebbe sbagliato ridurla “nella vecchissima, stanca, trita e ritrita litania sull’inutilità del latino”. Secondo me la situazione culturale è più seria di quello che può sembrare e non è solo per il precariato degli insegnanti, ma proprio dal tipo di insegnamento che ne traggono gli studenti. Se è vero che la cultura scientifica allontana dalla religione, allora secondo me è giusto studiarne di più e se serve anche a scapito di altre materie.
Ovvio che non si deve esagerare, non sono un “tecnologista”
E sul discorso su Philip Dick (parlo anche io da appassionato di sci-fi) anche io ho storto parecchio il naso, ma, opinioni personali a parte, probabilmente il giudizio è stato dato sommariamente più per le pretese di “veridicità” del film di Eastwood che per la reale “scemenza” (che può essere comunque intesa anche nell’accezione di “sovrannaturale”) delle opere citate.
Questi i miei 2 cent.
Saluti e complimenti per il blog
@Negrodeath: è vero, a capire che la bibbia è piena di stupidaggini ce la dovrebbe fare anche una foca ammaestrata, ma evidentemente ci sono milioni di Italiani che sono ancora più stupidi visto che questo paese (oltre che, ad esempio, ancora di più, l’america) è pieno di persone che credono fermamente a ciò che è scritto li dentro e in ciò che dice Benni4×4 (cit.)
x Negrodeath
“…Odifreddi è sempre il solito coglione… spara lì le sue tre cagate, malformulate, traballanti e possibilmente in malafede, e i bimbiminkia suoi fan applaudono isterici.” Interessante. Odifreddi ha alle spalle molti libri, una discreta carriera universitaria e diverse onorificenze “scientifiche”. Non mi pare che siano “tre cazzate”. Tra l’altro sul piano della “logica pura” è una autorità indiscussa (a livello universitario). Quando si avventura in altri campi (politica, costume, economia) non mi convince per niente, ma è una altro discorso.
“Poi, che le sue argomentazioni siano patetiche, poco importa”
Perché patetiche? (commovente, toccante, pietoso, che suscita pietà, svenevole, eccessivamente sentimentale,
imbarazzante, penoso, che suscita vergogna: da http://it.thefreedictionary.com/patetico). Non condivisibili se si ha una mentalità “religiosa”, estremiste se si crede che la diplomazia sia più importante della sincerità, fastidioso per il suo tono saccente e implacabile, ecc. ma patetiche non sono d’accordo.
“Scrisse quel libro troppo stupido in cui, con la sua solita spocchia da primo della classe, dissezionava la bibbia dicendo che era un cumulo di cazzate. Grazie tante: si parla del libro mastro di un popolo di pastori seminalafabeti del 7000 a.c.”
Come già detto nel mondo e in Italia ci sono moltitudini di persone che credono ALLA LETTERA in quello che c’è scritto: nella mia scuola gli ultimi tre docenti di religione e una discreto gruppo di alunni/genitori/INSEGNANTI (per fortuna netta minoranza, comunque) sono tra quelli.
Grazie
Coincidenza significativa. Oggi, durante una riunione in una cooperativa, ho sentito citare questo libro: http://www.ibs.it/code/9788815149428/nussbaum-martha-c/non-per-profitto-perch-eacute.html
Non l’ho ancora letto (penso lo farò), ma mi sembra decisamente in topic
F.
@ Nikola: le provocazioni possono andar bene in una contrapposizione dialettica tra due interlocutori, ma quando a parlare del futuro di un popolo è un personaggio in vista (e nel suo campo e fuori di esso) come Odifreddi sarebbe lecito attendersi anche qualcosa in più del minimo sindacale di onestà intellettuale, o sbaglio?
@ Faramir: segnalazione quanto mai opportuna. Tra l’altro, sarebbe da mettere a confronto con questa recente riedizione del testo chiave di Charles P. Snow. Interessante che proprio in quella sede Odifreddi abbia voluto offrire il proprio contributo, e adesso si spenda in parole tanto sprezzanti e prive di ogni riguardo per l’altro mondo dal suo…