Risorse umane: rapporto di minoranza
Posted on Febbraio 7th, 2009 in Agitprop, Futuro, Nova x-Press |
Ormai siamo numeri: quante volte ci siamo sentiti ripetere questa canzone da amici e conoscenti, quante volte l’abbiamo ripetuta a nostra volta? Numeri, statistiche di consumo e gusti di gradimento. Due effetti immediati coinvolgono la televisione e la politica, i due campi più efficaci nel donarci un ritratto dell’italiano con un piede nel Nuovo Millennio e l’altro nella fossa. La legge dell’audience descrive lo spaccato dell’Italia nel 2009, fotografandola nei suoi reality show lobotomizzanti delle aree del senso critico e del buon gusto, perfetta sintesi tra i medicine show degli imbonitori itineranti dell’Old Far West e le atrocity exhibition rilanciate dalla postmodernità di massa. Le reazioni politiche al disagio ormai cronico dell’italiano sia medio che un-po’-più-che-medio si esplicano invece su due fronti: sobillando i più fragili contro i più deboli (a Napoli contro i rom come a Roma contro i romeni), continuando l’opera di livellamento rappresentativo con la connivenza trasversale del Parlamento. Che sia di natura religiosa, ideologica, politica o etnica, appartenere a una minoranza nell’Italia di inizio XX secolo è una maledizione.
Insomma, non deve essere un caso se, come fa notare L’espresso in edicola da ieri, grazie allo sbarramento al 4% molto probabilmente resteranno fuori dall’Europarlamento proprio i pochi eletti che negli ultimi anni sono stati a Strasburgo per lavoro, invece che per svernare. Non è solo questione di eliminare le voci di dissenso e chiamare quel che resta democrazia. Ma di fare qualcosa per cambiare le cose. Almeno un minimo. Giusto quanto basta per riportare l’Italia al passo coi tempi.
L’egemonia culturale inseguita dalla nostra classe politica e dispensata in comode dosi omogeneizzate attraverso i canali della TV di Stato e di Regime continua invece a somministrare pillole di saggezza. Il dramma di Eluana Englaro ce ne sta regalando saggi memorabili. La guerra totale per il controllo dello spazio culturale non si combatte più solo sul campo psichico, a colpi di slogan e propaganda. Anche i nostri corpi sono diventati obiettivi di manovre militari condotte con il crudele distacco strategico dei grandi condottieri. E come ci hanno ormai abituati il paradossale sfiora il ridicolo: come il Leader autoproclamato della Nuova Alleanza per la Libertà che, non soddisfatto della perla confezionata ieri in conferenza stampa, oggi si lancia nella pindarica contrapposizione tra una logica di vita e libertà e una logica di morte e statalismo. Questa è arte, genio.
Logica del dominio.
E’ il trionfo della mediocrità estrinsecato a tutti i livelli, l’apoteosi del Controllo. Una logica a cui non mi sottraggo nemmeno io con questo post da due centesimi. Sarebbe meglio non parlarne e a volte concordo con chi invita a evitare queste fin troppo facili tentazioni. Dopotutto, nella soppressione di ogni dinamica dialettica a cosa può servire accogliere una provocazione? Ma poi altre volte capita che mi lasci sopraffare da quel vecchio ideale utopico del confronto. E così questo intervento non esula nemmeno da un’ancor più vile logica da esposizione.
Confido però di risollevare il tenore del discorso con una segnalazione utile e una personale.
La prima: sul loro blog Bioetica Chiara Lalli e Giuseppe Regalzi stanno dedicando un’attenzione seria e costante al caso Englaro.
La seconda: il mio testamento biologico. Nel caso dovesse essere necessario, sparate a vista contro politici, preti e stregoni che volessero avvicinarsi al mio letto di morte. E sbrigatevi a staccare la spina.
3 Responses
Nulla da aggiungere alle tue lucide parole, se non che sbagli nel temere che il tuo post possa essere associato ad una logica da esposizione.
Al giorno d’oggi esprimere la propria indignazione fa guadagnare unicamente nemici, posto che qualcuno se ne curi.
La viltà abita altrove.
Le questioni di bioetica sono veramente intricate e complesse: attanagliano le nostre coscienze da sempre e non mi sembra di intravedere la benché minima possibilità di dare una risposta univoca che riesca a sposarsi col comune sentire e che appaghi (entro i limiti della ragionevolezza) le aspettative di tutti. Senza entrare troppo nel merito, ciò che mi fa specie è che alla condanna di una vita artificiosa e sofferente si opponga un’unica possibilità: quella di portare il malato alla morte per fame e sete. Se si propendesse per “facilitare” la morte del malato, non avrebbe più senso adoperare metodi più rapidi e indolori?
Daniele, grazie per le tue parole, ma parlando di questioni simili, che oggi corrono sulla bocca di tutti e s’inseguono dai giornali alla blogosfera, il rischio di dare l’impressione di parlarne quasi per “dovere” è concreto.
Ro: quello che dici è terribilmente vero e sollevi un punto decisamente emblematico di tutta la vicenda: in assenza di un codice che regolamenti in maniera seria e chiara la materia, l’unico modo per farlo a norma di legge è paradossalmente il più crudele. Va detto comunque che la sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione si sta accompagnando alla somministrazione di morfina. E in ogni caso, tra le due agonie alternative concesse alla paziente, questa è la più breve e quella che va incontro alle sue volontà (o almeno a quelle del suo tutore).