Avatar, una riflessione a media cottura
Posted on Febbraio 25th, 2010 in Drowned Words, Sguardi |
Per evitare di sparare cazzate, ho aspettato a dire la mia su Avatar, cercando di mondarmi da ogni pregiudizio. Ora, sul film di James Cameron se ne sono dette e scritte di cotte e di crude. I giudizi più frequenti sono: spettacolare, ma la storia è una boiata; è una puttanata pazzesca; è il capolavoro del secolo. Anche Eugenio Scalfari, su L’Espresso, gli ha decidato una puntata della sua rubrica uscendosene con un giudizio che suona più o meno così: - L’ho visto, è spettacolare, i contenuti ci sono (spirituali, sociali, ecologisti), ma io sono un po’ anziano per ’ste cose ipermoderne.
Hum, tutte opinioni ugualmente condivisibili o palesemente smontabili. Il plot è semplice ma non è una cazzata totale, i contenuti ci sono ma di certo non sono rivoluzionari, la tecnica, beh, non è il 3D l’innovazione più shoccante, ma la computer grafica. Alla fine della fiera, la visione più lucida ce l’ho a portata di mano, ed è quello dell’amico Sir sullo Strano Attrattore. Come pure l’interrogativo più stimolante è quello di Iguana Jo: “Ma Avatar piace così tanto perché è tecnicamente perfetto o perché è così rassicurante?”
Tecnicamente perfetto, alla fine non lo è. E scritto e diretto con precisione, ma alcune scelte sono quantomeno discutibili (certi altri personaggi tagliati con l’accetta e qualche altra pulce…). Consolatorio? Sì, decisamente. Ma tutti i colossal lo sono, e ho smesso di scandalizzarmi per questo almeno una quindicina di anni fa, quando ero un adolescente in piena lotta col mondo.
Può cambiare la percezione del genere fantascientifico, regalargli una nuova giovinezza e portarsi a traino anche la letteratura che langue negli scaffali delle patrie librerie? Non penso, perché il nodo sta tutto qua: la fantascienza in Avatar è un registro, un canone, nulla di più, nulla di meno. Cameron ha tirato su un ottimo colossal - di fantascienza - ma pur sempre un colossal. E’ così che si dovrebbe guardare a questa pellicola, credo. Almeno per non perdersi in terre limitrofe, ma fuori giurisdizione.
4 Responses
Guarda, a me non turba assolutamente il contenuto consolatorio di Avatar, quanto piuttosto il significato profondo del suo successo planetario.Non credo che domandarsi il perché di tale successo sia una domanda oziosa.
Nel mio post guardavo le cose dal punto di vista dell’appassionato di fantascienza, ma ben vedere forse il motivo del successo di questo film va oltre il contenuto conserativo/consolatorio, inquadrandosi piuttosto in un contesto che ci vede tutti tremendamente affamati di storie raccontate a regola d’arte, senza la massacrante frenesia degli ultimi baracconi horrywoodiani o l’arroganza estetizzante di molti autori europei.
Non intendevo dire che il significato consolatorio del film t’avesse creato turbamenti e disagi, Jo! Il tuo post è molto chiaro.
Dicevo solo che, in tempi passati, a me sì… E di gente in giro che mantiene questi atteggiamenti adolescenziali ce n’è a vagonate.
Decisamente: abbiamo bisogno di buone storie, scritte coi controcazzi.
Ma anche di storie che scuotano un po’ i nostri neuroni, no? Coi tempi che corrono, è più di una necessità…
Le storie capaci di scuotere i neuroni sono preziose come il pane, solo che non credo godranno mai di una popolarità neanche lontanamente paragonabile a quella di produzioni sul genere di Avatar.
Tocca stare con gli occhi bene aperti per non lasciarsele sfuggire, che qua alla periferia dell’impero viaggiano sempre più sotterranee e invisibili.
(per esempio, guardati Moon, credo non ti deluderà)
Lo farò, Jo. In giro ne sento parlare bene…