Visto che i distributori italiani hanno decretato che Dredd 3D non deve – per nessun motivo – vedere la luce nelle sale cinematografiche italiane (e in tutto il resto del mondo, invece sì), celebriamo almeno la sua uscita nel circuito P2P con questa breve recensione.

E, tanto per sgombrare il campo da dubbi: non esiste nessuna edizione italiana home video di Dredd 3D, e, a un paio d'anni dalla sua uscita in sala, direi che è lecito abbandonare ogni speranza che ne vedremo mai una.

Viceversa, in Inghilterra, Francia, Germania, Spagna e compagnia bella chiunque voglia legalmente vederlo/comprarlo/tenerlo, non ha che da fare un paio di clic o entrare in un negozio e spendere una dozzina di euro.

Noi, che di far restare i nostri soldi in patria magari vorremmo pure e ci piacerebbe anche fare le cose a modino, invece dobbiamo cercarlo per i vicoli, col bavero alzato e i baffi finti, come ladri, come cospiratori.

Affidarci a volenterosi traduttori, shakerare il tutto con VLC e piazzarci davanti il monitor a vedere se questo Dredd 3D si meritava davvero questo trattamento.

Se lo meritava?

No, perché di porcherie doppiate, pubblicizzate e distribuite sui nostri schermi ne sono passate di molto, molto, molto peggiori di questa.

E un po' sì, perché, in definitiva, Dredd 3D è un prodotto che poco aggiunge o toglie al carisma del personaggio a fumetti ispiratore.

È, sfortunatamente, un film con evidenti limiti di budget. Limiti che si vedono un po' dovunque.

A iniziare dalle location (il 95% delle riprese si svolge in un condominio – sì, avete letto bene, un condominio, grosso quanto vi pare ma un condominio, fatiscente quanto un Corviale qualsiasi e con una patina di hi-tech sottile quanto una ragnatela), per proseguire coi costumi (più di ogni altra cosa, mi ha lasciato perplesso, davvero perplesso, il casco oversize di Dredd, secondo me l'avevano fatto sulla testa di qualcun altro e Urban se l'è dovuto tenere così), i mezzi di scena (il design di motociclette e armi è goffo, datato e più degno di una produzione amatoriale) e l'impiego di CGI (che normalmente non tengo in chissà quale considerazione, ma che in un film di fantascienza magari dovrebbero avere un certo ruolo), fatto salvo per le sequenze in 3D, che probabilmente avrebbero avuto un senso a vederle al cinema… sul monitor del vostro PC un po' meno.

Detto questo, la storia, com'è?

Nulla di nuovo sotto il sole. A Dredd viene affidata una recluta (l'aspirante giudice Anderson), che ha una giornata per qualificarsi agli occhi del giudice (poliziotto) di strada più anziano. Vi ricorda qualcosa?

Tipo, il soggetto di giusto dieci o venti film di genere?

A me, sì.

E poi, che succede?

Che i due buoni si ritrovano bloccati nel megacondominio di cui sopra, che altro non è che il territorio di una feroce gang di spacciatori di droga. E devono uscirne vivi.

Anche qui, insomma, non è che ci si sia da alzarsi in piedi a battere le mani per originalità (si è detto e ridetto, quando uscì il film, che il The Raid di Gareth Evans proponeva una sceneggiatura sostanzialmente identica). Eppure, il soggetto è firmato proprio dagli stessi Wagner ed Ezquerra che invece hanno scritto per Dredd pagine superbe (tra quelle edite in Italia, consiglio caldamente di recuperare Guerra Totale e America) e per Dredd 3D sfornano un compitino banalotto e prevedibile.

Perché sono così severo col loro lavoro? Perché il personaggio di Dredd, che magari sarebbe dovuto essere il centro della vicenda, trattandosi di un film intitolato a lui e che, almeno nelle intenzioni della produzione, avrebbe dovuto rilanciarne il franchise e far partire una trilogia, finisce col restare troppo sullo sfondo, senza spessore, senza guizzi, senza battute.

L'eroe, anche se parlare d'eroe non è corretto, non ha nessuno sviluppo, nessuna crescita, nessuna crisi e nessuna rinascita, e conclude il film esattamente come l'ha iniziato.

Pagando (salato) il prezzo dell’averlo voluto rappresentare fin troppo fedelmente rispetto la sua controparte fumettistica.

Il problema è che il cinema utilizza un linguaggio diverso da quello dei fumetti, e un bravo regista sa dove è il caso di intervenire, smussare, limare o accentuare. Il Batman di Nolan è profondamente diverso da quello dei fumetti (ok, forse troppo), ma il risultato sono tre film che comunque vincono sotto il piano emozionale.

Dredd, ritagliato così com'è dalle pagine di 2000AD, è un fantoccio, non ha un volto (come nel fumetto, non si toglie mai l'elmetto), non ha una personalità definita, è più un celerino privo di sense of humor, privo di debolezze... determinato come un Terminator ma senza avere il fascino di una macchina vivente.

Ammetto che Dredd è ben difficilmente filmabile, ma allora probabilmente ci sono andati più vicino Cannon e Stallone nel 1995 (almeno nella prima mezz'ora della pellicola, prima che il film cessi di essere Dredd e diventi un normale film di Stallone).

Non voglio tornare su quello che secondo me è un delizioso esempio di action-movie mid-anni novanta e che riesce a farsi perdonare un mucchio di cose (prima tra tutte quello di non essere un film su Dredd), ma a fare il confronto – dopo quasi vent'anni – il nuovo Dredd 3D ne esce come un onesto tentativo ma che denuncia la mancanza di trovate, i limiti di budget e di scrittura... e la cui ultraviolenza (anche se ne fa prendere – positivamente – le distanze da prodotti fin troppo politicamente corretti come il Robocop 2014) non basta ad elevarlo come action d'autore ma, semmai, a non catalogarlo come entertainment per nerd e fumettari che poi andranno a caccia di merchandising.

Se vi basta, può valere lo scaric... ehm, l'acquisto (trovate le edizioni in lingua originale su Amazon).

Altrimenti, vi consiglio di recuperare il Dredd di stalloniana memoria. Il dvd si trova a cinque euro, e se non volete spendere neanche quelli... beh, sapete dove cercare.