Non un seguito del celeberrimo film di Steven Spielberg, quanto, piuttosto, un gradino in più nell'esplorazione della scala stilata da J. Allen Hynek negli anni Settanta per catalogare gli incontri con gli extraterrestri.

Il quarto tipo cui fa riferimento il titolo è quello definito come il "più spaventoso", ovvero quello del rapimento degli esseri umani da parte degli alieni.

Un fenomeno particolarmente diffuso e inveterato fino dagli anni Sessanta, a quanto apprendiamo, in una piccola cittadina dell'Alaska dove è ambientata questa pellicola che sin dalle prime sequenze, con Milla Jovovich che si presenta come se stessa, propone dei materiali video, apparentemente reali.

La storia, infatti, parte dall'incontro del regista Olatunde Osunsanmi con la Dottoressa Abbey Tyler che, nei primi mesi del Duemila, mentre faceva l'amore con suo marito se l'è trovato accoltellato e morto nel letto…

Una situazione decisamente sconvolgente che non impedisce, però, alla donna di portare avanti gli studi del marito psicologo sui misteriosi casi di insonnia di uno sperduto centro abitato dello stato americano.

Il film, evidentemente una sorta di mockumentary sospeso tra horror e fantascienza, sulla scorta del Blair Witch Project, però, si spinge un po' oltre la ricostruzione di presunti casi di 'alien abduction' e la loro spiegazione.

Mescolando finzione e realtà, Il quarto tipo propone una tesi, ancora più sconvolgente delle sequenze che vediamo mostrate nel film e che, se fossero vere, documenterebbero con dovizia di dettagli un omicidio - suicidio e, soprattutto, la levitazione di un uomo, rapito dagli extraterrestri sin da piccolo.

Figlio della cultura dei reality show, Il quarto tipo si basa su un concept interessante, dilapidato, forse anche per mancanza di mezzi, in una trama verbosa che impedisce allo spettatore di mantenere salda la suspension disbelief fino alla fine.

Nonostante le urla e i momenti di angoscia che suppliscono all’incapacità del regista di gestire la suspense se non suggerendo l’idea che si tratti di una storia realmente accaduta, il film ‘crolla’ nel momento in cui, attraverso una registrazione casuale, la dottoressa Tyler riesce a stabilire fortunosamente quale lingua parlino gli extraterrestri e a quale epoca risalgano i loro primi contatti con l’uomo. Senza volere danneggiare la visione della pellicola e la trama, bisogna evidenziare la spiacevole situazione nella quale uno degli alieni, in maniera improvvisa e inspiegabile, si propone come una divinità parlando una lingua estinta da quasi tremila anni.

Al di là della difficile credibilità della storia, la cosa peggiore è il commento qualunquista che la dottoressa Tyler fa, nel momento in cui, tra un biascicamento e l’altro, il film debba aprire una finestra metafisica su una storia, comunque, frammentaria, lacunosa e dalla forte ambiguità fortemente reticente sia che si tratti di una storia vera che inventata.

Figlio di una fantascienza minore e incrocio posticcio di un finto documentario con una trama di un qualsiasi episodio di X Files, Il quarto tipo è ulteriormente messo in difficoltà dal doppiaggio italiano che rende fisiologicamente più artificiosa la narrazione, andando ad impattare l’efficacia dei presunti materiali d’archivio. Lo stesso dicasi per le voci finali che concludono idealmente il film e che raccontano una lunga serie di incontri e di avvistamenti di UFO in Nord America negli ultimi trenta anni.

Un’idea interessante sviluppata malamente nonostante un certo estro nel montaggio e nel provare a costruire una storia che pur fondandosi su una premessa intrigante, scivola in molti punti fino al rovinoso finale dove vediamo comparire il compiaciuto regista a ripeterci che saremo noi a decidere se quello che abbiamo visto sia vero o meno…

Grazie Olatunde... ma avremmo preferito che fossi tu a spremerti un po' di più le meningi per sorprenderci.