Lo spettro della realtà virtuale che, tramite l’uso di Second Life, s’insinua nella nostra quotidianità, in questo scorcio storico che stiamo interpretando, è un’esperienza che molti internauti hanno vissuto già prima dell’avvento del metamondo creato dai Linden Lab: nei circuiti IRC, nelle famigerate chat che hanno cominciato a imperversare nell’universo virtuale internettiano fin dalla fine degli anni ’80, primi ‘90.

Raccontare cos’era – e forse cos’è ancora – una chat di quel tipo è semanticamente semplice pur non essendolo davvero, a causa delle sensazioni che lì si vivono, quasi che quel particolare mondo fosse – e credo sia stato ed è davvero così – una rimappatura della vita cosiddetta reale. Chi scrive è stato negli anni passati un assiduo frequentatore del circuito IRC – un acronimo che sta per Internet Relay Chat – che si può banalmente descrivere come un luogo di conversazione pubblico – ovvero una sorta di agorà composta da stanze, room – dove è possibile, altresì, parlare privatamente con uno o più frequentatori dello stesso luogo. Laddove si dice parlare, va inteso ovviamente (l’“ovviamente” vale per chi è avvezzo a tale forma di comunicazione) come uno scambio di messaggi testuali, in un tripudio di emoticon (le cosiddette faccine, che servono a far capire il più accuratamente possibile le effettive emozioni degli interlocutori) e di slang internettiani, che vanno intesi come dei linguaggi dialettali, quelli che si parlano tra gli abitanti di un borgo, o di un quartiere cittadino; più estesamente, di una comunità.

Come dicevo, ho frequentato negli anni passati e per lungo tempo questi circuiti IRC; vari circuiti di server diversi, dove vigevano leggi e convenzioni comportamentali a volte in disaccordo tra loro. Lì avevo la sensazione di passare dalle piazze di un paese, vivace e colorito, alla compostezza tutta garbata di una grande città, dove il silenzio e la serietà superficiale nascondeva traffici di ogni tipo e tresche a volte inimmaginabili. Chat che era anche, a volte, un universo di lotte cruente (no, nessuno moriva, ma l’onore del prendere, del rubare una room - un luogo pubblico, quindi - era paragonabile all’onta di sottrarre, per un soldato, la bandiera del proprio nemico); erano lotte feroci che si svolgevano tra personaggi – una lista di semplici nomi in una lista di utenti – che scimmiottavano i più famosi hacker a suon di battaglie di script (piccoli programmini che sfruttavano il protocollo IRC per provocare falle nelle difese dei proprietari del luogo pubblico). Ricordo di aver visto orde di russi (tutti avevano il terrore di questi esseri virtuali, provenienti dalla Grande Madre Russia, visto che il protocollo IRC è nato praticamente lì) che clonavano senza soluzione di continuità i propri nickname (soprannomi, ovvero il proprio nome d’arte su Internet e sulle chat) e aggredire la santabarbara della room per provocare una caduta da overflow - un diluvio di dati - come se il canale su cui si reggeva quel luogo dovesse cedere, cadere soltanto perché troppe informazioni erano state inviate contemporaneamente; ricordo tutto ciò accadere in pochi istanti e in un modo così selvaggio da farmi associare - io semplice spettatore, non ancora gestore della room – quei momenti alle fasi di un blitz dei corpi

speciali antiterrorismo, che tante volte abbiamo visto nei film di spionaggio o peggio, in riprese coatte trasmesse dai vari telegiornali o, addirittura, in filmati registrati di nascosto. Ecco, a questo punto immagino già che qualcuno si alza e mi dice: be’, ma Second Life è tutt’altro!

Graficamente sì, è ovvio, rispondo io; ma la sensazione che dà l’essere presenti su una rete IRC e quelle che possono donare una sessione di connessione su Second Life sono paragonabili, come in una proporzione aritmetica, alla fantasia autoctona impiegata nella lettura di un libro che sta alla magnificenza elargita da un film costruito sullo stesso romanzo: si può rimanere conquistati dal mondo virtuale, e così in Second Life l’ubriacatura grafica – ancora ben lontana dall’immersione totale che può garantire un’esperienza da Virtual Reality – può offrire la sensazione di un nuovo mondo che si apre a noi, con tutte le meraviglie che la scoperta della novità può apparentemente offrirci.

Il nuovo millennio è, quindi, all’insegna della ricchezza grafica di Second Life. Sia! È il nuovo che avanza, dicevamo, un perfetto e nuovo territorio in cui si può contrattare qualsiasi cosa con dei soldi veri, in cui si possono aprire succursali di qualsiasi impresa già presente nel mondo reale o inventarsi delle attività inesistenti; in cui gli incontri diventano accattivanti perché avvengono sotto un sole radiante, in un caldo intuibile perché, magari, un’isola tropicale fa da cornice alle nostre relazioni.