Non capita tutti i giorni di vedere aggirarsi per le strade di Los Angeles strani tizi con delle tute bianche che marciano col passo dell’oca, comandati da qualche losco figuro mascherato e nerovestito, impegnati in un conflitto con gente bislacca che indossa improbabili tuniche e brandisce spade di plastica dai colori sgargianti. Eppure negli ultimi giorni di maggio è stato possibile assistere a questo e a molto altro nella capitale del cinema americano, e non solo lì: in tutti gli Stati Uniti sono comparse qua e là delle cassette postali dalle curiose fattezze, che ricordano un tozzo e basso robot; in molti cinema la gente si è data appuntamento per sottoporsi a dodici ore di visione di fila; famiglie intere sono andate a visitare bizzarre esposizioni di modellini di astronavi e altri mezzi avveniristici. Tutti vittime di un’ipnosi collettiva? Proprio così, e l’illusionista che ha dato vita a questa follia ha un nome e un cognome: George Lucas. Il suo Star Wars festeggia i trent’anni, perché anche se non sembra vero tanti ne sono passati da quando quel 25 maggio del 1977 apparvero su pochissimi schermi cinematografici americani le ormai celebri parole: “Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…”. Alcuni, oggi, sono pronti a negarlo, ma la realtà dei fatti è una sola: Star Wars ha cambiato il cinema e la fantascienza molto più di quanto si potrebbe immaginare e ha creato quello che a furor di popolo è il film-cult per eccellenza (come ha reso noto un recente sondaggio britannico). Questo trentennale celebra non solo un anniversario, ma anche la conclusione di un grande progetto che ha dato vita a sei film e a una saga unica nella storia del cinema che ha ridato vita alle vecchie favole.

George Lucas, classe 1944, non aveva in mente tutto questo quando, da giovane, rifletteva distrattamente sul proprio futuro. La sua prima passione non erano i film, ma le auto. Ne costruisce una propria, sogna di correre a Le Mans (e il piccolo Anakin Skywalker de La Minaccia Fantasma è l’eco di quelle aspirazioni giovanili) fino a quando, a 18 anni, non incorre in uno spaventoso incidente e si salva a stento. È la svolta che gli cambia la vita: subito dopo il diploma, s’iscrive al Modesto Junior College dove segue un corso di antropologia e scopre un profondo interesse per le scienze sociali. Di lì inizia la propria passione per la mitologia e l’inizio di una serie di lunghi studi sull’argomento che lo portano a scoprire l’opera di Joseph Campbell sui topos del mito: saranno queste ricerche a ispirarlo nella realizzazione di Star Wars. Non è però la carriera accademica ad attrarlo. Dopo aver conseguito una laurea di primo livello (come la chiameremmo oggi in Italia) in antropologia, Lucas pensa di coltivare la sua passione per l’arte e la fotografia e decide di andare alla University of Southern California: “Lì avevano una scuola di cinema, ed io mi dissi «beh! Assomiglia alla fotografia, forse potrebbe essere interessante». E una volta iscrittomi a quel corso, scoprii che era quella la cosa che amavo, ed in cui ero bravo”.

Di talento ne aveva davvero. Con l’aiuto di Francis Ford Coppola, conosciuto su un set cinematografico, Lucas si lancia presto nel cinema e nel 1971 realizza il suo primo lungometraggio, THX 1138, da noi in Italia tradotto come L’uomo che fuggì dal futuro. È il rimaneggiamento della sua “tesi di laurea” (un cortometraggio di fantascienza), con un Robert Duvall ai suoi esordi. Il film costa un milione e duecentomila dollari, ma riceve un’accoglienza negativissima da parte della casa produttrice, la Warner, che decide di tagliarne varie scene; il pubblico non lo gradisce e in definitiva Lucas raccoglie il suo primo – anche se, lui non lo sapeva ancora, ultimo - flop. È la Universal Pictures a decidere di ridar fiducia a Lucas accettandogli il soggetto di un nuovo film dal titolo American Graffiti con un budget di soli 750.000 dollari, accettando inoltre anche il soggetto di un secondo film che si dovrebbe intitolare Guerre Stellari. Poco dopo la Universal ci ripensa e boccia la seconda opzione considerandola troppo rischiosa, ma Lucas non si fa sfuggire la nuova possibilità che gli viene data con American Graffiti, e fa bene: il film ottiene un successo clamoroso di critica e pubblico, guadagnando nei soli Stati Uniti 55 milioni di dollari e ottenendo un Golden Globe e cinque nominations agli Oscar.