La serie di successo sviluppata dallo studio Bungie e pubblicata da Microsoft per Xbox 360 torna con un prequel.

Uomini con armatura da supersoldato del futuro e jet pack in volo su Trafalgar Square a Londra. 300 milioni di lattine di cola che invitano a ‘Ricordare Reach’. Furgoni neri in giro per gli Stati Uniti circondati da figuranti in costume. Le ormai caratteristiche nottate all’addiaccio davanti ai centri commerciali.

Il risultato record di 200 milioni di dollari incassati in 24 ore tra USA ed Europa. Sembrano gli ingredienti tipici di un’uscita editoriale di J.K. Rowling o di un film di James Cameron, invece si tratta di Halo: Reach, ultimo titolo della serie di videogame Halo per Xbox 360.

Nonostante i media tradizionali italiani parlino, a stento e ancora con una certa condiscendenza e miopia, ‘soltanto’ dell’uscita di un videogioco di successo, si può affermare che Halo: Reach rappresenta davvero l’equivalente su console di un colossal hollywoodiano, con tanto di massicci investimenti sul marketing, costi di produzione milionari e attesa spasmodica dei fan in tutto il mondo.

Il grande incasso non è certo di per sé sinonimo di qualità né di longevità eppure, in meno di dieci anni, la serie di sparatutto in prima persona sviluppata dallo studio Bungie - fino a pochi anni fa controllato dalla Microsoft - si è guadagnata un posto di rilievo crescente nell’immaginario occidentale. 

Le ragioni sono molteplici. Fin dal primo episodio, la serie si è presentata molto curata se non rivoluzionaria, appoggiata a un’ambientazione fantascientifica accattivante, con esplicita ispirazione tratta da classici come Fanteria dello spazio di Robert Heinlein, o I burattinai del cosmo di Larry Niven e il ciclo della Cultura di Iain M. Banks per le megastrutture fulcro della storia. La sua trama ha via via abbracciato i canoni della space opera e affrontato temi interessanti, confronto tra civiltà diverse, guerre civili, estremismi religiosi, anche se non si è dimostrata immune dai cliché militareschi e machisti spesso presenti nelle grandi produzioni statunitensi. Infine le ottime modalità multiplayer hanno assicurato vita lunga ai titoli e hanno cementato la comunità, unendo all’insegna del gamepad adolescenti e padri - o eventualmente qualche rara madre - di famiglia.

Reach s’incasella perfettamente nella saga chiudendo il cerchio dei precedenti quattro titoli e, in quanto suo ultimo episodio, rappresenta nelle intenzioni della Bungie una specie di canto del cigno dell’intero franchise.

Prima di - nel senso di dopo - Reach

Halo: Reach è un prequel in cui sono narrati gli eventi immediatamente precedenti quelli raccontati nel primo capitolo, e la sua ambientazione è proprio il pianeta eponimo già lì visto. Prima di analizzare quest’ultimo episodio nel dettaglio, è necessario però descrivere a grandi linee i titoli che l’hanno preceduto, per chi fosse estraneo alla saga, senza spoiler specifici che vadano oltre ciò che si sa ormai da dieci anni.

L’apripista è Halo: Combat Evolved del 2001, nel quale sono introdotti i protagonisti della storia e il principale arco narrativo. Nel futuro epico creato dalla Bungie, un’umanità che ha già colonizzato molti pianeti della galassia è in guerra con i Covenant, un’alleanza di razze aliene unite dal comune fervore religioso. Gli alieni conducono una vera e propria crociata per annientare gli uomini colonia per colonia e grazie a una netta superiorità tecnologica sono molto vicini alla completa vittoria militare. Il terzo incomodo è un’inarrestabile specie parassita chiamata Flood che, non facendo distinzione circa quali organismi ospiti procurarsi, cambia gli equilibri della guerra.

Le solide spalle su cui ricade il destino dell’intera galassia sono quelle corazzate e geneticamente modificate di Master Chief John, supersoldato transumano appartenente agli SPARTAN, una squadra di paramilitari inviati sulle colonie per reprimere i movimenti indipendentisti le cui capacità si riveleranno fondamentali contro Covenant e Flood. 

Master Chief è diventato rapidamente l’icona di Halo e della stessa Xbox, con la sua caratteristica armatura verde - in tono con i colori della console- e il volto sempre nascosto dall’elmetto. Come spesso capita ai protagonisti degli FPS a prescindere dalla piattaforma, basti pensare all’altrettanto simbolico Gordon Freeman di Half-Life, Master Chief è silenzioso, il carattere delineato appena dalle conversazioni degli altri personaggi e dagli eventi della storia.

È sempre lui il protagonista dei successivi episodi, Halo 2 del 2004 e Halo 3 del 2007, che portano a compimento la storia e ne approfondiscono aspetti come il frazionamento dei Covenant, la loro religione e la natura del Flood. In questi capitoli assume molta importanza l’elemento multiplayer, che si integra con il servizio di supporto al gioco online Xbox Live ottenendo un gran seguito.