Se nella scorsa puntata della rubrica abbiamo visto come un romanzo di fantascienza pura di Michael Faber sia stato pubblicato alla chetichella in una collana mainstream, il caso di David Ambrose è ancora più notevole. Lo scrittore inglese ha infatti pubblicato in Italia non uno, ma ben tre romanzi, tutti inequivocabilmente appartenenti al genere fantascienza, e tutti inclusi in una collana espressamente dedicata al genere noir. E' vero che in ognuno di questi romanzi abbiamo morti sospette, omicidi premeditati, serial killer o altri ingredienti di quelli che del noir sono l'essenza. Tuttavia è altrettanto vero che l'elemento fantascientifico nei libri di Ambrose non è affatto accessorio; al contrario, è fondamentale nel creare la struttura di trame che, proprio come nel filone più puro della fantascienza, prendono spunto da leggi scientifiche autentiche per derivarne le conseguenze più bizzarre.

David Ambrose è nato nel Regno Unito ma ha lavorato internazionalmente come sceneggiatore, firmando anche alcuni fim girati in Italia. Il primo romanzo pubblicato nel nostro paese, L'uomo che credeva di essere se stesso (The Man Who Turned into Himself, 1995) ha un inizio che potrebbe essere stato preso di peso dall'opera di Philip K. Dick: un uomno tranquillo e normale, alla vigilia di un evento importante della sua vita, ha un incidente. Da quel momento la sua vita non è più la stessa, perché il mondo è cambiato improvvisamente. Suo figlio scompare nel nulla, e nessuno sembra ricordarsi della sua esistenza; la moglie e gli amici si comportano diversamente, il suo appartamento si trova al lato opposto della città, persino la sua professione risulta essere tutt'altra. Ce n'è abbastanza per finire al manicomio, e il protagonista corre in effetti questo rischio, finché non riuscirà a capire il meccanismo che lo ha trascinato in un universo parallelo. I suoi tentativi di uscirne e di tornare alla propria realtà daranno origine a una serie di eventi sorprendenti, in una trama che non rinuncia fino all'ultimo al colpo di scena.

Ricordiamo che Dick mette in scena un incipit piuttosto simile in Scorrete, lacrime, disse il poliziotto. Se nell'opera del grande PKD la perdita dell'identità non è che un sintomo di uno spaesamento generale e metafisico, il personaggio di Ambrose riesce con l'aiuto della logica a decifrare il mistero e a riprendere il controllo della situazione. Tuttavia, L'uomo che credeva di essere stesso è molto più di un thriller fantascientifico, ed ha momenti di notevole sottigliezza, in particolare quando descrive i dubbi che assalgono il protagonista quando si deve confrontare con una versione alterata della propria realtà, e viene indotto a sospettare che le proprie certezze poggiassero su fondamenta piuttosto labili, e che solo impalpabili differenze separassero la sua vita dal quel mondo che disprezza e in cui si trova costretto a vivere.

La madre di Dio (1996) è il titolo maggiormente legato alla fantascienza propriamente detta, in quanto i prodigi descritti hanno questa volta una chiara origine tecnologica, e non metafisica. Qui abbiamo una scienziata che ha costruito un'intelligenza artificiale nel chiuso del suo laboratorio. Un serial killer che sfrutta le proprie abilità di hacker per attirare vittime inconsapevoli si introduce nei suoi computer, e permette all'IA di uscire nel mondo attraverso la rete. Priva di una guida, la mente artificiale diventa paranoica e violenta, e cerca di distruggere l'unica persona che potrebbe conoscere il modo per distruggerla, cioè la scienziata che considera la propria madre.