Appena sveglio, Fosco temette che la giornata avrebbe avuto un  sapore di ozono domestico e circuiti surriscaldati. Andò in bagno e vide che sul profilo frastagliato dei palazzi il cielo smorto si intrufolava a fatica tra antenne come pettini giganti e coppe paraboliche, scendendo nei vapori della città fino ad attraversare timidamente la sua vetrata anti-ultravioletti. Il sole doveva essere su, da qualche parte oltre il materasso di nuvolaglia  sporca. Completò in fretta  la doccia e andò in cucina,  accese la luce e sedette a tavola.

– Papà – disse Chiara affacciandosi sorridente – allora, andiamo a vedere?

Lui prese la maionese di plancton. – Certo, piccola, era promesso. Ma ora fai colazione.  

– Devo correre al Consiglio di Quartiere – esclamò  Blanca. – Non so se rientro a pranzo.   

– Non preoccuparti – disse Fosco. – Siamo capaci di sbrigarcela da soli, vero, bambina?

– Buongiorno! – s’intromise una voce allegra dallo schermo murale autoattivante. – È l’ora del vostro Tg-Universo, e stamattina abbiamo un contatto nientemeno con il capitano Gordon Reynolds, della base marziana Lowell City! – Su uno sfondo pietroso e desertico, un uomo in scafandro avanzava goffamente verso la videocamera.                

– Che ha il tv? – disse  Blanca. – Vedo solo bianco o nero. Manca tutta la scala dei grigi.

– Ma – obiettò Fosco – credo che su Marte luci e ombre siano sempre nette, così. È ok.

– Sbagli, papà – protestò la bambina. – Quella che dici tu è la Luna, senza l’atmosfera.

– Mancano i grigi – rincarò Blanca. – Mai qualcosa che funzioni, qui.

– Hallo! – esclamò il capitano Reynolds, con voce entusiasta. – I like Italy, very much! Mantegna, Leonardo, Piero della Francesca! – Deformò buffamente i nomi.

– Sono  suoi amici? – chiese Chiara, accarezzando Dark che ronfava sulla sedia accanto.

– Beh… – rispose Fosco, incerto. Il capitano Gordon proseguì:

– Su  Marte  no  terrestrial aria, eppure  respirare meglio che su Terra! In mio scafandro, quasi purissimo oxygen! Venite a Lowell City, voi qui dis-i-ntoss-i-care! –  Lo speaker strombazzò:

– Per la vostra strepitosa vacanza “Su Marte si sposa e si parte”, con visite guidate del capitano Gordon Reynolds, rivolgetevi subito al nostro indirizzo telematico che vi mostriamo in…  

Blanca si alzò. – Io scappo. – Baciò Chiara e andò a indossare il cappotto antismog.

– Mangiato tutto, bambolina? Andiamo anche noi – disse Fosco.

Fuori era schiarito ancora un po’, segno – pensò Fosco – che i polmoni sintetici urbani riuscivano ad assorbire i veleni. Ma l’aria restava plumbea: c’era traffico intenso, e i  motori ecologici non riuscivano a fare di meglio. Si diressero verso la stazione dei pullman a binario magnetico.

– Il Grande Ventilatore è lontano, papà?

– Macché, in un quarto d’ora arriviamo. Tienimi la mano, mi raccomando, lì troveremo tanta gente. Ricorda, se ci perdiamo di vista premi il pulsante del tuo localizzatore, e non ti muovere.

Passarono davanti a un grande schermo murale piazzato in cima al palazzo del Comune. I dati dell’atmosfera erano in tempo reale, in una doppia scala di simboli luminosi su sfondo nero: una in  percentuali e grafici, l’altra in  cerchietti, di più immediata interpretazione.  

– Papà – disse Chiara – io vedo che oggi  “polvere” ha quattro cerchietti. Perché?

– Perché c’è più caligine del solito – disse Fosco. 

– E perché c’è più caligine?

– Perché… perché siamo in troppi, e non smettiamo un attimo di fare cose che non dovremmo fare. – Gli parve, dalla pesantezza del respiro, che i cerchietti delle polveri sarebbero dovuti essere addirittura cinque, oggi. E quelli dell’anidride solforosa tre, non due. Possibile che le autorità preposte addomesticassero i dati...?

Giunsero alla stazione.

– Papà… Poi mi prendi in braccio? Voglio vedere dai finestrini.

Il pullman  si avviò sul mono-binario magnetico. Filava con un sibilo impercettibile da superjet, in leggeri ondeggiamenti.  Si immerse nel sottosuolo accelerando da far impressione, e descrivendo una curva amplissima. Sbucò all’aria aperta pochi minuti dopo, risalendo fuori città sparato come un missile. 

– Sono quelli, gli alberi? – Chiara additò cespugli striminziti. – Papà, è già sera?

Fosco sorrise. – Che dici, scemina. Sono le dieci del mattino, ma in campagna mancano i polmoni sintetici della città e l’aria è ancora più inquinata. Ma ora vedrai, col Grande Ventilatore…  

Tirò fuori le mascherine ecologiche.

 – Ecco – disse Fosco. – Questo mi sembra un buon posto per sedere. Ci vedi? Tieni, c’è anche per te. – All’entrata nel locale avevano ricevuto due paia di occhiali scuri di plastica.