La videofinestra annuncia un crepuscolo grigio per una notte nera. Sull’orizzonte, dietro palazzi orizzontali, è appeso un cielo scurito come il materasso di un homeless. Leggera umidità scivolosa, salivosa; regolo l’impianto climatico, regolo la sveglia per le quattro e mezza. Chissà se Ania chiamerà, stanotte. Il suo jet dovrebbe atterrare fra un’ora. Vorrei aggiornare l’agenda di lavoro, mandare giù una pasticca come si deve, spegnere i telesistemi domestici ma non ho più voglia di far nulla. Giornata che mi ha stremato... bacini sedimentari e subsidenza di merda! Mi butto sul letto ancora vestito.

Non mi ero accorto di essermi addormentato. Buio totale in casa, anche dalla videofinestra. Le dico: “Luna!”, il riquadro si allarga a tutta parete e srotola un limpido panorama stellato con una falce d’argento. Fa fresco, risistemo il clima rimproverandolo. Ho arti pesanti.

Devo essere rimasto un bel po’ in questo stato, perché mi accorgo di una voce e di immagini luminose 3D in movimento. Lo schermo si è autoattivato: — Sandro!

— Ciao, Ania — rispondo. — Sei lì da molto?

— No, appena arrivata. Ti succede qualcosa?

— Tutto bene. Viaggio tranquillo? Ma dove ti trovi.

— A casa, stanca morta. Un volo da manuale, solo che qui a Varsavia c’era nebbia fitta e... — Una pausa. — Sandro...

— Sì?

— Ti amo... ti voglio...

— Anche io, piccola Ania.

In verità è uno e novanta ma non mi riferivo all’altezza, dirle ‘piccola’ è come se finalmente riuscissi a contenerla tutta. Perché ammetto che a volte lei...

— Mi dai il bacio della buona notte? — Mi fissa dallo schermo bidirezionale.

Al video sussurro: — Zoom, occhi. — Si allarga un cielo luminoso di iridi azzurre. Le indirizzo un bacio.

— Ma che fai... Scemo, voglio un bacio vero.

— Vero?

Continua a fissarmi in silenzio. Ah, sì! Semintontito, mi sollevo dal letto. I sensori... i guanti cablati, la tecno-tuta... Mi è costata un occhio, questa attrezzatura da realtà virtuale. Ania ha voluto che ne acquistassimo una ciascuno, ‘per stare vicini anche quando siamo lontani’. Una volta l’abbiamo testata ma senza indossarla, giusto per vedere se funziona. E lei si è portata la sua a Varsavia! — Sei proprio sicura... — incomincio a dire, ma qui il color cielo del suo sguardo sembra farsi appena più cupo. Mi alzo, tiro fuori la tuta e incomincio a trafficarci. Cavi che pendono come serpenti, connessioni in rete, cinghie, fibbie, sensori, regolazioni sul mio corpo. All’una di notte! Mi ridistendo un po’ di mala voglia, bardato come un cavaliere medioevale. Mi sento ridicolissimo. La sua voce mi arriva negli auricolari: —Sei pronto? —, ed è una voce particolarmente distesa, placida.

— Quasi, Ania. Io...

Resto senza fiato: giurerei che la ‘sua’ mano abbia preso la mia! — Tesoro... — esclamo sorridendo. A mia volta stringo la sua.

— Ahi — grazioso acuto di Ania. — Mi stritoli le dita!

Stranamente, il suo viso sullo schermo è disturbante: grida la distanza che ci separa e invece io sfioro lei qui, proprio accanto a me. A occhi chiusi sollevo un braccio, incontro il suo volto. Ania sussurra qualcosa, percepisco le sue palpebre abbassarsi sotto le mie dita. La mano scende sul collo, le accarezzo un seno che prorompe dal bordo rigido di un top… e la tensione accumulata nella giornata si scioglie come neve.

Mi sollevo a sfiorarla con un bacio, e mi arriva con violenza il profumo del suo collo. — Vuoi che ti accarezzi anche io? — mi dice.

Comincio a salire su di giri. Mi ridistendo pregustando una notte di incanto ma mi raggiunge una sensazione-shock, mai provata: come se una mano enorme accarezzasse la mia pelle tutta insieme, contemporaneamente, dalla testa ai piedi. — Ma che fai!

— Ti piace? — risponde languida. — Era la mia mano destra, ma ho ampliato a 360 gradi qualche collegamento. — Ridacchia. — Una nuova categoria di carezza!

Armeggio convulsamente con la tuta, se funziona con la mano funzionerà anche con le labbra? Tempo mezzo minuto gli eventi precipiteranno. Ho l’affanno. — Allora senti questo... una nuova categoria di bacio.

Ahh!!

Io ho provato la percezione esplosiva di strofinarle le labbra su una zona del corpo particolarmente odorosa ed eccitante, non so quale, voglio bruciare questa notte in una fiammata, sono sull’orlo d’una voragine e...

Aniaaaa! — Un urlo assordante negli auricolari.

Salto sul letto sbalordito. — Ma chi è!

Ascolto la ragazza dialogare animatamente con una voce maschile. Non è polacco, lo riconoscerei. Un nome, Bohumil. Ceco? Lo schermo rimanda immagini del suo viso stravolto, mi sforzo di capire: impensabile che abbia lasciato la sua linea aperta ad altre chiamate; se il tipo si è intromesso e riesce a restarci dev’essere di quelli che entrano dovunque superando password e protezioni. — Sbattilo fuori! grido, cercando di superare le loro voci.