Con un movimento repentino, Albert si schiacciò contro la paratia. Colpì con il palmo aperto sul petto di Rosario, spingendolo a terra prima che lo superasse. 

— Zitto — sibilò. Indicò con il pollice oltre il bordo della parete metallica.

Solo in quel momento Rosario percepì le voci. — Marcus e Julio — mormorò. Lo vide annuire. Non percepì paura nei suoi occhi. Albert non aveva ancora tredici anni, ma Rosario non aveva una briciola del suo coraggio. 

— Che facciamo?

Albert sorrise. — Attacchiamo — rispose infilando la mano nel sacchetto.

Prima che Rosario potesse aprir bocca, Albert si gettò oltre la protezione scagliando un bullone. Il fischio nell’aria fu interrotto da un suono sordo e il grido acuto di uno dei ragazzi. Julio, a giudicare dalla voce.

Albert lanciò un grido di eccitazione e si affrettò a colpire di nuovo. L’effetto sorpresa, però, era sfumato e il bullone risuonò rimbalzando contro i vecchi macchinari della nave. Tentò un altro lancio, prima di buttarsi di nuovo al riparo. La parete alle sue spalle fu crivellata da una decina di proietti che piovvero sulla passerella con un frastuono di tintinnii.

— Sei un imbroglione, Marcus! — gridò Albert. — Uno alla volta, è questa la regola! Non puoi tirarne una manciata!

— E tu sei un bastardo! — protestò Marcus. Aveva quattordici anni e la voce, che iniziava a diventare più profonda, rimbombò nel vecchio magazzino.

— Io vi ho colti di sorpresa e ho usato un bullone alla volta.

— Hai fatto male a Julio e lo hai fatto apposta.

In effetti, Albert aveva lanciato con forza. Rosario non sapeva dove Julio era stato colpito, ma ne sentiva il pianto di dolore. Farsi male era facile, quando si giocava alla guerra con i bulloni, tuttavia Albert aveva infranto una regola non scritta: divertirsi senza cattiveria.

— In ogni caso sei rimasto solo contro me e Rosario. Vuoi arrenderti?

Marcus non rispose. Il silenzio del magazzino era scosso solo dal pianto di Julio. Albert toccò una spalla di Rosario e gli fece segno di superarlo.

— Affacciati e guarda dove si è nascosto.

— Perché io?

— Perché siamo una squadra e ho una mia strategia.

Rosario ingoiò un grumo di saliva. Anche se era lui il più grande dei due, finiva sempre per prendere ordini. Ma poteva rifiutarsi o Albert gli avrebbe dato del codardo. Finora non aveva fatto nulla per vincere la sfida. Gattonò oltre l’amico e si sporse dalla paratia. Quando Albert lo spinse fuori si fece scappare un’imprecazione. Riuscì a vedere Marcus un attimo prima di essere colpito su una coscia.

Albert se approfittò per saltare oltre la protezione, rotolare sul pavimento e attaccare. Almeno due bulloni costrinsero Marcus a piegarsi di dolore.

— Vittoria! — esclamò Albert alzando le braccia.

Nessuno degli altri tre ragazzi partecipò ai festeggiamenti. Julio si reggeva in piedi a stento, con una mano premuta sull’osso sacro e gli occhi ancora colmi di lacrime. Marcus sembrava volerlo prendere a pugni, tanto appariva adirato.

Rosario, dal canto suo, non riusciva a gioire. Avevano vinto, ma grazie al suo sacrificio.

— Sei stato sleale — protestò Julio.

— Che palle, che siete — ribatté Albert aiutando Rosario a rialzarsi. — E tu che faccia fai? Non sarai d’accordo con loro!

— Io… — mormorò Rosario.

— Abbiamo vinto noi, no?

— Sì, abbiamo vinto noi.

— Bene — concluse Albert. Raggiunse Marcus e lo fissò alzando la testa. — Adesso mantieni la promessa.

Marcus scrollò le spalle. Con un cenno del capo lo invitò a seguirlo. Percorsero un lungo corridoio tra i rottami delle vecchie scaffalature. Decine di attrezzi e pezzi di ricambio erano stati vomitati sul pavimento ammaccato.

— Con tutti questi aggeggi non potrebbero riparare la nave? — chiese Rosario ad alta voce.

— Sei un genio, rosso, complimenti — rispose Marcus, senza voltarsi. — Secondo te non ci hanno mai pensato?

— Allora? — chiese Albert. — Ci stai portando dall’altra parte del magazzino.

— Perché il varco è lì.

— Ma sarà prudente stargli vicino? — chiese Julio.

— L’aria è respirabile — rispose Marcus.

Albert allungò il passo per affiancarsi a lui. — Sei uscito?

— No, ma dal varco non entrano veleni. Se così fosse questo magazzino ne sarebbe pieno.

— Allora ci saranno mostri alieni — propose Rosario.

— E non li avremmo mai visti dalle vetrate? Cazzate, non ci sono pericoli là fuori. Eccoci arrivati — concluse fermandosi nei pressi di una parete scura.

In quel punto le luci sul tetto del magazzino arrivavano più fioche e solo aguzzando la vista Rosario vide che una lastra di metallo poggiava sul muro. Avvertì un refolo di vento sulle caviglie.

— Aiutatemi a spostarla — disse Marcus afferrando un lato della lastra.