Era il 15 marzo 2019 quando debuttava la prima stagione della rivoluzionaria serie animata di Netflix Love, Death + Robots, ben diciotto episodi destinati a ridefinire l'animazione come credevamo di conoscerla. Ma anche una serie che richiede tempi non indifferenti per essere realizzata, senza contare ovviamente la pandemia, per cui solo oggi venerdì 14 arriverà il volume 2 composto di otto episodi, mentre gli altri otto faranno parte del volume 3 previsto nel 2022. Nel frattempo Rotten Tomatoes, sito di riferimento per il giudizio di pubblico e critica relativamente a film e serie tv, è andato a intervistare i due showrunner Tim Miller (Deadpool) e Jennifer Yuh Nelson (The Darkest Minds, 2018), i quali hanno rivelato cinque cose da aspettarsi da questa nuova stagione.

Mondi iperdettagliati

Come ha sottolineato la showrunner, il tema comune di questa stagione era di mostrare i mondi creati dai vari registi e studi di animazione coinvolti nel progetto. È stata una scelta quasi inconscia resa possibile dal formato

L'animazione ti permette di creare mondi in un modo così liberatorio che è quasi come se diventassero personaggi di queste storie allegoriche

Dando forma e sostanza a queste domande e sfide in modo da essere accessibili agli spettatori. Un esempio è il corto Snow in the Desert, ambientato in paesaggio roccioso, l'aspra bellezza di un lontano mondo alieno e gli indizi che indicano perché qualcuno vorrebbe vivere lì, offrono una forte ricchezza alla storia grazie a elementi che sono interamente visuali.

Il lavoro per la costruzione dei mondi è paragonabile a quello fatto per un film, ma è proprio la fugacità di queste realtà a renderle vive, così come la sensazione che tu stia abbandonando troppo presto il deserto nevoso o il campo con l'erba alta.

Grandi racconti di fantascienza

La serie usa grandi e evocativi racconti di fantascienza come punto di partenza per ogni corto, ad esempio The Tall Grass (Joe R. Lansdale, la raccolta inedita da noi The Tall Grass and Other Stories, 2015), il più spaventoso di questa stagione, Stazione di soccorso (The Life Hutch, 1956) racconto di Harlan Ellison presente nella maxi raccolta Visioni (Mondadori, marzo 2021), Il gigante annegato di J.G. Ballard (Tutti i racconti vol.2, Feltrinelli 2016) diretto dallo stesso Tim Miller, Automated Customer Service (John Scalzi, 2018), Snow in the Desert (Neal Asher, 2008) e Pop Squad (2006, Paolo Bacigalupi). Miller ha dichiarato che sono stati liberi di scegliere i racconti che preferivano, ma che lui tende a essere molto ossessivo nel voler essere fedele al testo originale, a parte la natura ovviamente diversa dalla narrazione visuale rispetto a quella scritta.

Uncanny Valley

È un termine ormai di uso comune, arrivato alla ribalta con la (per così dire) resurrezione di Peter Cushing in Rogue One: A Star wars Story, e si può più o meno tradurre come "esperienza spettrale". Miller ha infatti dichiarato che per quanto ci si stia avvicinando sempre di più, siamo ancora lontani dal creare un essere umano convincente in computer grafica. Questo perché incosciamente il pubblico sà come funzionano i muscoli facciali ed è un aspetto difficile da superare. Motivo per cui vengono usati trucchi visivi per non sottolineare i volti dei personaggi, ma soprattutto

Se hai una buona recitazione ti dimentichi che è un'animazione. Può essere una figura fatta con i bastoncini o una iperrealistica, ma se il pubblico si immedesima col personaggio e la sua storia, allora non nota più che c'è qualcosa che non va nel suo naso.

Non solo realismo

Se alcuni corti mirano al realismo, altri preferiscono disegni più stilizzati. Per esempio The Tall Grass è stato disegnato dal regista di Trollhunters: I racconti di Arcadia Simon Otto con un stile pittorico in cui le illustrazioni prendono vita. Questo è l'aspetto che per Miller rende l'animazione superiore al live action: puoi scegliere la stop motion, il 2D, il 3D, ci sono tutta una serie di scelte che non puoi fare in un film vero e proprio.

Malinconia

Non avendo una struttura seriale per creare un franchise, la serie può permettersi una cosa raramente realizzata nell'animazione occidentale: essere malinconica. Il suddetto Gigante annegato è una riflessione sulla mortalità attraverso la lenta decomposizione di un gigante morto misteriosamente arenato sulle coste inglesi, senza l'inevitabile finale ottimista all'americana. Miller ha voluto dare vita fedelmente al racconto di Ballard.

Ma non aspettatevi solo tristezza, la varietà è la chiave della serie, come potete scoprire negli otto episodi di Love Death + Robots Vol.2 da oggi venerdì 14 maggio anche da noi su Netflix, vi lasciamo con il trailer in italiano, in lingua originale e il più recente red band trailer dove amore e robot sono carenti, ma non il terzo ingrediente.