Quando incontriamo Joss Whedon in occasione dell’uscita italiana di Avengers: Age of Ultron, il regista americano è chiaramente stanco – comprensibile, considerando che è arrivato a Milano direttamente dalla presentazione di Londra e che nel pomeriggio ripartirà per Aosta e il forte di Bard, una delle location cinematografiche del film. 

Sotto la stanchezza, però, il carisma c’è tutto; autore di culto dai tempi di Buffy: The Vampire Slayer, con cui ha rivoluzionato la serialità televisiva, Whedon è oggi anche uno dei registi di maggior successo al mondo, capace di coniugare incassi da record a una chiara visione autoriale e alla passione per tematiche di nicchia.

Quando parla di Avengers: Age of Ultron, il suo amore per il progetto è evidente quanto il desiderio di allontanarsi almeno per un po’ da film di questa magnitudine: “Ho sempre amato i supereroi e i fumetti, e realizzare questi film [i due Avengers, n.d.r.] è stato un sogno che si avvera. Ma è anche stato un progetto a cui ho dedicato cinque anni della mia vita. Era una cosa che sognavo di fare, e l’ho fatta: ora è tempo di cambiare.” 

Detto ciò, il regista ha anche ammesso che il dialogo con la Marvel resterà aperto, senza specificare se questo significherà un ruolo di consulenza di qualche tipo per le prossime produzioni (non è un segreto che finora Whedon abbia letto e dato pareri, se necessario intervenendo, sugli script di tutti i film Marvel da Thor: The Dark World in poi). Alla domanda sui suoi prossimi progetti la risposta è stata schietta: “Non ne ho idea. Mi sento come Ultron, e vorrei essere Visione. Vorrei ricominciare da capo, farmi a pezzi e riassemblarmi in altra forma, perché buona parte delle strutture narrative e delle idee su cui baso il tipo di storytelling che faccio sono solide, strutturate, anche troppo; molte di essi vengono dall’universo dei fumetti, ruotano attorno al viaggio di un eroe. Voglio cercare di non cadere nell’abitudine, non continuare a rifare le stesse cose.”

L’abilità di cambiare genere e tono narrativo è una caratteristica del suo lavoro, così come l’ormai famosa abitudine di Whedon di ricorrere spesso agli stessi attori, a partire da quando scelse Nathan Fillion, all’epoca orfano dell’appena cancellata Firefly, per il ruolo del villain nell’ultima stagione di Buffy. “Per molto tempo ho cercato di evitare di usare spesso gli stessi attori perché non volevo che i miei film sembrassero una festa tra amici a casa mia. Poi,” aggiunge, ridendo “ho girato un film che è stato, a tutti gli effetti, una festa tra amici a casa mia” dice, riferendosi al Much Ado About Nothing girato nel 2012 in casa propria, in pochi giorni, con un gruppo di attori che include Nathan Fillion, Clark Gregg e Amy Acker. 

“Da lì ho imparato che se conosco la persona giusta per un certo ruolo, per un certo lavoro, beh, sceglierò lui. Perché in un film ci sono fin troppi altri problemi che richiedono la tua attenzione, e se posso risolvere questo usando qualcuno che per me è di famiglia, allora lo farò. Non scrivo per le persone che amo ma, sì, amo le persone che amo, e devo dire che gli attori migliori che conosco sono belle persone con cui è un piacere lavorare.”

Joss Whedon con il cast di <i>Much Ado About Nothing</i>: li riconoscete?
Joss Whedon con il cast di Much Ado About Nothing: li riconoscete?

Ma, in conclusione, qual’è il futuro dei film tratti dai fumetti secondo Joss Whedon? “È un bel momento in cui essere me, perché ho l’opportunità di lavorare a tutto questo” sorride, accennando al poster di Age of Ultron alle sue spalle, “ma è anche il momento di guardare in faccia la verità: i fumetti devono reinventarsi. E non è una cosa facile da chiedere a un media che sopravvive sfruttando la familiarità dei suoi protagonisti e il senso di nostalgia di chi li legge da quando era bambino. Non sono bravo a predire il futuro ma credo che si possa fare il reboot di Spider-Man solo un certo numero di volte, prima che la gente si stufi.”