Volendo usare un perfetto esempio di paradosso temporale, tutto finisce con Kip Thorne che osserva il buco nero che ha aiutato a creare e dice "Esatto, è così che dovrebbe essere fatto."

Questo particolare buco nero è una simulazione di una accuratezza senza precedenti: ruota quasi alla velocità della luce, portandosi dietro pezzi di universo.

In teoria una volta era una stella, ma invece di esplodere o dissolversi è implosa in un punto di singolarità senza via di scampo, intorno al quale un anello iridescente sembra curvarsi contemporaneamente nella parte superiore e inferiore.

Quello che Thorne ha avuto modo di vedere è il risultato del lavoro di 30 persone e decine di computer che in un anno di lavoro hanno creato la più accurata simulazione di un buco nero, il centro della storia che vede coinvolti Anne Hathaway, Jessica Chastain, Matthew McConaughey e Michael Caine in Interstellar.

Ma lui non è il classico astrofisico: fino al 2009, anno del suo ritiro dal Caltech, lo scienziato era profondamente interessato a portare la relatività, le misteriose proprietà dei buchi neri e i wormhole al grande pubblico, e il suo desiderio era andato concretizzandosi in un film voluto da Steven Spielberg e scritto da Jonathan Nolan, che però non venne realizzato.

Come è noto, Christopher Nolan era però molto interessato al progetto: cominciò a rivedere la sceneggiatura del fratello e soprattutto a incontrarsi con Thorne per approfondire la scienza che stava al centro della storia.

Nel corso di due mesi nella prima parte del 2013, i due hanno scavato in quella che i fisici chiamano "il lato curvo dell'universo", ovvero curvatura spazio temporale, buchi nel tessuto dell'universo e come la gravità pieghi la luce.

"La storia è essenzialmente di Chris e Jonathan" ha spiegato lo scienziato "ma il suo spirito, il far si che la scienza fosse intessuta al suo interno fin dall'inizio, ed è grande scienza, è stato preservato."

Interstellar racconta la storia di un futuro in cui le coltivazioni di grano cessano di esistere e l'umanità è sull'orlo dell'estinzione. Un ex astronauta (McConaughey) viene reclutato per un ultimo volo, un disperato tentativo di raggiungere altri sistemi solari dove l'umanità possa ancora prosperare.

E qui nasce il problema: le altre stelle molto lontane, anche raggiungere la più vicina richiederebbe decenni a una velocità che gli umani non hanno idea di come ottenere.

La risposta è la stessa che Thorne propose a Carl Sagan per quello che poi sarebbe diventato il film Contact: un wormhole, ovvero un ipotetico strappo nel tessuto dell'universo, in grado di collegare due punti distanti attraverso dimensioni molto diverse da quelle che noi conosciamo.

Ma come visualizzarlo sul grande schermo? Il plot di Nolan fa affidamento sulla dilatazione temporale: il tempo passa a velocità diverse per personaggi diversi.

Perchè questo potesse accadere, spiega Thorne, Nolan aveva bisogno di un buco nero immenso, chiamato Gargantua nel film, che ruotasse quasi alla velocità della luce.

Ed ecco entrare in scena Paul Franklyn, il creatore degli effetti visivi legati al wormhole, inviato a casa dello scienziato per scoprire come rendere visibile una teoria scientifica:

"E molto facile cadere nella trappola di spezzare le regole della realtà" racconta Franklyn "E queste regole sono molto rigide".

Franklyn ha quindi chiesto allo scienziato di generare delle equazioni che avrebbero guidato i suoi computer e i suoi software nella scoperta della fisica che governa la realtà.

"Siamo partiti dai wormhole: se la luce intorno a loro non si muove in una linea retta, come lo fa? Come si può descrivere matematicamente?"

Il team di Franklyn ricevette centinaia di pagine di equazioni e ricerche scientifiche, dalle quali crearono il software che avrebbe creato il wormhole. Il risultato fu straordinario, una sfera di cristallo che rifletteva l'universo, un buco sferico nello spaziotempo.

"La fantascienza vuole sempre abbellire un po' le cose" racconta Franklyn. "Non le basta l'universo ordinario. Ma quello che abbiamo ottenuto con il nostro software era straordinario di suo."

Sugli appunti di Thorne si è basato anche il team di Eugènie Tunzelmann, incaricata di realizzare il buco nero presente nella storia: "Ma il software di tracciatura della luce parte dall'assunto che la luce viaggi in linea retta. Abbiamo dovuto scrivere un render completamente nuovo."

Alcuni fotogrammi richiesero 100 ore per essere renderizzati, con la computazione sovraccaricata dalla distorsione einsteniana chiamata lente gravitazionale.

Alla fine il film aveva accumulato 800 terabyte di dati: "abbiamo pensato che avremmo superato la soglia dei petabyte stavolta".

"Chris voleva che il buco nero fosse sferico, e io gli dissi che sarebbe sembrato un disco".

Poi Tunzelmann cominciò a studiare i dischi di accrescimento, agglomerati di materia che orbitano intorno ad alcuni buchi neri: "Scoprimmo così che lo spazio curvo intorno al buco nero curvava anche i dischi di accrescimento, così che invece di assomigliare agli anelli intorno a Saturno, la luce creava un alone straordinario."

E tutto questo ha portato alla frase di Thorne "Esatto, è così che dovrebbe essere fatto", perchè i due team avevano dato forma alle informazioni che lui aveva inviato:

"Non me lo sarei mai aspettato, hanno fatto un lavoro straordinario."

Alla fine, Nolan ha avuto delle immagini eleganti e Thorne un film che spiega accuratamente la scienza che le contraddistingue: "questo sono dati nati dall'osservazione, questa è la natura come effettivamente si comporta, punto."

Manca poco, prima di poter finalmente fare il nostro primo viaggio, Interstellar decollerà il 6 novembre, siete pronti a scoprire l'universo?