Parlare di Inìsero Cremaschi significa, oltre che occuparsi di letteratura tout court,  attraversare un intenso ventennio di storia della fantascienza italiana, dai primi anni Sessanta fino a tutti i Settanta. 

Scoprii il nome di questo scrittore sul primo numero di Futuro (maggio-giugno 1963). Si trattava di una nuova rivista bimestrale, curata inizialmente da Lino Aldani, Massimo Lo Jacono e Giulio Raiola; l’intento dei fondatori era aprire uno spazio serio alla trascurata (o spesso sottovalutata) fantascienza degli autori nazionali. Provocatoriamente, Futuro voleva porsi soprattutto come evento “letterario”, per cui sulle sue pagine si avvicendarono anche nomi estranei all’entourage fantascientifico, ma che avevano prodotto opere rientranti in qualche modo nel genere. Della storica rivista uscirono otto fascicoli, l’ultimo nel novembre 1964. (Nel dicembre 1988 Lino Aldani e Ugo Malaguti ripresero la testata, modificandola in Futuro Europa: una rivista però diversa dall’originale, edita dalla ex Perseo Libri (ora Elara) e presentata come “rassegna europea di science fiction”.  

Quel “n. 1” del 1963 si apriva proprio con un lungo racconto di Cremaschi, Il quinto punto cardinale, destinato a restare probabilmente l’opera fantascientifica più riuscita del Nostro.  

Cremaschi non era certo l’ultimo arrivato, in letteratura. Nato a Fontanellato (Parma) nel 1928, viveva a Milano; poi si trasferì definitivamente a Palazzolo sull’Oglio dopo la morte della moglie, la nota poetessa e scrittrice di fantascienza Gilda Musa. Nel 1963, Inìsero Cremaschi era redattore presso una grossa casa editrice e aveva pubblicato tre raccolte di poesie, l’ultima delle quali aveva vinto nel 1959 il Premio Firenze. Nel 1962 era apparso il romanzo (non di fantascienza) che lo aveva rivelato ai lettori italiani, Pagato per tacere (Silva editore). Con Gerola e Zagarrio, dirigeva inoltre il trimestrale di letteratura Quartiere.

Pochi mesi prima di apparire su Futuro, il racconto Il quinto punto cardinale era stato pubblicato su Tempo presente, “storica” rivista di arte e politica (di sinistra) diretta da Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte, notevoli esponenti della cultura italiana dell’epoca. Questo racconto, a me parve subito l’esempio significativo d’una fantascienza italiana (dei primi tempi) scritta (bene) da un “letterato”: pagine in verità non rarissime in quel periodo, dovute alla penna di autori mainstream aperti alle novità, e nelle quali si tentava una sintesi tra forme e istanze narrative diverse, magari anche antitetiche, ma talora con risultati fecondi. Il mélange non tragga in inganno: la prosa di Cremaschi sapeva anche risultare rapida, scattante, ironica, fantasiosa; e la specifica situazione narrata aveva risvolti un tantino “pruriginosi”, almeno per l’epoca.

Nell’aprile del 1980 l’Editrice Nord di Gianfranco Viviani creava La Collina - Rassegna di critica e narrativa insolita, fantascienza e neofantastico diretta da Inisero Cremaschi. Vi apparivano firme di tutto rispetto, anche non appartenenti all’ambito fantascientifico, quali il critico e filosofo Gillo Dorfles e Andrea Zanzotto, poeta italiano tra i più significativi della seconda metà del ’900. Decisamente, La Collina intendeva avviare, intorno alla sf e al fantastico nelle altre sue manifestazioni, un discorso serio e di alto livello. Idea molto interessante ma – evidentemente – troppo “diversa”: La Collina ebbe poche uscite.

Numerosissime le iniziative fantascientifiche nelle quali Cremaschi (con la inseparabile Gilda Musa) si coinvolse, curando collane specializzate e pubblicando antologie di autori vari. I labirinti del Terzo Pianeta (1964, Nuova Accademia) presentava racconti di Libero Bigiaretti, Lino Aldani, Franco Enna, Ferruccio Foelkel, Teodoro Giùttari, Massimo Lo Jacono, Giulio Raiola, Anna Rinonapoli, Sandro Sandrelli, Mario Soldati, Musa, Cremaschi. Zoo-fantascienza (1973, Dall’Oglio) era invece un’antologia con un tema singolare: “animali di altri mondi”, con nove storie  di autori Usa e nove italiani, tutti nomi di primo piano.

Universo e dintorni (1978, Garzanti), a cura di Cremaschi, resta ancora oggi una delle più riuscite antologie italiane (racconti di: Lino Aldani, Minnie Alzona, Renato Besana e Dino Caroglio, Fabio Calabrese, Vittorio Catani, Adalberto Cersosimo, Vittorio Curtoni, Liana de Luca, Giorgio Ferrari, Fabio Fiorani, Gustavo Gasparini, Remo Guerrini, Riccardo Leveghi, Giuseppe Lippi, Virginio Marafante, Luigi Menghini, Gianni Montanari, Gilda Musa, Giancarlo Pandini, Massimo Pandolfi, Giuseppe Pederiali, Renato Pestriniero, Pierfrancesco Prosperi, Anna Rinonapoli, Sandro Sandrelli, Franco Tamagni, Sergio Turone, Roberto Vacca). 

Futuro (1978, Ed. Nord) fu invece un ampio volume antologico celebrativo, che riprendeva storie apparse un quindicennio prima sull’omonima rivista, aggiungendovi note critiche e la narrazione di eventi – talora aneddoti – riguardanti il piccolo ma molto movimentato ambiente fantascientifico italiano degli anni ’60. 

Numerosissimi i suoi racconti, pubblicati su varie testate, anche non specializzate, e riuniti in cinque volumi. Con Gilda Musa, Cremaschi scrisse due romanzi (fra cui Dossier Extraterrestri, 1978). Per la televisione curò il programma Tuttolibri TV  e alcune sceneggiature, tra le quali resta famosa la versione italiana di A come Andromeda (dal romanzo omonimo degli inglesi Fred Hoyle e John Elliot). Nel 1981 uscì il suo romanzo di fantascienza per ragazzi Prigionieri degli Otrix.

Quanto alla sua produzione mainstream, essa annovera otto romanzi: oltre al già menzionato Pagato per tacere, va ricordato A scopo di lucro (1965), Cuoio nero (1970), Le mangiatrici di ice cream (1973), Il mite ribelle (1984), Le rose assassine (1993). Cremaschi si occupoò anche di comunicazione, critica letteraria; ha avuto traduzioni in Germania, Argentina, ex Urss, Stati Uniti.

Da quanto detto finora, traspare la sua intensa, convinta attività promozionale (sempre unitamente alla Musa) nei confronti dei nostri scrittori di fantascienza, esplicata con iniziative di diversa natura. Fra queste, una sorta di amabilissimo “cenacolo letterario” domestico, al quale ebbi occasione di partecipare una sera, durante una delle mie brevi permanenze milanesi per motivi di lavoro, alla fine degli anni Settanta.

Ancora con la Musa, fece parte della giuria del Premio Robot per racconti italiani, promosso a partire dal 1976 dalla rivista omonima, diretta da Vittorio Curtoni.

Una persona che ha dato moltissimo alla fantascienza italiana, e agli scrittori. Ricordo che quando mi chiese – e gli inviai – un racconto per l’antologia Universo e dintorni, qualche tempo dopo mi giunse una sua lettera che iniziava così: “Caro Vittorio, ho trascorso l’intera giornata di Ferragosto in compagnia del tuo racconto Davanti al Palazzo di Vetro. Mi piaceva ma vedrai, ora piacerà di più anche a te”.  

Grazie ancora, Inisero!