Alejandro Jodorowsky, cileno naturalizzato francese, da noi è noto soprattutto come regista cinematografico, ma il suo talento si è espresso negli ultimi quarant'anni praticamente in qualsiasi campo artistico. È un grande e prolifico autore di romanzi e racconti (oltre cinquanta volumi pubblicati in tutte le lingue), ideatore di comic books tra cui la serie L'Incal, uno dei progetti sci-fi a fumetti più originali in circolazione. E poi attore, drammaturgo, regista teatrale, saggista. Nella sua vita ha fatto praticamente tutto ciò che voleva, ma gli resta un unico cruccio: non essere riuscito a realizzare la trasposizione cinematografica di Dune, il romanzo capolavoro di Frank Herbert nonché capostipite di una saga che tra alti e bassi dura tuttora.

Adesso ha deciso di raccontare quell'esperienza mancata in un documentario, frutto di due anni di lavoro, che il prossimo ventuno marzo debutterà nelle sale cinematografiche americane. Jodorowsky's Dune, questo il titolo del documentario, presentato lo scorso anno in numerosi festival, e di cui riportiamo il trailer pubblicato di recente in rete. A dirigerlo è stato Frank Pavich, documentarista nonché produttore della serie tv Paranormal State, e che, come recita la sinossi ufficiale, anziché raccontare il fallimento ha scelto di "celebrare il modo in cui i sogni creativi di Dune hanno dato spunti a molti altri film icona che sarebbero venuti dopo, da Star Wars ad Alien. Una storia ispirata sulla potenza di uno spirito creativo, che conferma Jodorowsky come un maestro di cinema e un vero visionario del nostro tempo."

"La mia ambizione era tremenda. Volevo realizzare qualcosa di sacro, un film che desse l'esperienza allucinatoria dell'LSD senza usare l'LSD, e cambiare le giovani menti di tutto il mondo." Così Jodorowsky inizia il racconto di quel 1974, anno in cui, su proposta di un consorzio di produttori francesi guidato da Michel Seydoux, provò a visualizzare ciò che Herbert aveva scritto. Il risultato furono oltre tremila tra bozzetti, disegni e grafici che il documentario mostra ampiamente, e che definire psichedelici è poco. Nella sua mentalità rivoluzionaria, Jodorowsky aveva in mente un progetto grandioso, e per realizzarlo aveva raccolto intorno a sé il meglio che l'arte visiva e grafica esprimeva in quegli anni: da Moebius, che curò gran parte dei bozzetti, a H.R. Giger, che avrebbe dovuto occuparsi del design dell'intero set. E poi Dan O'Bannon per la sceneggiatura, e l'illustratore Chris Foss.

Per non parlare poi del cast che Jodorowsky aveva in mente: David Carradine nei panni di Paul Atredeis, Salvador Dalì in quelli dell'imperatore Shaddam, il grande Orson Wells e Mick Jagger (il cui ruolo, curiosamente, andò poi a un'altra rockstar, Sting). Il tutto condito da una colonna sonora originale dei Pink Floyd, per dare il massimo della psichedelia. "Non avevo letto il libro, ma avevo degli amici che mi dicevano che era fantastico." L'entusiasmo di Jodorowsky sconfinò nel gigantismo assoluto, e sappiamo come andò a finire: il progetto naufragò per essere ripreso nel 1984, da una produzione De Laurentiis e con la regia di David Lynch, che fece un film a suo modo visionario, ma in maniera diversa, e in un certo senso quasi tradizionale. Tutto questo viene raccontato dai protagonisti superstiti, ai quali si aggiunge il regista Nicolas Winding-Refn, che all'epoca era piccolissimo, ma il cui lavoro ha subito fortemente l'influenza di quelle immagini.