La crisi cubana dell'ottobre del 1962 quando il mondo finì sull'orlo della catastrofe nucleare è al centro di Thirteen days in cui Kevin Costner può tornare ad interpretare l'eroe conservatore al seguito di persone dal grande talento come la famiglia Kennedy, in grado di salvare il pianeta dalla guerra.

Tra depistaggi, ostruzionismo burocratico e la voglia matta dei militari americani di menare le mani contro i russi, con in più il carico di una tensione adrenalinica alle stelle tra errori e giornalisti a caccia di scoops Thirteen days è la lunghissima storia di quei tredici giorni che potevano diventare gli ultimi della storia del nostro mondo così come lo conosciamo.

Più rivolto a raccontare i Kennedy con tanto di fedeltà di ricostruzione alla loro vita e all'epoca, il film soffre di tre grandi ambiguità che ne limitano l'efficacia narrativa e la gradevolezza. Se da un certo punto di vista, infatti, è difficile trasformare in thriller una storia conosciuta, dall'altro ci sarebbe stato da attendersi una pellicola che raccontasse entrambi i fronti della crisi. Sfugge quindi il motivo che ha portato alla realizzazione di questo film. Thirteen days è una (giusta) celebrazione della determinazione dei Kennedy, ma anche una pellicola incompleta che non è documentario, né film di tensione o tantomeno apologo politico. Un ibrido con randomici passaggi dal colore al bianco e nero e un insopportabile Kevin Costner che si ricorda di essere un padre di famiglia solo quando il mondo è sull'orlo di un precipizio. Non brutto, ma certamente lungo e a tratti molto noioso. Le cose buone, infatti, restano sommerse da una paccottiglia forse inspiegabile.