C'era da aspettarselo. A colpi di novanta secondi di girato a settimana (una cifra record per il cinema d'animazione), Jeffrey Katzenberg presidente della Dreamworks insieme a Steven Spielberg e David Geffen è riuscito in un'altra impresa. Trasformare una storia di polli in un film epico, già diventato giustamente una pellicola di culto in America e Regno Unito dove ha sbancato i botteghini durante la stagione estiva. Volutamente ispirato in maniera molto piacevole e divertente alle pellicole belliche anni Cinquanta e Sessanta come La grande fuga e Stalag 17, Galline in fuga è una meraviglia del cinema d'animazione. Non solo per le mirabolanti gesta di questa piccola e agguerrita truppa di polli in plastilina, ma perché l'intera idea alle spalle della sua realizzazione fa fare ancora qualche passo avanti sul fertile terreno del cinema animato destinato principalmente agli adulti. Realizzato dalla Aardman Animations, ovvero la casa di produzione alle spalle del successo (e dell'Oscar) delle avventure della coppia umano - canina Wallace & Gromit, Galline in fuga è un film molto delicato, dove mentre il pubblico adulto può divertirsi ai mille e più riferimenti al grande cinema dedicato alla Seconda Guerra Mondiale, i più piccoli potranno seguire con passione le operazioni para militari della gallina Gaia alle prese con il suo sogno di fuggire lontano dal pollaio dove è nata e cresciuta prigioniera di una truce coppia di umani. Come tutte le pellicole distribuite dalla Dreamworks SKG, il messaggio etico sullo sfondo è velato di situazioni comiche e di personaggi buffi. Il campo di concentramento - pollaio è una metafora animalista e ambientalista importantissima in cui il cinema destinato ad un ampio pubblico si fa latore di un appello in favore delle condizioni drammatiche in cui vivono i polli in batteria. In più il lugubre personaggio di Mrs.Tweedy e la sua 'macchina fabbrica torte di pollo' è una caricatura dei kapò nazisti che avevano in pugno le vite delle vittime dell'Olocausto. Le torture che una razza (o una specie nel caso di questo film) deve subire, infatti, assumono un significato più ampio e profondo della mera critica ecologista. Sono le costrizioni in cui esseri sottopongono altri a esseri a finire sotto le critiche degli autori. Ed è quindi questo canovaccio al tempo stesso ecologista, umanitario e antirazzista a fare da sfondo alle gesta delle galline in fuga alla ricerca di un mezzo per scappare via. Il personaggio di Rocky plasmato su un misto del Tony Manero de La febbre del sabato sera e di Fonzie di Happy Days è ideale per mascherare il messaggio etico con situazioni buffe al limite dell'esilarante. Quattro anni di lavoro premiati con un film di qualità e curato in ogni minimo dettaglio in cui i polli di plastilina (soggetti tremendi sia per la difficoltà delle animazioni, sia per la fragilità del materiale di cui sono composti) sbattono addirittura le palpebre ogni pochi secondi. Una produzione molto originale e scoppiettante, rallentata parzialmente da una sceneggiatura di maniera e non troppo brillante aggravata dalla difficoltà di natura tecnica di passare da un cinema muto come quello poetico e ironico di Wallace e Gromit ad un cinema parlato che richiede dei tempi comici e un'ispirazione con maggiore humour. Poi - ma queste rimangono questioni di casa nostra - il doppiaggio italiano non è all'altezza dell'originale: se, infatti, Nancy Brilli segue con difficoltà la grazia curatissima di Julia Sawallha sotto le penne di Gaia, Christian De Sica non riesce con la sua voce a ricreare lo stesso stile davvero unico di un Mel Gibson che per la seconda volta dopo The Million Dollar Hotel di Wim Wenders gioca a fare il verso a se stesso e ai personaggi che l'hanno portato al successo.