L’uscita di un numero speciale di Delos Science Fiction interamente dedicato alla narrativa ci sembra l’occasione giusta per provare a fare il punto su quale significato riveste oggi la fantascienza, su qual è il suo ruolo ed il suo posto nella cultura e nella società postmoderna. Un compito che può sembrare ambizioso, ma che appare irrinunciabile nell’attuale fase che vede l’indebolimento costante del suo statuto letterario.

Valerio Evangelisti, uno degli scrittori italiani più noti alla grande platea dei lettori, ha espresso - sia in pubblico sia su varie pubblicazioni - una riflessione sul genere che ci sembra la più acuta ed efficace per descrivere l’attuale fase vissuta dalla science fiction. Per lo scrittore bolognese, la fantascienza è una letteratura capace di indagare anche sulla società e sull’uomo. È uscita dall’ambito strettamente letterario, fino ad impregnare letteralmente tutto l’immaginario, indebolendo fortemente l’oggetto letterario. Ciò significa una supremazia assoluta nel campo della narrativa di genere, ed una assoluta appartenenza alla cultura del nostro tempo.

Evangelisti sottolinea tre elementi interessanti: la science fiction è una letteratura che è in grado di indagare sulla società e sull’uomo; ha impregnato tutto l’immaginario collettivo; questi primi due fatti hanno indebolito il suo ruolo ed il suo statuto letterario.

Proviamo a trovare conferme alle parole di Evangelisti.

Se la fantascienza, come genere letterario, nasce e prospera sulle riviste popolari americane, i cosiddetti pulp magazine - le riviste “usa e getta” pubblicate in America tra le due guerre mondiali e così chiamate perché stampate su carta di “polpa di legno”, cioè di legno macinato, anziché sulla tradizionale “carta di stracci” –, nel corso della seconda metà del Novecento, pur esprimendo autori  considerati maestri della letteratura dell’immaginario e romanzi considerati alla stregua di capolavori, ha sempre camminato parallelamente alla realtà di un mondo che abbandonava l’era moderna e si preparava a varcare l’era postmoderna.

Alla fine degli anni Quaranta, ad esempio, la fede nella tecnologia e nella scienza, tipica della science fiction della cosiddetta Età dell’oro, è minata dall’esplosione delle bombe atomiche sul Giappone e dallo scoppio della cosiddetta “guerra fredda”. Fattori che influenzano anche la science fiction, tanto da favorire una vera e propria svolta che si concretizzerà all’inizio degli anni Cinquanta, quando sulla scena editoriale americana faranno la comparsa due riviste destinate a dare spazio a nuovi autori ed ad un nuovo tipo di storie: The Magazine of Fantasy and Science Fiction (1949) e Galaxy (1950). La prima offrirà ai lettori una fantascienza più letteraria, soprattutto con storie in cui i personaggi non fossero banali caratterizzazioni degli esseri umani (del tipo eroe-spaziale-che-salva-principessa), ma motivo centrale del racconto o del romanzo, con descrizioni psicologiche fino ad allora rimaste fuori dalla fantascienza scientifico-avventurosa degli anni Quaranta. Galaxy, invece, fu la portabandiera della cosiddetta social science fiction, ossia di una fantascienza che provava a raccontare le mutazioni di una società che si trasformava a ritmi talvolta insostenibili.

La realtà dell’uomo e della società diventavano i principali motori delle storie, spesso senza rinunciare al bagaglio classico composto da alieni, pianeti esotici e astronavi.

Gli anni Sessanta vedono l’esplosione della New Wave, Nuova Ondata, ovvero di un movimento che – in particolare sulle pagine della rivista New Worlds e con autori come Michael Moorcock, James G. Ballard, Normand Spinrad, Harlan Ellison, Samuel Delany, Roger Zelazny, Thomas Disch, Joanna Russ, James Tiptree jr. e Ursula K. Le Guin - prova a traghettare la fantascienza verso i lidi della letteratura mainstream. Ballard, in particolare, conia il concetto di inner space (spazio interno), in contrapposizione allo spazio esterno delle avventure spaziali dei decenni precedenti, dichiarando che il vero alieno è l’uomo ed invitando colleghi e lettori a scrivere e pretendere una fantascienza che ponga come centrale non più la frontiera dell’universo, ma quella dell’inconscio.