Le gambe robotiche della scorsa generazione dovevano essere programmate da un computer e richiedevano un notevole sforzo muscolare. Ora invece, con l'applicazione della tecnologia bluetooth che permette alle due gambe robotiche di passarsi le informazioni, chi le indossa non deve far molto di più che dare ordini alle protesi, le quali, dialogando tra loro, troveranno in pochi passi il giusto ritmo per la camminata in piano piuttosto che in salita o in discesa.

Nel filmato che segue il caporale dei Marines Joshua Bleill, che ha lasciato in Iraq le proprie gambe originali, dà una dimostrazione di come il nuovo modello gli dia la possibilità di dipendere sempre meno dalla sedia a rotelle.

Bleill, che spera un giorno di poter camminare con l'ausilio di una sola stampella, si dice soddisfatto, anche se ha ancora diverse difficoltà a comprendere quali movimenti muscolari inducano determinate reazioni nelle sue nuove gambe: "Sfortunatamente, a volte non conosco queste reazioni, non so cosa sto facendo per farle reagire. Così a volte il passo è troppo potente, o troppo lungo, e allora comincio a muovermi più velocemente di quanto desideri".

Anche il tenente colonnello dell'esercito Gregory Gadson, che sta sperimentando su di sé la stessa tecnologia, è soddisfatto del risultato, si considera un pioniere e spera di vedere altri scienziati proseguire con progetti simili.

Oltre all'inevitabile collegamento con lo Steve Austin dell'Uomo da sei milioni di dollari (tratto dal romanzo di Martin Caidin), c'è chi ha ricordato un episodio di Star Trek: The Next Generation nel quale si prevede la possibilità di riabilitare la gambe paralizzate di Wolf tramite l'utilizzo di trasmettitori. Come spesso accade, la scienza insegue la fantascienza, e anche in questo caso possiamo affermare che "noi" l'avevamo previsto.